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E’ POSSIBILE NON PAGARE LE TASSE SE SI HANNO CREDITI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE?

Spesso il titolare di un’attività si trova dinanzi all’alternativa tra il versare le imposte oppure le retribuzioni dei dipendenti, non avendo le disponibilità economiche per adempiere ad entrambi gli obblighi. Su questo argomento la Cassazione ha affermato la priorità delle obbligazioni fiscali, anche a costo di bloccare la produzione aziendale. Ma in presenza di crediti non riscossi con la pubblica amministrazione è lecito non pagare le tasse?

Se si considera il caso di un’azienda che opera nel campo della sanità o dei trasporti che vanta un grosso credito nei confronti della Regione e che è impossibilitata a pagare le imposte. Potrebbe essere questa una giustificazione per evitare quantomeno le sanzioni collegate all’omesso o ritardato versamento dei tributi? Secondo la Suprema Corte il ritardo della P.A. non è un evento così imprevedibile da poter rientrare nel concetto appunto di “forza maggiore”.

Per questo motivo, la situazione di carenza di liquidità derivante dai ritardi, anche notevoli, dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni non integra la forza maggiore che legittima la non sanzionabilità della violazione tributaria.

Anche per le sanzioni tributarie, infatti, la forza maggiore va riferita a un avvenimento imponderabile che annulla ogni potere del contribuente. Mentre l’imprenditore ben potrebbe far ricorso al credito bancario per far fronte alle obbligazioni tributarie se è vero che, prima o poi, riscuoterà i crediti della pubblica amministrazione.

In relazione al reato di omesso versamento delle ritenute, non può essere invocata la crisi di liquidità per escludere la colpevolezza del contribuente, ove questi non dimostri che detta crisi non potesse essere altrimenti superabile. Deve trattarsi quindi di una impossibilità oggettiva, sottratta a qualsiasi prevedibilità ed evitabilità. Inoltre l’imprenditore deve dimostrare che la crisi economica non solo non è imputabile all’imprenditore ma anche che non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure.

Quindi chi intende invocare la forza maggiore deve provare che non gli sia stato in alcun modo possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto versamento dei tributi, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale

PEC OBBLIGATORIA ANCHE PER LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

La PEC, acronimo di Posta Elettronica Certificata, è il corrispondente digitale della raccomandata con ricevuta di ritorno.

In base a quanto stabilito dagli articoli 16 D.L. n. 185/2008, 5 D.L. n. 179/2012 e 37 D.L. 76/2020, la Posta Elettronica Certificata è obbligatoria per:

  • Pubbliche amministrazioni;
  • imprese;
  • società;
  • ditte individuali;
  • liberi professionisti iscritti ad un Albo professionale.

La legge 120/2020 recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali” (Decreto Semplificazioni) ha stabilito che tutte le imprese individuali e le società che non hanno comunicato al Registro Imprese il proprio indirizzo casella PEC entro il 1° ottobre 2020, o il cui domicilio digitale sia stato cancellato d’ufficio, o per le quali il proprio domicilio digitale, seppur dichiarato, sia inattivo, dovevano regolarizzare la propria posizione mediante comunicazione telematica al Registro Imprese competente per territorio.

Questo strumento, di cui tutti i professionisti e le amministrazioni devono disporre, è nata nel nostro ordinamento per sopperire alle deficienze probatorie connesse all’email. Alla normale posta elettronica, il nostro codice di procedura civile non riconosce il valore di prova se non nei limiti delle altre “riproduzioni meccaniche” (per es. le fotocopie). Il che vuol dire che l’email non costituisce una prova se contestata dalla controparte. Per questo motivo la tecnologia ha partorito la posta elettronica certificata, un sistema che, attraverso chiavi di crittazione, consente la prova dell’invio e della ricezione del documento, al pari di una raccomandata a.r.

La Posta Elettronica Certificata viene considerata dalla legge come avente i requisiti della “forma scritta”.

Alla luce dell’obbligatorietà della Pec anche per le Pubbliche Amministrazioni è stato variato il d.lgs. n. 150/2009 che, all’art. 11, comma 5, ha attuato lo strumento della PEC per rendere effettivi i principi di trasparenza nella P.A. La norma impone alle amministrazioni (anche regionali) di pubblicare sui propri siti istituzionali le informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione e, quindi, anche gli indirizzi di posta elettronica certificata, fruibili dagli interessati.