Archivio per Categoria PREVIDENZA

CALCOLARE L’AUMENTO DELLO STIPENDIO DI LUGLIO

Dopo l’ultimo aumento voluto dal governo Meloni che, è bene ricordare, interesserà solamente le buste paga con imponibile lordo pari o inferiore a 2.962 euro.

Per il calcolo avrete bisogno di una busta paga recente, anche quella di maggio (o persino aprile) può andar bene visto che, almeno per quanto riguarda Irpef e contributi da versare, non ci sono differenze rispetto a giugno.

Dovete sapere che su questa busta paga è già stata applicata un’aliquota contributiva ridotta:

  • per chi guadagna meno di 1.923 euro l’aliquota contributiva è stata tagliata del 3%, scendendo quindi al 6,19% o 5,80% a seconda del settore d’impiego;
  • per chi guadagna più di 1.923 euro ma meno di 2.692 euro, invece, il taglio è del 2%, con l’aliquota che scende quindi al 7,19% o al 6,80% in base al settore.

indicati i vari passaggi per il calcolo dello stipendio netto dal lordo, dovreste infatti trovare la voce che riferisce allo sgravio contributivo riconosciuto ai sensi della legge di Bilancio 2023.

Individuato l’importo lordo, e applicata la relativa aliquota in base al settore di appartenenza, vi basterà quindi applicare la relativa formula:

Stipendio lordo * aliquota contributiva

A questo punto, sottraete il risultato dall’importo lordo. Sul nuovo importo bisognerà calcolare l’Irpef, per la quale valgono le seguenti percentuali:

SCAGLIONI IRPEF 2022REDDITOALIQUOTE IRPEF 2022
1° scaglionefino a 15mila euro23%
2° scaglioneda 15.000 a 28mila euro25%
3° scaglioneda 28.000 a 50mila euro35%
4° scaglioneoltre i 50mila euro43%

Esempio, uno stipendio di 2.000 euro lordi, quindi 26.000 euro l’anno, di un lavoratore del settore privato.

Da luglio la quota di contributi dovuta equivarrà al 3,19% del totale, quindi dallo stipendio vengono sottratti i 63,80 euro da versare all’Inps. A questo punto abbiamo un lordo di 1.936,20 euro, sul quale bisogna calcolare l’Irpef: sono circa 460 euro di imposta, più una detrazione di 166 euro, con un totale quindi di circa 294 euro da versare all’erario. Siamo, quindi, intorno ai 1.642,20 euro di stipendio netto.

Cosa cambia rispetto al mese corrente? In quel caso la quota di contributi sarebbe stata del 7,19%, quindi 143,80 euro totali. L’imponibile per il calcolo dell’Irpef scende quindi a 1,856,20 euro, con l’Irpef dovuta pari a 440 euro di imposta con una detrazione di 174 euro circa, quindi per un totale di 266 euro. Il netto, quindi, sarebbe di 1.590,20 euro.

Tra lo stipendio di maggio/giugno e quello in arrivo a luglio, quindi, ci sarà per uno stipendio di 2.000 euro in incremento netto di circa 52 euro.

PENSIONI 2024, REGOLE PIU’ SEVERE

C’è il rischio che il 2024 preveda delle regole più severe per il pensionamento.

L’inflazione corre con conseguenze anche sui requisiti per il collocamento in quiescenza.

Ciò vale per la pensione di vecchiaia – 67 anni di età, 20 anni di contributi e un assegno pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale – ma solo per i contributivi puri, ossia per chi ha un’anzianità assicurativa successiva al 1° gennaio 1996.

Lo stesso vale per la pensione anticipata riservata ai contributivi puri, per la quale oltre a 64 anni di età e 20 anni di contributi è richiesta una pensione pari a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale.

E dal momento che l’assegno sociale è legato al costo della vita, essendo soggetto a rivalutazione annua, l’inflazione avrà un impatto notevole per le regole di accesso alla pensione.

Basti pensare a quanto successo nel 2023, quando l’incremento dell’assegno sociale ha comportato un incremento da:

  • da 9.128,14 euro a 9.794,46 euro per l’importo minimo dell’assegno per accedere alla pensione di vecchiaia;
  • da 17.039,20 euro a 18.282,99 euro per l’importo minimo dell’assegno per accedere alla pensione anticipata contributiva.

A ciò va aggiunto l’ulteriore incremento dello 0,8% dovuto al conguaglio della rivalutazione che porterà l’assegno sociale ad arrivare fino a 6.591,26 euro, il che significa:

  • 9.886,89 euro sarà l’importo minimo per la pensione di vecchiaia;
  • 18.455,52 euro sarà quello per la pensione anticipata contributiva.

E ancora, c’è la rivalutazione 2024 da considerare. Nel Def si parla di un’inflazione programmata per il 2023 pari al 5,4%, ma non è da escludere che alla fine possa essere più alta. Ma atteniamoci alle previsioni: con un +5,4% l’assegno sociale salirebbe a 6.947,18 euro. Di conseguenza:

  • per la pensione di vecchiaia sarà richiesto un assegno di 10.420,78 euro;
  • per la pensione anticipata contributiva, invece, di 19.452,10 euro.

Se le previsioni dovessero essere rispettate, quindi, ci sarebbe un incremento di circa 535 euro annui per la pensione di vecchiaia, quasi 1.000 euro per la pensione anticipata.

RIMBORSO PENSIONATI 730/2023

Rimborso fiscale con tempi d’attesa più lunghi per i pensionati.

Per quel che riguarda i titolari di pensioni, è bene evidenziare che già negli scorsi anni i rimborsi fiscali venivano erogati con un mese di ritardo rispetto a quanto previsto per i dipendenti.

Il mese per l’accredito della somma emersa dal modello 730 era agosto per tutti, salvo i casi particolari di controlli preventivi effettuati dal Fisco.

Per continuare a ricevere il rimborso IRPEF ad agosto, bisognerà trasmettere il modello 730 entro il 31 maggio 2023.

Entro il 15 giugno, CAF o professionisti comunicano all’Agenzia delle Entrate il risultato delle dichiarazioni presentate entro il 31 maggio. Sono queste le prime che verranno liquidate in caso di rimborso IRPEF e per le quali, in caso di conguaglio a debito, parte la trattenuta a partire da settembre.

Le dichiarazioni presentate fino al 20 giugno vengono invece comunicate entro la fine del mese. Il 23 luglio tocca a quelle presentate fino al 15 luglio, a metà settembre tocca a chi ha trasmesso il modello 730/2023 entro il 31 agosto ed infine sarà il turno di chi presenterà la dichiarazione dei redditi entro la scadenza del 30 settembre/2 ottobre.

Questi ultimi riceveranno l’eventuale rimborso spettante soltanto a novembre.

CONGEDO MATRIMONIALE INPS

l congedo matrimoniale ha una durata di 15 giorni di calendario (a tal fine si deve contare anche il week end ed eventuali altri giorni non lavorativi) che devono essere fruiti consecutivamente in quanto non è possibile suddividerli.

Il beneficio in oggetto spetta a:

  • operai;
  • apprendisti;
  • lavoratori a domicilio;
  • marittimi di bassa forza;
  • dipendenti da aziende industriali, artigiani, cooperative.

Condizione essenziale è aver contratto matrimonio civile o concordatario (non spetta a chi si sposa solo in chiesa) e anche in caso di unione civile. Ne sono esclusi, però, coloro che sono dipendenti per:

  • aziende industriali, artigiane, cooperative e della lavorazione del tabacco con qualifica di impiegati, apprendisti impiegati e dirigenti;
  • aziende agricole;
  • commercio, credito e assicurazioni;
  • enti locali e statali;
  • aziende che non versano il relativo contributo alla Cassa Unica Assegni Familiari ( CUAF ).

Per i lavoratori che ne sono esclusi solitamente interviene il contratto di categoria, il quale prevede delle forme diverse di congedo matrimoniale.

L’Inps riconosce la possibilità di fruire di tale congedo anche ai disoccupati, a patto che questi possano dimostrare che nei 90 giorni precedenti al matrimonio, o unione civile, hanno lavorato per almeno 15 giorni alle dipendenze di aziende industriali, artigiane o cooperative.

La richiesta del permesso matrimoniale deve essere avanzata al datore di lavoro, indicando i giorni di congedo con congruo preavviso (solitamente almeno 6 giorni prima dal suo inizio).

Durante l’assenza per il congedo matrimoniale il lavoratore ha diritto a una retribuzione simile a quella che avrebbe percepito laddove avesse regolarmente lavorato. Dell’indennità per il congedo matrimoniale se ne fanno carico l’Inps – con il relativo assegno per congedo matrimoniale – e il datore di lavoro, ma è quest’ultimo che ha l’obbligo di anticipare il tutto in busta paga.

ROTTAMAZIONE

Gli enti territoriali potranno introdurre le suddette sanatorie, sia nel caso di riscossione diretta dei loro carichi sia in caso di affidamento del servizio di riscossione ai soggetti privati iscritti nell’apposito albo istituito dall’articolo 35 del dlgs n.446 del 1997.

Il documento mette a disposizione circa 4mld di euro di cui 1 mld per la sanità che servirà, tra l’altro, ad aumentare le buste paga dei medici che prestano servizio nei reparti di emergenza-urgenza e 3mld per l’energia”

Per quanto riguarda il perimetro delle due sanatorie adottabili dalle regioni e dagli enti locali, l’emendamento in oggetto si limita a richiamare le disposizioni di cui ai commi 227 e 229-bis dell’articolo 1 della legge n.197 del 2022 per quanto riguarda il saldo e stralcio dei debiti a ruolo fino a mille euro e il comma 231, della medesima legge per ciò che attiene alla c.d. rottamazione-quater.

Per quanto riguarda tale ultima tipologia di definizione agevolata gli enti locali, secondo il contenuto dell’emendamento in oggetto, avranno la possibilità di definire tutta una serie di aspetti che vanno dal numero delle rate che il debitore potrà richiedere e la relativa scadenza di pagamento, alle modalità di accesso e ai termini per la presentazione delle istanze.

Dal momento della presentazione dell’istanza, verranno sospesi i termini di prescrizione e di decadenza per il recupero delle somme oggetto di tale istanza mentre nel caso di mancato, insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata ovvero di una delle rate in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme, la rottamazione degli enti locali, al pari di quella prevista dalla legge n.197 del 2022, non produrrà effetti e riprenderanno a decorrere i termini di prescrizione e di decadenza finalizzati al recupero delle somme oggetto dell’istanza. Eventuali versamenti effettuati prima dell’intervenuta decadenza, verranno acquisiti dall’ente locale a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto.

È da ritenere pertanto che per quanto riguarda il saldo e stralcio dei carichi fino a mille euro, gli enti locali potranno adottarlo solo per le somme affidate alla riscossione dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2015. Per la rottamazione invece occorrerà fare riferimento alle somme affidate dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. La rottamazione degli enti territoriali consentirà di abbattere interessi di riscossione e mora, sanzioni e aggio.

REDDITI ESENTI DALLA DICHIARAZIONE

  • trattamento di fine rapporto e le somme percepite una tantum a seguito della cessazione del lavoro dipendente;
  • redditi da associazione sportiva dilettantistica, nel caso in cui non eccedano la soglia di 20.658,28 euro, poiché le somme necessarie per arrivare a tale cifra o non concorrono alla formazione del reddito, oppure sono coperte da ritenuta a titolo d’imposta;
  • le retribuzioni non percepite, non devono venire indicate neanche nel caso in cui fossero presenti all’interno della Certificazione Unica, stesso discorso per le indennità di preavviso e le somme incassate per il patto di non concorrenza;
  • l’assegno di maternità per la donna non lavoratrice;
  • l’indennità di mobilità per la parte reinvestita nella costituzione di società cooperative;
  • gli assegni per la collaborazione ad attività di ricerca conferiti dalle università, dagli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, e anche dagli enti pubblici e dalle istituzioni di ricerca;
  • canoni di locazione immobile abitativo non percepiti o non riscossi purché vi sia stata una convalida di sfratto per morosità del conduttore/inquilino;
  • i dividendi netti percepiti e derivanti dal possesso di partecipazioni non qualificate in società di capitali, poiché dovrebbero essere soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;
  • interessi bancari, anche loro soggetti a ritenuta alla fonte;
  • assegno di invalidità per ciechi civili e sordi;
  • assegno di mantenimento dei figli, ma non quello del coniuge;
  • alcune borse di studio che non vengono assimilate al lavoro dipendente, che vanno altrimenti indicate all’interno del quadro C del modello 730 o nel quadro RC del modello Redditi.

Alcune pensioni sono esenti dall’Irpef e non è quindi necessario dichiararle, ovvero:

  • pensioni corrisposte ai cittadini italiani divenuti invalidi e ai congiunti dei cittadini italiani, se deceduti;
  • pensioni ai cittadini italiani, stranieri, e apolidi, divenuti invalidi nell’adempimento del loro dovere o a seguito di atti terroristici o di criminalità organizzata;
  • maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici prevista dall’articolo 1 della Legge n. 544/1988;
  • pensioni tabellari, sia quelle spettanti per menomazioni durante il servizio di leva.

Il reddito da lavoro autonomo occasionale deve essere dichiarato nel quadro RL del modello Redditi PF, oppure nel quadro D del modello 730. In entrambi i casi deve essere recuperata la ritenuta d’acconto del 20% applicata dal sostituto d’imposta.

Tuttavia è possibile che non sia necessario dichiarare questa tipologia di reddito nel caso in cui:

  • i compensi percepiti in questa modalità sono inferiori ai 5.000 euro;
  • non sono stati percepiti altri redditi nell’anno in questione.

Pertanto l’iscrizione alla gestione separata Inps diventa obbligatoria nel momento in cui il reddito annuo derivante dalle attività in questione supera i 5.000 euro.

DEDUZIONE ASSEGNO DI MANTENIMENTO ALL’EX CONIUGE

Quando si versa l’assegno di mantenimento versato all’ex coniuge si ha diritto alla deduzione delle somme in questione dal reddito imponibile Irpef, disciplinata dall’articolo 10, comma 1 lettera c) del DPR n.917/1986.

Non spetta in tutti i casi, ma solo quando i versamenti sono corrisposti a seguito di:

  • separazione legale ed effettiva,
  • scioglimento o annullamento del matrimonio,
  • cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La deducibilità fiscale è dunque condizionata dalla presenza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria che attesti l’entità dell’importo agevolato.

Quando l’importo indicato nel provvedimento del Giudice comprende anche la quota per il mantenimento dei figli, la quota deducibile, salvo diverse indicazioni, si attesta al 50% del totale.

Sono deducibili gli importi pagati a titolo di arretrati anche se pagati in un’unica soluzione. 

Ammesso alla deducibilità anche l’assegno alimentare tramite trattenute sulla pensione ed erogato con il meccanismo della compensazione (Risoluzione n. 157/2009).

L’Agenzia delle Entrate ha ammesso la deducibilità dei canoni di locazione e delle spese condominiali corrisposti periodicamente e determinati dal Giudice. Se l’immobile è a disposizione dell’ex coniuge e dei figli, la deducibilità è limitata al 50% delle spese sostenute.

La parte che eroga l’assegno di mantenimento all’ex coniuge può dunque portare in deduzione il relativo importo indicandolo in dichiarazione dei redditi:

  • al rigo E22 (del modello 730/2023)
  • al rigo RP 22(modello redditi PF)
  • il codice fiscale del coniuge percettore

Il contribuente dovrà inoltre conservare la seguente documentazione:

  • Sentenza di separazione o divorzio
  • Bonifici ovvero ricevute rilasciate dal soggetto che ha percepito la somma per verificare gli importi effettivamente versati
  • contratto d’affitto e documentazione da cui risulti l’importo delle spese condominiali oltre alla documentazione che provi l’avvenuto versamento.

730 PRECOMPILATO

Dall’ 11 maggio è possibile inviare la dichiarazione precompilata all’Agenzia delle Entrate. L’ultimo giorno per inviare la dichiarazione è fissato al 2 ottobre.

Le operazioni disponibili sono tre:

  • accettare, modificare e inviare la dichiarazione 730 precompilata all’Agenzia delle Entrate direttamente tramite l’applicazione web;
  • utilizzare la compilazione assistita per gli oneri detraibili e deducibili da indicare nel quadro E;
  • modificare il modello Redditi precompilato.

La prima cosa da controllare è il numero di Certificazioni Uniche presenti all’interno della propria dichiarazione dei redditi precompilata. Se il contribuente ha avuto diversi rapporti di lavoro, infatti, devono essere presenti altrettante CU: qualora non ci fossero, bisognerà correggere manualmente l’errore.

Nella sezione familiari a carico è bene controllare che ci sia il giusto numero di figli a carico (per i quali ricordiamo da quest’anno c’è da tener conto dell’introduzione dell’assegno unico che ingloba, da marzo 2022, le detrazioni per i figli a carico.

Particolare attenzione va dedicata alla sezione Oneri e spese, ovvero il quadro E.

L’utente può scegliere una compilazione guidata, partendo dalle spese presenti e inserendo nuovi documenti di spesa. Una volta confermate le modifiche effettuate, l’applicazione web farà i dovuti calcoli e inserirà gli importi nei campi giusti del quadro E del 730.

DETRAZIONI FIGLI A CARICO

▶Attività sportiva, con età compresa tra 5 e 18 anni, la detrazione è pari al 19% per un importo massimo di 210 euro per ogni figlio, però, spetta per intero solo per reddito complessivo fino a 120.000 euro.

▶Abbonamento dei trasporti pubblici locali, la detrazione spettante è del 19% per una spesa massima di 250 euro totali, indipendentemente dal numero dei figli o di coloro che sono titolari di abbonamento.

▶Spese mediche e sanitarie, la detrazione riconosciuta è pari al 19% della spesa sostenuta e vi rientrano gli scontrini per l’acquisto di farmaci e dispositivi medici, visite specialistiche, analisi cliniche o di laboratorio, ecc…

▶Per l’asilo nido la detrazione è pari al 19% su un importo massimo annuo (per figlio) di 632 euro speso per il pagamento di rette di frequenza.

▶Per la scuola dell’infanzia, scuola prima e scuola secondaria la detrazione riconosciuta è pari al 19% per una spesa massima di 800 euro per ogni figlio. In tali spese rientrano eventuali spese di mensa scolastica, gite, pre e post scuola e rette di frequenza in caso di scuole paritarie o private.

▶Per gli studenti che studiano fuori sede è consentita anche una detrazione sull’affitto, su un importo massimo di 2.633 euro.
▶Per l’Università la detrazione riconosciuta varia in base alla facoltà e alla zona d’Italia in cui si vive.

BONUS 350€ DISOCCUPATI

Da settembre 2023, il Reddito di cittadinanza cesserà di essere erogato alle famiglie in cui non ci sono minori, disabili oppure over 60, e verrà introdotto un nuovo sostegno chiamato Supporto per la formazione e il lavoro, un bonus 350 euro riconosciuto per un massimo di 12 mensilità a coloro che si impegneranno, e dimostreranno di farlo, a formarsi per la ricerca di un nuovo lavoro.

Si tratta di un sostegno individuale che verrà riconosciuto a coloro che vengono esclusi anche dal Rdc e dall’Assegno d’inclusione e partecipano a un corso di formazione o ai progetti di pubblica utilità.

Ne ha diritto la singola persona per il tempo necessario per portare a termine il suddetto programma, per un periodo che in ogni caso non può superare i 12 mesi (e non è neppure consentito il rinnovo).

Possono farne richiesta i componenti dei nuclei familiari di età compresa tra i 18 e i 59 anni in condizione di povertà assoluta, o meglio chi fa parte di un nucleo familiare con Isee non superiore a 6.000 euro l’anno.

L’importo è fisso e non dipende dal reddito familiare (come invece nel caso del Rdc). Nel dettaglio, per ogni persona che ne fa richiesta spettano 350 euro al mese, per un massimo quindi di 3.500 euro complessivi per un anno.