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LIMITE CONTANTI, CONTI CORRENTI E LIBRETTI

Il limite all’uso dei contanti nel 2023 è innalzato a 5.000 euro, eccezione fatta per il money transfer che è fermo al limite dei 1.000 euro.

Tale limite comporta che fino a 4.999 euro è possibile pagare liberamente in contanti.

Le sanzioni in caso di superamento sono pari a:

  • minimo 1.000 euro per le violazioni;
  • da 5.000 euro in su per le violazioni di importo superiori a 250mila euro;
  • da 3.000 a 15.000 euro per chi non comunica la violazione, pur essendo tenuto a farlo.

Tale limite dovrà essere applicato anche a libretti di deposito postali e bancari al portatore, oltre ai titoli al portatore in euro e valuta estera.

Attenzione: il limite di 3.000 euro non è valido, invece, per il money transfer, per il quale il limite rimane a 1.000 euro.

TASSO D’INTERESSE

Il tasso d’interesse è il costo da pagare per ottenere un prestito, ma non l’unico, infatti, prima di sottoscrivere un qualsiasi contratto di finanziamento bisogna prestare attenzione anche ad altre voci di spesa, come le spese accessorie previste per la gestione della pratica.

Per fare una scelta attenta e informata tra le soluzioni di finanziamento offerte dai diversi istituti finanziari dovra confrontare il TAN (Tasso Annuo Nominale), ossia il tasso d’interesse applicato dall’istituto di credito sul denaro prestato, e il TAEG (tasso Effettivo Globale), che corrisponde al costo complessivo del finanziamento, comprensivo di tutti gli oneri e le spese per la gestione della pratica.

Il tasso di interesse richiesto per l’erogazione del prestito è espresso dal TAN, il tasso annuo nominale, può essere di diversi tipi:
• Fisso: il tasso di interesse indicato nel contratto rimane costante per tutta la sua durata;
• Variabile: il tasso di interesse è stabilito nel contratto ma viene periodicamente ricalcolato in base a parametri specifici (i più comuni sono gli indici Euribor);
• Misto: in presenza di specifiche condizioni indicate nel contratto, il tasso di interesse passa da fisso a variabile o viceversa;
• Agevolato o zero: il tasso di interesse può essere ridotto o azzerato in casi specifici.

Questo tasso non è esaustivo dei costi complessivi del finanziamento, come le spese di istruttoria, gli oneri di gestione e incasso della rata e le eventuali le spese assicurative, tutti questi costi vengono presi in considerazione per calcolare il TAEG, attraverso cui è possibile capire se il tasso proposto è conveniente.

RATE DI MUTUO NON PAGATE, QUALI CONSEGUENZE?

Non rimborsare un finanziamento a un istituto di credito comporta diversi rischi: dopo 30 giorni di ritardo nel pagamento, scattano gli interessi di mora, essi si calcolano sulle somme non versate e si aggiungono a quelli dovuti per il prestito. Il tasso degli interessi di mora è stabilito nel contratto di mutuo.

La banca, segnala il mancato pagamento o il ritardo alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, oltre a varie banche dati come Crif o Eurisc, (esservi iscritti significa essere classificati come cattivi pagatori e non godere più della fiducia da parte degli istituti di credito) e può essere effettuata solo dopo almeno 120 giorni di ritardo nel pagamento.

Per quanto riguarda il pignoramento dello stipendio, esso può avvenire soltanto dopo il mancato pagamento di 18 rate; ciò in forza di un decreto legislativo emanato nel 2016 in attuazione di una direttiva europea. Questo beneficio, però, vale solo per i mutui stipulati dal 2017 in poi; per quelli precedenti è sufficiente che il debitore non versi 7 rate.

Decorsi i suddetti termini, la banca invia al debitore, a mezzo raccomandata a.r. o pec, una comunicazione di decadenza dal beneficio del termine, con la quale gli comunica la revoca del mutuo e lo invita al rimborso integrale delle somme prese in prestito e non ancora pagate, con gli interessi. Nella lettera, l’istituto di credito assegna al debitore un termine per l’adempimento, avvertendolo che in mancanza procederà ad azioni esecutive nei suoi confronti.

 Trascorso il termine dalla richiesta di pagamento dell’intero importo dovuto, la banca notifica al debitore il titolo esecutivo, esso può consistere in un provvedimento del giudice (come una sentenza o un decreto ingiuntivo), ma nel caso del mutuo anche il relativo contratto, stipulato con rogito notarile, ha questo valore.

Successivamente, l’istituto di credito notifica al debitore l’atto di precetto, si tratta dell’intimazione di pagare il debito indicato nel titolo esecutivo, oltre agli interessi e le spese, entro un termine che non può essere inferiore a dieci giorni.

Decorso inutilmente il suddetto periodo può aver luogo il pignoramento. Se il debitore è un lavoratore dipendente e percepisce uno stipendio, pignorare quest’ultimo è un modo per recuperare agevolmente il credito.

L’esecuzione avviene nella forma del pignoramento presso terzi: la banca notifica al debitore e al datore di lavoro un atto con il quale invita il secondo ad accantonare gli stipendi dovuti al primo fino alla concorrenza del credito. Successivamente si svolge un’udienza, nel corso della quale il datore di lavoro conferma al giudice qual è l’ammontare dello stipendio e il magistrato gli ordina di versarne mensilmente una quota direttamente alla banca.

Tuttavia, non può essere pignorata l’intera retribuzione, ma solo 1/5 di quella netta.

È possibile evitare il pignoramento sospendendo il pagamento delle rate, per un massimo di 18 mesi, e deve trattarsi di un mutuo per l’acquisto della prima casa. La condizione per fruire di questa agevolazione è che il mutuatario abbia subito nei tre anni antecedenti, uno dei seguenti eventi sfavorevoli:

  • la perdita del lavoro, subordinato, parasubordinato, di rappresentanza o di agenzia;
  • la sospensione del lavoro o la riduzione dell’orario per almeno un mese;
  • l’handicap grave nella misura di almeno l’80%;
  • la morte (caso in cui, naturalmente, la richiesta di sospensione verrà avanzata dagli eredi);
  • in caso di lavoro autonomo, un calo di fatturato superiore al 33%

Oppure, se il mutuatario si accorge di avere difficoltà a pagare regolarmente le rate, perché di importo troppo elevato, può chiedere alla banca di rinegoziare il mutuo per ridurle.

O ancora se il mutuatario individua una banca che pratica condizioni più vantaggiose può chiedere di spostare il mutuo presso di essa, senza necessità di rinnovare le relative spese (come quelle di istruttoria, di perizia eccetera). L’istituto di credito presso il quale è stato aperto il finanziamento non può opporsi alla richiesta del cliente, né può pretendere il pagamento di commissioni.

Nei casi più gravi, invece, la legge prevede un rimedio più drastico cui ricorrere in caso di sovraindebitamento, ossia quando si è nella definitiva impossibilità di onorare i propri debiti. In relazione alla situazione economica del debitore viene elaborato un piano di pagamento dei debiti, che prevede la drastica riduzione degli importi da versare ai creditori e un dilazionamento nel tempo.

RESTITUZIONE PRESTITO, DIRITTO A UN RIMBORSO

Chi restituisce prima del termine un prestito ha diritto a un rimborso.

A confermarlo è la Corte Costituzionale che ha decretato, lo scorso 22 dicembre, che è un diritto di tutti i consumatori ottenere parte dei soldi spesi per accendere un prestito se viene restituito prima del termine.

Chi ha stipulato un finanziamento e lo estingue anticipatamente ha quindi diritto alla restituzione dei costi connessi alla durata del contratto e all’erogazione del finanziamento stesso.

Sono i cosiddetti costi di recurring, come i costi assicurativi e gli interessi e i costi up front, come le spese di istruttorie e commissioni per intermediari.

Il diritto al rimborso è valido sia in caso di contratti con cessione del quinto dello stipendio o della pensione, in caso di prestiti personali o finalizzati all’acquisto di beni e servizi e delegazione di pagamento.

Secondo la sentenza Lexitor tale diritto è valido per tutti i casi di estinzione anticipata del finanziamento successiva al maggio 2010.

La sentenza di incostituzionalità della Consulta ha confermato il diritto alla riduzione proporzionale di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito, anche qualora abbiano concluso i loro contratti prima dell’entrata in vigore della legge 106 del 2021.

AUMENTO DEI TASSI DEL MUTUO: COSA STA ACCADENDO?

È ormai noto come i tassi di interesse dei mutui stiano in rialzo. È quanto annunciato dalla Federazione Autonoma Bancari Italiani.

L’ipotesi è quella di un aumento dei tassi fino al 6% .

Ma cosa si cela dietro questo possibile rialzo?

Purtroppo tutto dipende dall’aumento del costo del denaro e dalla linea dura assunta dalla Bce. Se infatti in questo periodo il costo del denaro era pari al 2% con tassi al 3,2%, adesso con l’aumento di mezzo punto percentuale, raggiungendo quota 2,5%, i tassi potrebbero avvicinarsi pericolosamente verso il 6%.

Secondo l’analisi condotta dalla Fabi, alle banche non basterebbe avvantaggiarsi del rialzo dei tassi e ampliare l’offerta di prodotti finanziari diversi dai mutui.

Questo perché c’è chi ha il destino già segnato. Infatti, chi non fa in tempo a siglare una surroga o a rimborsare parzialmente il mutuo già in essere, troverà difficoltà anche sul pagamento delle rate già in aumento.

Facendo un paragone con i primi 10 mesi dell’anno in corso, i finanziamenti delle banche alle famiglie sono cresciuti in media del 2,6%, contro un 1% di aumento dei prestiti alle imprese. Per quanto riguarda le imprese, nello stesso periodo si è registrato una riduzione complessiva dei finanziamenti pari a 11,4 miliardi (1,7%) passando da 678,5 miliardi a 667 miliardi.

Quale tasso quindi è meglio scegliere?

Davanti a una simile situazione, è naturale che le persone in cerca di una casa possano decidere di rinunciare al desiderio di poter acquistare un immobile.

Tuttavia, anche in un periodo di crisi come questo è possibile acquistare una casa, e sicuramente in periodi difficili come questo è bene prediligere un tasso fisso che mette al riparo le famiglie dai rialzi dei tassi di interesse.

È importante non abbandonare il desiderio di acquistare una casa se si pensa che, quando i tassi d’interesse caleranno, diventando più favorevoli, e sarà dunque possibile estinguere il vecchio mutuo con uno nuovo più vantaggioso.

RINEGOZIARE I MUTUI

Un anno di tempo per fissare il tasso del mutuo ipotecario, fino alla fine del 2023 sarà possibile rinegoziare il mutuo per l’acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione.

Lo prevede l’articolo 1, comma 322, della legge di bilancio per il 2023, introdotto nel corso dei lavori parlamentari.

L’operazione, dunque, riapre i battenti ed è nuovamente consentito di rinegoziare i mutui ipotecari stipulati prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2023.

L’obiettivo è di assicurare a chi lo desideri, di passare da un mutuo a tasso variabile a un mutuo a tasso annuo nominale fisso con limiti quantitativi prefissati.

Per beneficiare dell’opzione, i requisiti sono i seguenti: importo originario non superiore a 200 mila euro; scopo di acquisto o ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione; tasso e a rata variabile per tutta la durata del contratto.

L’applicazione del tasso fisso di interesse può coprire tutta la durata residua del finanziamento o, con l’accordo con il cliente, un periodo inferiore.

Peraltro, è anche possibile concordare, ai fini della rinegoziazione, l’allungamento del piano di rimborso del mutuo per un periodo massimo di cinque anni, purché la durata residua del mutuo all’atto della rinegoziazione non diventi superiore a venticinque anni.

In ogni caso le garanzie ipotecarie già prestate continuano ad assistere il rimborso, a fronte del mutuo rinegoziato.

RESTITUZIONE ANTICIPATA FINANZIAMENTO  

È quanto si legge nella sentenza n. 263 depositata, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 11-octies, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2021, nella parte in cui limitava ad alcune tipologie di costi il diritto alla riduzione spettante al consumatore.  

In tale limitazione la Corte costituzionale ha ravvisato una violazione dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e, in particolare, dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, come interpretato dalla Corte di giustizia con la sentenza dell’11 settembre 2019, C-383/18, caso Lexitor.

Nella citata pronuncia, la Corte di giustizia ha chiarito che il diritto alla riduzione deve riferirsi a tutti i costi sostenuti dal consumatore, e che la riduzione deve operare in proporzione alla minore durata del contratto, conseguente alla restituzione anticipata.

Per effetto della sentenza della Corte costituzionale, spetterà, dunque, ai consumatori il diritto alla riduzione proporzionale di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito, anche qualora abbiano concluso i loro contratti prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021.

NOVITA’ MUTUI: PASSAGGIO DAL VARIABILE AL FISSO

Il Governo corre ai ripari con la re-introduzione di una norma per consentire il passaggio dal variabile al fisso.

La finalità è sostenere tutti i consumatori che hanno chiesto un prestito per la casa e che ora si trovano a dover pagare rate molto pesanti, con il tasso Euribor.

La norma rilanciata dal Governo Meloni consente di rinegoziare il tasso del proprio mutuo con la banca, passando dal variabile al fisso, in presenza di particolari condizioni (finanziamento fino a 200.000 euro, Isee fino a 35.000 euro, nessun ritardo nel pagamento delle precedenti rate).

Ma sarà davvero conveniente?

Vediamo di seguito alcuni calcoli di passaggio dal mutuo variabile al fisso per capire quanto costa la rata mensile.

Per cambiare in fisso, si parte dall’Eurirs a 20 anni al 2,57%, che è più basso rispetto a quello a 10 anni, al 2,84%. Con la somma dello spread si ha il 4,04%, ovvero una di 877,39 euro (rata più bassa perché la parte di rimborso di capitale risulterà minore, a 391,63 euro).

Se, invece, il mutuo variabile trentennale è stato da poco sottoscritto e restano quindi almeno 29 anni di pagamenti, si deve prendere in considerazione l’Eurirs a 10 anni e quello a 25 anni.

Poiché quest’ultimo è più basso (2,33%) diventa il riferimento base al quale aggiungere lo spread dell’Euribor.

Si tratta di un 1% per i variabili indicizzati all’Euribor a 3 mesi e di circa un 1,2% per quelli indicizzati all’Euribor a 1 mese.

Alla fine, il tasso fisso è al 3,33%. 

I nuovi tassi calcolati come fissi risultano quindi inferiori a quel 6% del mutuo variabile che ci si aspetta con la politica Bce.

COSA SUCCEDE IN CASO DI FURTO DEL CONTO CORRENTE ONLINE?

È necessario sapere che, nel caso di sottrazione fraudolenta di denaro da un conto corrente online, realizzata da terzi mediante sistemi informatici, la banca può essere responsabile se non ha predisposto le misure idonee a ridurre o evitare il rischio di accesso non autorizzato.

È il cado di una sentenza del Tribunale di Palermo dove il correntista aveva subito un accesso abusivo sul proprio conto ad opera di ignoti. Questi avevano prelevato illecitamente la somma di € 5.500 ed effettuato un bonifico a favore di un’altra società.

Dal momento che la banca non aveva predisposto idonee misure di sicurezza informatiche a tutela del cliente stesso, il giudice avrebbe condannato la banca a versare integralmente al cliente la somma con gli interessi legali.

La diligenza contrattuale richiesta all’istituto di credito, necessaria per tutelare i clienti da operazioni illegittime, è stata valutata dal tribunale con particolare severità, trattandosi di prestazione svolta nell’esercizio di un’attività professionale.

La sentenza è stata decretata tenendo conto del Codice della Privacy. Quest’ultimo stabilisce che chiunque cagiona un danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento. Questo vuol dire che la banca ha causato un danno al proprio risparmiatore, non impedendo a terzi di introdursi illecitamente nell’online banking.

QUALI SONO I RISCHI QUANDO UN ASSEGNO RISULTA SCOPERTO?

Il protesto di un assegno viene considerato dalla Banca d’Italia un atto di rilevanza giuridica pubblica che può essere accertato solo da un ufficiale giudiziario, come un notaio.

Quando un soggetto emette un assegno di importo maggiore rispetto alla cifra disponibile sul suo conto corrente scatta un procedimento, chiamato protesto, che al il fine di tutelare il creditore e garantirgli il pagamento di quanto gli è dovuto.

Il correntista che emette un assegno scoperto verrà iscritto nella lista nera dei protestati custodita dalla Centrale di allarme interbancaria.

Secondo la Corte di Cassazione la banca non è tenuta a comunicare a chi ha firmato l’assegno che il titolo è stato protestato.

Può capitare che l’assegno scoperto venga emesso pensando di avere a disposizione i soldi per il pagamento entro una certa data. Solitamente questo caso può capitare quando ci troviamo d’avanti ad un assegno fuori piazza, ovvero un assegno firmato in un Comune diverso da dove viene incassato. Il questo caso il debitore ha più tempo prima che l’assegno vada all’incasso per coprire la cifra sul conto corrente.

Chi emette un assegno scoperto rischia una sanzione pecuniaria da 516 a 6.197 euro.

Il debitore che emette l’assegno scoperto rischia il divieto di emettere assegni bancari e postali per una durata da due a cinque anni.

Attenzione però: quando l’importo dell’assegno protestato o di più assegni protestati emessi in tempi ravvicinati supera la cifra di € 51.645  o possono essere stabilite delle sanzioni accessorie come  l’interdizione dall’esercizio di un’attività professionale o imprenditoriale o  l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

È bene dunque, sapere a cosa si va incontro prima di firmare un assegno con una cifra che non copra la disponibilità sul nostro conto corrente bancario.