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ASSICURAZIONE CONDOMINIALE

Grandini, violente alluvioni, incendi e tante altre calamità naturali sono all’ordine del giorno e stanno spingendo sempre più cittadini a ricorrere a delle polizze assicurative eventi calamitosi. Il mondo delle assicurazioni casa è estremamente variegato. Fino ad un paio di anni fa quella più scelta era sicuramente la polizza contro i furti ma in seguito all’importante aumento di calamità naturali, le polizze eventi calamitosi sono aumentate esponenzialmente. Nella legge di bilancio 2018 è stata inserita la possibilità di portare in detrazione la spesa sostenuta per l’assicurazione casa- eventi calamitosi. La percentuale detraibile è del 19% della spesa sostenuta: nel caso di polizze assicurative “miste” bisognerà specificare la parte relativa agli eventi calamitosi. Lo stesso avviene nell’ipotesi in cui venga stipulata una polizza assicurativa condominiale. L’Agenzia delle Entrate ha, infatti, confermato la possibilità dei singoli condomini di portare in detrazione il 19% delle spese sostenute per l’assicurazione condominiale per eventi calamitosi a patto che seguano le linee guida indicate nella circolare 14 del 2023 dell’ AdE. In essa viene quindi ribadita la possibilità del condomino di portare in detrazione il 19% dei premi riferiti alle unità immobiliari e alle relative pertinenze. La quota di premio detraibile sarà certificata dall’amministratore del condominio o eventualmente da una copia del contratto dove si evince la quota di premio versata per il proprio immobile. La circolare 14/E 2023 dell’anno 2020 stabilisce i limiti alla detrazione delle spese. Essa spetta per intero solo ai titolari di reddito complessivo fino a 120mila euro, per poi decrescere e annullarsi in caso di reddito complessivo superiore a 240.000 euro. La detrazione Irpef spetta solo nel caso in cui la spesa sia stata sostenuta con strumenti di pagamento tracciabili. L’agevolazione fiscale può essere usufruita per l’anno d’imposta 2022 nella dichiarazione 2023 con il codice 43 da indicare nel rigo E8/E10.

FURTI IN CASA

I furti in casa avvengono all’ordine del giorno. I sistemi di videosorveglianza e gli antifurti sono utili ma non sempre bastano a fermare i ladri. Una valida alternativa potrebbe essere estendere l’assicurazione sulla casa. Bisogna, per prima cosa, fare una distinzione tra furto e rapina. Commette furto chiunque si impossessa della cosa altrui sottraendola a chi la detiene al fine di trarne profitto per sé o altri. Commette rapina, invece, chi procura a sé o ad altri un ingiusto profitto mediante violenza alla persona o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri l’impunità. Per fare un esempio: è furto sottrarre il cellulare di qualcuno che lo appoggia sul bancone del bar mentre beve un caffè, è rapina aspettarlo fuori dal bar e puntargli contro un’arma intimandogli di consegnare il telefono o toglierlo con la violenza. Prima di stipulare una polizza furto e rapina nell’ambito dell’assicurazione della casa è opportuno fare un inventario dei beni, con i relativi documenti che ne attestino il valore, che si dispongono da fornire al perito incaricato della valutazione del danno in caso, appunto, di furto o rapina. La compagnia assicuratrice provvede al risarcimento del danno conseguente a determinati eventi. In caso di furto da chi si introduce nell’abitazione: – violandone le difese esterne mediante rottura, scasso, uso fraudolento di chiavi, di grimaldelli o arnesi simili; – per via diversa da quella ordinaria, che richieda il superamento di ostacoli o ripari mediante impiego di mezzi artificiosi; – con la presenza di persone all’interno dei locali stessi e senza mezzi di protezione e chiusura delle finestre; – in altro modo con successivo prelievo della refurtiva a locali chiusi. L’assicurazione paga anche in caso di rapina avvenuta nei locali dell’abitazione o delle relative pertinenze, anche nel caso in cui le persone sulle quali viene fatta violenza vengano prelevate dall’esterno e siano costrette a recarsi nei locali stessi. L’ assicurazione è prestata a condizione che i beni assicurati siano adeguatamente protetti: i locali devono essere, infatti, costruiti in muratura; ogni apertura verso l’esterno deve essere difesa da inferriate che non consentano accesso o scasso. Può essere prevista una franchigia nel caso di furto attraverso le aperture con la sola rottura di un vetro. La presenza di ulteriori protezioni, come impianto di allarme o cassaforte, possono comportare una diminuzione del rischio e una conseguente diminuzione dell’importo del premio. L’assicurazione indennizza il titolare della polizza furto e rapina a seguito di uno degli eventi previsti nella polizza: mobilio, arredamenti, pellicce, tappeti, argenteria, quadri, collezioni, oggetti d’arte, il contenuto delle pertinenze con un limite massimo di indennizzo. Gli oggetti sono valutati secondo il valore a nuovo. Per gioielli e preziosi, carte valori e titoli di credito, sono previsti specifici limiti di indennizzo. È possibile prevedere come garanzia aggiuntiva l’indennizzo di danni materiali e diretti causati nei locali assicurati. Sono esclusi dalla copertura della polizza furto e rapina in casa i danni derivanti da guerre, insurrezioni, tumulti popolari, incendi, esplosioni nucleari, eruzioni vulcaniche e altre calamità naturali. Sono esclusi dalla copertura anche i danni determinati da dolo o colpa grave compiuti dall’assicurato, contraente o persone che vivono con loro o che occupano i beni assicurati, persone legate da vincoli di parentela e gli incaricati della sorveglianza dei beni assicurati o dei locali che li contengono. In caso di recupero in tutto o in parte degli oggetti rubati, l’assicurato dovrà darne immediata notizia alla compagnia, la quale entra in possesso della refurtiva se ha pagato l’indennizzo. In caso di indennizzo parziale, il valore dei beni recuperati spetta all’assicurato fino a concorrenza della parte di danno non indennizzata.

LA RIATTIVAZIONE DEI CONTRIBUTI CANCELLATI DALLO STRALCIO

Lo stralcio delle cartelle potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Se l’aspetto positivo dello stralcio è sicuramente la cancellazione dei debiti fino a 1000 euro, l’aspetto negativo è che ha come effetto quello di allontanare il momento del pensionamento o di inibirlo del tutto. Questo riguarda categorie come: commercianti, artigiani, lavoratori autonomi dell’agricoltura, lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS (autonomi e parasubordinati). Ricordiamo che le legge di Bilancio 2023 ha previsto lo stralcio automatico dei debiti iscritti a ruolo tra i 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015. Rientrano nello stralcio i debiti affidati sia da amministrazioni statali che da enti privati, quindi, anche i debiti contributivi con l’Inps e l’Inail. Sia i datori di lavoro che i lavoratori autonomi con debiti fino a 1000 euro, si trovano dal 1° aprile 2023 senza debiti pendenti. I datori di lavoro, quindi, risparmieranno i contributi non versati e non saranno più tenuti al versamento. Non c’è nessuna conseguenza per il lavoratore dipendente poiché ai sensi dell’art 216 del codice civile, la pensione spetta anche per i periodi per i quali i contributi non sono stati versati effettivamente dal datore di lavoro. Lo stesso non si può dire per i lavoratori autonomi e parasubordinati. Per loro, la pensione spetta solo in virtù dell’effettivo versamento dei contributi. Ad esempio, nel caso dei lavoratori agricoli il mancato versamento di una rata di contributi porta al mancato accredito dell’intero anno di contributi anche se tutti gli altri sono stati versati. Lo stralcio di un mese di contributi non versati nel 2012, comporterà la perdita di tutto l’anno 2012. L’unica soluzione, in questo caso, è pagare i contributi mancanti. Per preservare il rischio che molti lavoratori si trovino, dopo lo stralcio automatico, con contributi in meno è stata prevista una sanatoria per salvare le pensioni grazie alla quale è possibile recuperare, pagano, i contributi cancellati dallo stralcio automatico. I contributi cancellati possono essere riattivati entro il 31 dicembre 2023 pagando i relativi importi.

CASE GREEN

Il tema dell’efficientamento energetico non è sconosciuto agli italiani. Negli ultimi anni, grazie all’introduzione del Superbonus 110%, questa tematica è ritornata ad essere oggetto di discussione non solo nei confini italiani. Il Parlamento Europeo, infatti, ha approvato il testo della direttiva case green. La normativa prevede, infatti, l’obbligo per i proprietari delle abitazioni di eseguire lavori di riqualificazione energetica per portare il proprio immobile in classe E entro il 2030. Il provvedimento, nello specifico, prevede il raggiungimento entro il 1° gennaio 2030 della classe energetica E, decorsi tre anni ci sarà un nuovo passaggio alla classe energetica fi tipo D, fino ad arrivare tra il 2040 e il 2050 al traguardo delle 0 emissioni. Questa normativa non ha tardato a suscitare perplessità nei cittadini. La prima riguarda il come conoscere la classe energetica del proprio immobile. Le classi energetiche possibili vanno dalla A+ alla G. La prima è la meno costosa e vi rientrano case con consumi sotto la soglia del 15 kWh/mq all’anno, l’ultima, la più onerosa, con consumi sopra i 160 kWh/mq. Per sapere la classe di appartenenza dell’immobile bisogna consultare un tecnico certificato che, dopo aver eseguito i sopralluoghi del caso e consultato i documenti riguardanti la costruzione dell’immobile e la manutenzione degli impianti termici, può stabilire con esattezza il calcolo. Al termine delle verifiche, il tecnico abilitato rilascerà al proprietario l’attestato di prestazione energetica (APE) a certificare le caratteristiche energetiche dell’immobile.  Le case antecedenti al 2005 probabilmente saranno di una classe energetica bassa, se l’immobile, invece, ha oltre 30 anni e non è mai stato oggetto di ristrutturazione per tetto e pareti, avrà una classe energetica probabilmente di tipo E. Le classi più virtuose richiedono un livello di isolamento adeguato della copertura della casa e delle pareti. Disporre di un impianto solare o una pompa di calore è fondamentale per passare a classi energetiche superiore. A prescindere dalla valutazione energetica, ognuno di noi può conoscere la classe energetica del proprio immobile partendo da una serie di accorgimenti che possono essere un cappotto termico, il sistema di climatizzazione, impianti di illuminazione di alta efficienza energetica non inquinanti o ancora sistemi di schermatura solare e infissi a doppio vetro. Se a queste caratteristiche corrispondono risposte negative, l’immobile sarà, con ogni probabilità, di una classe energetica bassa. Il proprietario dell’immobile può migliore l’efficientamento energetico in modo da passare a una classe energetica più alta mettendo in atto una serie di interventi sull’immobile. La semplice installazione di pannelli solari o altri impianti capaci di sfruttare le energie rinnovabili possono contribuire al raggiungimento di questo obiettivo.

CARTELLE ESATTORIALI SOTTO I 1000 EURO CON STRALCIO AUTOMATICO

Le misure che hanno suscitato maggior interesse tra quelle introdotte dalla legge di Bilancio 2023 per la tregua fiscale sono sicuramente state l’adesione agevolata e lo stralcio automatico delle cartelle con importo fino ai 1000€. Tutte queste nuove modalità per pagare le pendenze con il Fisco hanno portato una grande attenzione sui debiti fiscali ma hanno anche contribuito a creare confusione tra i contribuenti che non sapevano se la loro situazione debitoria si poteva sanare in automatico o dovevano ricorrere alla domanda di adesione alla rottamazione. L’Agenzia delle Entrate è intervenuta chiarendo che la rottamazione avrebbe tenuto conto degli stralci avvenuti prima e dopo la presentazione della domanda di adesione, quindi il rischio di pagare somme che dovevano essere stralciate non c’è mai stato. Il fisco ha deciso di cancellare automaticamente una categoria ben precisa di debiti ovvero quelli iscritti a ruolo tra il 1 gennaio e 2000 e il 31 dicembre 2015, ossia vecchi di oltre sette anni, e con un importo complessivo tra capitale, sanzione ed interessi di 1000€. Per il fisco recuperare questa tipologia di cartelle costerebbe di più del debito stesso per cui la cancellazione è automatica e non servirà nessuna richiesta. Il dubbio lecito di molti contribuenti riguarda la tipologia di cartelle poiché non tutte sono ammesse nello stralcio. Anche i debiti nei confronti dei Comuni potrebbero non essere inclusi nello stralcio perché ci sono giunte comunali che hanno deliberato la non adesione allo stralcio. C’è anche il dubbio che riguarda l’iscrizione a ruolo: se ad esempio un debito riguarda un periodo anteriore al 2015 ma l’iscrizione è successiva, la cartella non rientra nello stralcio. I termini con i quali i Comuni possono deliberare l’adesione allo stralcio sono stati allungati: essi hanno tempo per deliberare fino al 29 Luglio. Per i Comuni che aderiscono in modo parziale o totale le delibere dovranno contenere anche le modalità, le tempistiche dello stralcio e l’eventuale modalità con cui poter saldare le cartelle.

VERIFICA RIMBORSO 730

Dopo l’invio del modello 730/2023, i soli contribuenti che hanno l’Inps come sostituto d’imposta, possono verificare l’esito del conguaglio tramite il servizio “Assistenza fiscale 730/4: servizi al cittadino”.
Il rimborso Irpef spettante o il debito emerso dalla dichiarazione saranno erogati e trattenuti dalla prestazione che l’Inps eroga: il conguaglio sarà quindi effettuato sulla pensione, cassa integrazione o Naspi.
Il servizio di verifica, inoltre, consentirà di comunicare all’Inps eventuali modifiche o annullare l’importo della seconda rata di acconto Irpef emessa dalla dichiarazione, a partire dal prossimo 15 Luglio.
Per accedere al servizio di verifica basterà essere in possesso delle credenziali per l’accesso ai servizi Inps ossia Pin, Spid, CIE o Cns.
Il servizio “Assistenza fiscale 730/4 consente, inoltre, di visualizzare:
– l’avvenuta ricezione dell’Inps delle risultanze contabili trasmesse dall’Agenzia delle entrate con i relativi importi
– la conferma che i conguagli siano saranno abbinati alle prestazioni percepite nel caso in cui l’Inps sia il sostituto d’imposta del dichiarante
– il diniego della risultanza, con conseguente comunicazione all’Agenzia delle Entrate, qualora non sussista il rapporto di sostituzione d’imposta.
– consente di tramettere la richiesta di annullamento o la variazione della seconda rata di acconto Irpef o cedolare secca.
Si evidenzia che, in caso di debito Irpef nel modello 730/2023, è opportuno inviare in tempi celeri la dichiarazione dei redditi per poter sfruttare i vantaggi della rateizzazione dei versamenti che si concluderà nel mese di novembre.

SOSPENSIONE DEL MUTUO: E’ SEMPRE CONVENIENTE?

Sospendere le rate del mutuo rappresenta una grande opportunità per tutti coloro che si trovano in gravi difficoltà economiche. Il fondo Gasparini o meglio Fondo di Solidarietà per i mutui ipotecari per l’acquisto della prima casa, è stato istituito dalla Finanziaria nel 2007 ed ampliato durante la pandemia. Questo fondo consente di richiedere la sospensione temporanea del pagamento del mutuo fino al 31 dicembre 2023. Bisogna sottolineare che la sospensione delle rate non cancella il debito ma posticipa il periodo di rimborso, con conseguente allungamento complessivo dei tempi di estinzione del mutuo. Durante la sospensione, solo il 50% degli interessi è coperto dal Fondo Gasperini mentre l’altra metà rimane a carico del mutuatario. Sospendere la rata del mutuo per un certo periodo di tempo consente di destinare le risorse economiche ad altre spese urgenti e inderogabili ed è un’ottima soluzione se, per esempio, si dovesse perdere il lavoro. Questa soluzione può essere vantaggiosa se si prevede di riprendere i pagamenti dopo pochi mesi. Per i mutui a tasso variabile, la sospensione consente di attendere un ribasso prima di riprendere i pagamenti.
Tuttavia per valutare la convenienza della sospensione delle rate di un mutuo è necessario considerare la propria condizione economica e la tipologia di mutuo.
Come detto prima, il fondo Gasperini è stato istituito dal Ministero dell’Economia e delle finanze (MEF) con la legge 244 del 24 dicembre 2007. La legge n.197 del 29 dicembre 2022 ha prorogato l’accesso al fondo fino al 31 dicembre 2023. La domanda va presentata alla propria banca utilizzando il modulo scaricabile sul sito Consap e allegare la documentazione comprovante la situazione economica. Una volta accettata la domanda, il mutuo è sospeso per un periodo compreso tra i 6 e i 18 mesi, il fondo provvede al pagamento della quota degli interessi del mutuo o prestito nella misura del 50% e il mutuante, una volta ripresi i pagamenti, si farà carico con la restante parte di interessi che si sommerà e verrà distribuita negli anni residui. Di conseguenza, la durata del mutuo si allungherà per la durata del periodo della sospensione.
Ricordiamo che per accedere all’agevolazione:
– entro il 31 dicembre 2023 non è necessario presentare l’ISEE, – l’importo massimo del mutuo ammesso alla sospensione è di 400.000 euro, – i mutui sono stati accesi con la garanzia del fondo di garanzia “prima casa” possono accedere alla sospensione delle rate;
– non si tiene conto delle sospensioni già concesse, nel caso si sia ripreso il pagamento da almeno tre mesi. La sospensione delle rate del mutuo non è concessa a coloro che hanno già usufruito di altre agevolazioni pubbliche anche se ora è possibile ottenere la sospensione beneficiando del fondo di garanzia Consap. Inoltre non è concesso a chi possiede una polizza assicurativa che copre il debito residuo del mutuo per gli eventi esclusi del fondo.
Il fondo di solidarietà va distinto dal fondo di garanzia Consap per i mutui per acquisto e ristrutturazione prima casa. Il primo è nato nel 2007 con l’idea di offrire una tutela a quelle famiglie in difficoltà nel pagamento delle rate per la propria abitazione, il secondo ha l’obbiettivo di favorire, grazie alla garanzia dello Stato, l’accesso al credito da parte delle famiglie per l’acquisto e l’efficientamento energetico della propria abitazione. Quest’ultimo è concesso a coppie under 35, nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, giovani under 36 e per finanziamenti non superiori ai 250.000 euro. Possono sospendere le rate del mutuo le persone fisiche e le cooperative titolari di un mutuo per abitazione principale e che nei tre anni precedenti alla presentazione della domanda abbiano avuto:- una cessazione del rapporto di lavoro (sia a tempo determinato che indeterminato, parasubordinato) che ha portato alla condizione di disoccupazione; – una sospensione dal lavoro, ovvero quando un lavoratore viene messo in pausa per 30 giorni; – riduzione dell’orario di lavoro di almeno il 20% per 30 giorni; – morte, handicap grave o invalidità civile fino all’ 80%. La sospensione del mutuo è concessa ai soci delle cooperative edilizie a proprietà indivisa che hanno ottenuto mutui ipotecari tramite tali cooperative. La domanda va presentata alla banca presso la quale si è ottenuto il mutuo allegando un documento d’identità in corso di validità, la lettera di licenziamento o la documentazione comprovante le dimissioni per giusta causa, la copia del contratto di lavoro con le motivazioni che hanno portato al licenziamento, la certificazione di invalidità rilasciata dalla ASL di competenza e la domanda di accesso al Fondo. Dopo le dovute verifiche, entro 15 giorni Consap comunicherà se il richiedente è stato ammesso o meno al fondo di solidarietà prima casa per la sospensione delle rate del mutuo. Prima di fare domanda al fondo è opportuno considerare che, le rate del mutuo vengono sospese ma gli interessi continuano ad accumularsi sul capitale residuo prolungando di fatto la durata del mutuo. Inoltre dev’essere previsto da contratto: alcune banche non permettono la sospensione nei primi anni di ammortamento o la limitano a un solo periodo nell’arco della durata del mutuo. È possibile accedere al fondo solo per la prima casa: per gli altri immobili le regole sono stabilite dalle singole banche. E’ possibile sospendere le rate del mutuo non più di 2-3 volte nel corso del finanziamento. Prima di ricorrere alla sospensione del mutuo è opportuno valutare una rinegoziazione del mutuo o una surroga del mutuo, ovvero il trasferimento del proprio debito in un’altra banca dalle condizioni più favorevoli.

BONUS TRASPORTI 2023

Il nuovo bonus avrà lo stesso importo dello scorso anno, ovvero 60 euro.

Ma rispetto al 2022 ci sono dei cambiamenti sull’agevolazione, ovvero i requisiti per avere diritto al bonus: rispetto alla versione precedente.

Il buono contiene il nominativo del beneficiario e si può usare per l’acquisto di un solo abbonamento.

Non è cedibile, non costituisce reddito imponibile e non rileva al fine del computo del valore dell’indicatore Isee.

Per la misura sono stati stanziati 100 milioni di euro.

Il buono si può utilizzare per l’acquisto, durante tutto il 2023, di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, anche per i servizi di trasporto ferroviario nazionale.

E’ riconosciuto in favore di chi nell’anno 2022 hanno conseguito un reddito complessivo non superiore a 20mila euro.

Una enorme differenza rispetto a prima, che poteva essere richiesto dai contribuenti con redditi
Bisognerà, attendere ancora un mese per la richiesta del bonus.

NEOPAPA’ E LAVORO

Il neopapà non può essere licenziato, fino all’età di un anno del figlio, infatti, gode del divieto di licenziamento come la mamma, e può anche dimettersi senza preavviso e con diritto alla Naspi. 

 Il dlgs 105/2022 ha introduce un secondo congedo di paternità obbligatorio: dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi dopo il parto, il papà si astiene dal lavoro per 10 giorni lavorativi, non frazionabili a ore, anche in via non continuativa.

Il congedo è fruibile anche in caso di morte perinatale del figlio. In caso di parto plurimo sono 20 i giorni.

Il divieto di licenziamento: in caso di fruizione di un congedo di paternità, sia il vecchio alternativo sia il nuovo obbligatorio, il divieto si applica per la durata del congedo e fino all’età di un anno del figlio, la prima novità: la tutela, già prevista per il padre fruitore del congedo di paternità alternativo, viene estesa dal dlgs 105/2022 al caso di fruizione del nuovo congedo di paternità obbligatorio.

Le dimissioni e la Naspi: per le dimissioni rassegnate durante il divieto di licenziamento la lavoratrice ha diritto alle indennità previste per il licenziamento e, non deve dare il preavviso. Le tutele si applicano pure al padre che ha fruito del congedo di paternità.

La novità sul diritto alla Naspi in caso di dimissioni durante il divieto di licenziamento e fino a un anno del figlio.

Prima della riforma 2022, l’accesso alla Naspi era riservata, oltre che alla madre, anche al padre ma solo in caso di fruizione del “congedo di paternità alternativo”. Dal 13 agosto 2022, è riconosciuto al padre sia se ha fruito del congedo di paternità alternativo sia di quello nuovo obbligatorio (se, ovviamente, ricorrono anche tutti gli altri requisiti).

L’Inps precisa che le domande di Naspi respinte prima della circolare, possono essere oggetto di riesame su istanza di parte da presentare alla sede dell’Inps competente.

BONUS RISTRUTTURAZIONE 2023

Bonus ristrutturazione: una detrazione del 50% delle spese sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, prorogato fino al 31 dicembre 2024.

Oltre alla detrazione Irpef, il contribuente ha anche altri vantaggi fiscali, come:

  • la possibilità di pagare l’Iva in misura ridotta;
  • la detrazione degli interessi passivi pagati sui mutui stipulati per ristrutturare l’abitazione principale;
  • le detrazioni per l’acquisto di immobili a uso abitativo facenti parte di edifici interamente ristrutturati e quelle per la realizzazione o l’acquisto di posti auto.

A essere prorogati senza modifiche sono:

  • l’ecobonus ordinario;
  • il bonus verde;
  • il sismabonus.

Degli interventi sono stati fatti sul bonus mobili, il cui tetto di spesa massima scende a 10.000 euro per il 2022, sul bonus facciate e sul superbonus 110%

Fino al 2024 quindi è possibile beneficiare della detrazione fiscale del 50% ed entro il limite di 96mila euro di spesa, e spetta anche per interventi relativi “alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali ad immobili residenziali, anche a proprietà comune”,

Dal 2025, salvo ulteriori proroghe, la detrazione passerà alla misura ordinaria del 36% su un importo massimo di 48mila euro.

La detrazione deve essere sempre ripartita in 10 rate annuali di pari importo.

Tra le regole, rimane obbligatoria la comunicazione all’Enea entro 90 giorni dalla data in cui si sono conclusi i lavori per gli interventi che comportano un risparmio energetico.

L’agevolazione fiscale può essere richiesta da tutti i contribuenti soggetti al pagamento delle imposte sui redditi, residenti o non residenti in Italia, ossia:

  • proprietari o nudi proprietari;
  • titolari di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie);
  • locatari o comodatari;
  • soci di cooperative divise e indivise;
  • imprenditori individuali, per gli immobili non rientranti fra i beni strumentali o merce;
  • soggetti che producono redditi in forma associata (società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti a questi equiparati, imprese familiari), alle stesse condizioni previste per gli imprenditori individuali.

Se è stato stipulato un contratto preliminare di vendita – compromesso – chi ha comprato l’immobile può usufruire del bonus se:

  • è stato immesso nel possesso dell’immobile;
  • esegue i lavori di ristrutturazione a proprio carico;
  • è stato regolarmente registrato il compromesso.

Documenti da conservare per richiedere la detrazione fiscale:

  • domanda di accatastamento;
  • ricevute di pagamento dell’imposta comunale ICI-IMU;
  • delibera dell’assemblea per l’esecuzione dei lavori (parti comuni edifici residenziali) e tabella della ripartizione delle spese;
  • dichiarazione di consenso all’esecuzione dei lavori;
  • concessioni, autorizzazioni allo svolgimento dei lavori o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà indicante data di inizio dei lavori e compatibilità con le spese ammesse al bonus ristrutturazioni.

Come pagare per poter usufruire del bonus, è necessario che i pagamenti siano effettuati con bonifico bancario o postale. Nel bonifico dovranno essere indicati i seguenti dati:

  • causale del versamento: Bonifico relativo a lavori edilizi che danno diritto alla detrazione prevista dall’articolo 16-bis del Dpr 917/1986;
  • codice fiscale del beneficiario della detrazione;
  • codice fiscale o Partita IVA del beneficiario del pagamento.