Archivio per Categoria INTERNET E SOCIAL

I TRUFFATORI DEL PRONTO INTERVENTO: IN CHE MODO DIFENDERSI?

A quanti è capitato di avere un problema in casa e che il tecnico di fiducia non era disponibile? In questi casi spesso si procede cercando su internet un idraulico o un elettricista disponibile attraverso il cosiddetto “pronto intervento 24 ore”.

Questa può essere un’ottima soluzione, ma se non si sta attenti può in realtà essere un ottima truffa per chi sfrutta la nostra urgenza presentandoci un conto esorbitante.

Spesso ci si imbatte in siti internet che fanno capo a società al di fuori dell’Unione Europea. Per questo il conto finale diventa così alto. Gli artigiani devono mantenere una media alta di lavorazioni e si trovano spesso monopolizzati dalla società “madre” che fornisce i clienti intercettati sul web.

Purtroppo sono molti i consumatori che cadono nella trappola, complici l’attività di promozione che queste società fanno sui motori di ricerca in modo da comparire tra i primi risultati sia l’urgenza di risolvere il problema, che porta ad accettare cifre molto più alte di quelle che normalmente saremmo disposti a spendere per lo stesso servizio.

In che modo difendersi da questo tipo di truffe?

La prima cosa da fare è capire se, innanzitutto, ci troviamo di fronte ad un’emergenza tanto da richiedere l’intervento di un tecnico entro 24 ore.

Spesso in realtà il problema può essere arginato in maniera provvisoria e aspettando uno o due giorni saremo nuovamente in grado di rivolgerci ai nostri tecnici di fiducia.

Se ciò non fosse possibile, come alternativa possiamo chiederci se conosciamo qualcun altro che possa intervenire in nostro aiuto prima di rivolgerci ad una ricerca in rete.

Se nessuna di queste soluzioni è possibile, il consiglio è quello di  riconoscere accuratamente  i siti che fanno parte di questa galassia di speculatori.

In primis è necessario porre attenzione che il numero che appare sul sito sia realmente attivo a tutte le ore, anche di notte. Un secondo consiglio è quello di assicurarsi che si tratti di una società realmente esistente, per esempio verificando la partita iva.

Potrebbe essere importante chiedere un preventivo scritto, per evitare che il tecnico, una volta terminato l’intervento, possa chiederci una cifra elevata. Se questo ci viene negato, è necessario fare molta attenzione: potremmo aver trovato un truffatore.

COSA RISCHIA CHI MANDA MESSAGGI SGRADITI SU WHATSAPP?

Per molto tempo si è pensato che il reato di molestie non si potrebbe configurare tutte le volte in cui la vittima abbia la capacità di sottrarsi alla condotta molesta. Non vi sarebbe, ad esempio, alcuna molestia nell’inviare continue email o messaggi su un social, visto che il destinatario può decidere liberamente se collegarsi o meno al proprio account e leggere il contenuto delle comunicazioni. Laddove invece questi non possa evitare la molestia, come nel caso dello squillo del telefono di casa o del citofono di casa, allora il reato sarebbe conclamato.

Le nuove applicazioni con le quali si inviano messaggi sappiamo bene che consentono, volendo, di bloccare un contatto, impedendogli così sia di telefonare che di inviare messaggi molesti. Ma la pronuncia in commento ha modificato la tradizionale interpretazione del reato di molestie.

Secondo infatti la Cassazione, ai fini dell’integrazione di tale illecito penale, ciò che conta di più è il carattere invasivo del mezzo impiegato per raggiungere il destinatario e non la possibilità per quest’ultimo di interrompere o prevenire l’azione perturbatrice, escludendo o bloccando il contatto o l’utenza non gradita. Va poi aggiunta la percezione immediata e diretta del contenuto del messaggio o di parte di esso, attraverso l’anteprima di testo che compare sulla schermata di blocco del cellulare, realizzandosi in tal modo in concreto una diretta e immediata intrusione del mittente nella sfera riservata del ricevente. 

Del resto, il fatto stesso di costringere una persona a correre ai ripari contro il molestatore, bloccandone la numerazione costituisce in sé una molestia che deve essere punita.

Cosa rischia, dunque, chi invia messaggi sgraditi su WhatsApp?

Il Codice penale è abbastanza severo: l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro. Tuttavia, se il comportamento non viene ripetuto nel tempo, l’imputato può ottenere il beneficio della “non punizione” invocando la cosiddetta particolare tenuità del fatto.

La Cassazione ha ritenuto che il carattere invasivo della messaggistica telematica non può essere escluso per il fatto che il destinatario di messaggi non desiderati, inviati da un determinato utente, possa evitarne agevolmente la ricezione, senza compromettere in alcun modo la propria libertà di comunicazione. Quindi, non è solo la chat di WhatsApp a far scattare il reato, ma anche l’sms o l’invio di messaggi attraverso il servizio di messaggistica di un social network.

Allo stesso modo, la Cassazione ha detto che è reato anche l’invio di messaggi per interposta persona: è ad esempio il caso di chi, essendo stato bloccato da un utente, utilizzi la numerazione di un amico in comune affinché gli faccia arrivare il proprio messaggio.

FACEBOOK: QUANDO C’E’ DIFFAMAZIONE?

Secondo la giurisprudenza, mandare a quel paese qualcuno non è più un crimine, ma solo un illecito civile. Il reato massimo potrebbe essere quello di dover pagare una somma di denaro a titolo di risarcimento.

Se, invece le offese avvengono davanti a tutti e in assenza della vittima, scatta allora il reato di diffamazione.

La legge precisa che la diffamazione scatta quando si offende la reputazione altrui, in assenza della vittima ma in presenza di almeno altre due persone.

Affinché si parli di diffamazione ci devono essere:

  • l’offesa alla reputazione che può avvenire in qualsiasi modo;
  • l’assenza della vittima. La persona offesa non deve essere presente al momento dell’ingiuria che gli è rivolta oppure, se presente, non deve essere in grado di percepire quanto detto.
  • la presenza di altre persone diverse dalla vittima.

Le offese su Facebook possono trasformarsi subito in diffamazione dal momento che tutti possono leggere cosa c’è scritto all’interno di una bacheca pubblica.

Tuttavia, non sempre le offese su Facebook costituiscono reato.

Ad esempio, secondo la Cassazione, non c’è reato se l’offesa è rivolta alla persona che risulta essere online dal momento che c’è presenza, seppur online. Non si può parlare di diffamazione nemmeno se il fatto avviene in una chat privata o in un gruppo chiuso Facebook. Comunicare privatamente con altri non costituisce infatti reato.

Si evidenzia come la Corte di Cassazione ha stabilito che l’intestatario della bacheca risponde delle offese a terzi che risultano pubblicate a suo nome, a meno che non si sia rivolto alle autorità per denunciare che altri ignoti se ne siano appropriati .

Secondo la Suprema Corte, infatti, affinché la condanna per diffamazione venga definita, l’omessa denuncia del furto d’identità da parte del titolare dell’account sul quale vi è stata la pubblicazione può costituire valido elemento indiziario che conferma la colpevolezza dello stesso.

Dunque non è possibile rispondere di diffamazione per l’offesa apparsa sul proprio profilo se si denuncia tempestivamente il furto d’identità.

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TRUFFA DA EMAIL CON RICATTO: COME COMPORTARSI

Può accadere di ricevere email con ricatto all’interno delle quali viene richiesta una certa somma di denaro perché il consumatore è stato beccato a visitare siti porno. Stiamo parlando di truffe alle quali spesso, molti consumatori abboccano.

La Polizia Postale ha scoperto che il tentativo di estorsione è opera di un gruppo internazionale di criminali che invia email in cui viene comunicato agli utenti che il loro account di posta elettronica è stato hackerato.

All’interno della email i criminali dicono di avere scoperto che l’utente visita un sito porno e di aver scaricato tutte le informazioni riservate su suo conto .

Inoltre, i criminali informano il consumatore di aver installato un virus sul suo computer attraverso il quale avrebbero avuto accesso alla webcam riuscendo a filmarlo in atti intimi.

L’utente viene, in questo modo, invitato a pagare un riscatto entro 48 ore pari a 300 dollari in bitcoin. In caso contrario i criminali si occuperanno di diffondere le immagini a tutti i contatti del consumatore.

Si tratta evidentemente di una truffa in quanto, come spiega la Polizia Postale, “è tecnicamente impossibile che chiunque, pur se entrato abusivamente nella nostra casella di posta elettronica, abbia potuto installare un virus in grado di assumere il controllo del nostro dispositivo, attivando la webcam o rubando i nostri dati”.

Ma cosa fare allora in questi casi?

I consigli da seguire sono:

  • mantenete la calma in quanto il criminale non può disporre di alcun filmato né di password dei profili social da cui ricavare la lista di amici o parenti;
  •  non pagate alcun riscatto: in questo modo si evitano altre minacce e altre richieste di denaro;
  • cambiate la password della email  scegliendone una particolarmente complessa e differente da altri profili social;
  •  abilitare meccanismi di autenticazione “forte”: ad esempio, all’inserimento della password,  associare l’immissione di un codice di sicurezza ricevuto sul telefono cellulare.

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RESO DI UN ACQUISTO ONLINE: E’ SEMPRE POSSIBILE?

Ormai gli acquisti online sono all’ordine del giorno. Pratici e veloci, ci permettono di ordinare comodamente da casa ciò che più desideriamo senza doverci recarci in negozio.

Tutto questo vantaggio, però, può portarci a fare acquisti troppo alla leggera. Spesso accade di comprare qualcosa che magari non ci piace così tanto o che, valutando con calma, riteniamo che in fin dei conti non ci serve.

Il consumatore che acquista online ha diritto al recesso. Ha la facoltà dunque di cambiare idea e mandare indietro il prodotto acquistato, senza alcun costo aggiuntivo e ricevendo indietro i soldi spesi.

Questo non accade se il prodotto è stato acquistato tramite i canali tradizionali. Non è infatti possibile restituire il paio di scarpe acquistato al negozio sotto casa solo perché si è cambiata idea, ma solo se è difettato.

Per beneficiare del diritto di recesso su un acquisto online devono verificarsi almeno due condizioni:

  • l’acquisto deve essere effettuato da un consumatore che compra da un venditore professionale e non da un venditore privati;
  • l’acquisto deve essere fatto online.

Il Codice del Consumo stabilisce che il consumatore che ha effettuato un acquisto online, può beneficiare del diritto di recesso, senza bisogno di fornire alcuna motivazione. Non deve inoltre sostenere alcun costo aggiuntivo, se non quello necessario alla restituzione del prodotto. Ma il tutto deve avvenire entro 14 giorni.

Ma da quando partono questi 14 giorni?

  • nel caso dei contratti di servizi, dal giorno della conclusione del contratto;
  • nel caso di contratti di vendita, dal giorno in cui il consumatore acquisisce il possesso fisico dei beni.

Come effettuare, quindi, un reso di un acquisto online?

In caso sussistano le condizioni per esercitare il diritto di reso dell’acquisto online, basta comunicarlo al venditore per iscritto che dovrà allora provvedere al rimborso del prezzo, entro 14 giorni, mediante lo stesso metodo di pagamento con cui è stato effettuato l’acquisto.

Ma attenti a non fare i furbi: si stanno diffondendo casi di furti dei prodotti restituiti dai consumatori. A volte accade che il venditore dichiari di aver ricevuto un pacco vuoto o contenente un oggetto diverso da quello consegnato.

Come possiamo tutelarci per evitare che il venditore si giustifichi dicendo che il nostro pacco e vuoto e, di conseguenza, non vuole effettuarci il reso?

Un consiglio è quello di rispedire il prodotto con un servizio di posta assicurata che possa certificare l’oggetto contenuto all’interno.

E’ necessario sapere che esistono dei casi, elencati dallo stesso Codice del Consumo, in cui non si ha diritto al reso.

Facciamo alcuni esempi:

  • contratti per servizi se già completamente eseguiti prima del termine per il reso;
  • fornitura di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente;
  • fornitura di beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o di salute;
  • acquisto di video o software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna;
  • fornitura di giornali, periodici e riviste;
  • fornitura di beni su misura o chiaramente personalizzati.

Si ricorda che i 14 giorni per esercitare il diritto di reso dell’acquisto online valgono solo nel caso in cui si è semplicemente cambiata idea. Se invece si vuole restituire il prodotto perché difettoso,  valgono le norme sulla garanzia, solitamente due anni di tempo.

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QUANDO L’ACCUNT DI FACEBOOK CI VIENE CANCELLATO E COME REAGIRE

Tutti i social network hanno regole precise di accesso e di conservazione dell’account. Sappiamo molto bene infatti che anche on-line esistono delle regole di condotta che non si dovrebbero mai violare. Facebook è molto attento a questo aspetto, tanto che in certi casi, se si esagera, provvede in autonomia a disabilitare l’account.

Alcuni esempi di quelle che possono essere le cause che portano alla disabilitazione non richiesta dell’account Facebook sono:

  • pubblicazione di contenuti che contrastano con le condizioni dell’accordo di Facebook;
  • utilizzo di un nome falso;
  • furto dell’identità altrui ;
  • azioni ripetute non ammesse su Facebook perché contrarie agli Standard della comunità;
  • contatti finalizzati a molestare, a farsi pubblicità o a promuoversi con altre persone;
  • altre condotte non consentite.

Il primo passo da fare è quello di seguire la procedura consigliata dal social nella pagina dedicata del Centro di Assistenza, inviando il modulo reperibile alla seguente pagina, se si ritiene che il proprio account sia stato disabilitato per un errore e prima della disabilitazione Facebook non ha fornito le informazioni necessarie a comprendere ragioni della disabilitazione.

In genere il centro assistenza non fa attendere molto per una risposta, nel giro di 24-48 ore si è in grado infatti di conoscere i motivi della decisione.

Dall’ordinanza del 10 marzo del 2021 del Tribunale di Bologna si apprende inoltre che è possibile chiedere il risarcimento del danno in caso di disabilitazione dell’account Facebook, per le ragioni illustrate nella motivazione del provvedimento:

  • tra le parti si instaura un rapporto negoziale oneroso “posto che il contratto è fondato su un evidente sinallagma, per cui alla prestazione del servizio da parte del gestore corrisponde il suo interesse ad utilizzare i contenuti, le reti di relazioni e i dati personali dell’utente, a fini di raccolta pubblicitaria”;
  • “la rimozione di contenuti e la sospensione o cancellazione di account è prevista soltanto per le giuste cause indicate nel regolamento contrattuale, con obbligazione per il gestore di informare l’utente delle ragioni della rimozione”. Ne consegue che la rimozione di un profilo personale o di una pagina a esso collegata in carenza di qualsiasi violazione delle regole contrattuali da parte dell’utente, e in carenza di qualsiasi informazione all’utente delle ragioni della rimozione, configura un inadempimento del gestore, inquadrabile ai sensi dell’art. 1218 c.c.”;
  • Facebook nel caso di specie è risultata inadempiente e quindi responsabile contrattualmente nei confronti dell’utente perché non ha mai motivato le ragioni del suo recesso. Lo stesso ricorrente ha infatti “manifestato il dubbio che la rimozione fosse da ascrivere ad una valutazione di natura politica o etica rispetto al contenuto di suoi messaggi o post (trattandosi di persona politicamente attiva e evidentemente interessato alla vita militare), ma la resistente non ha dedotto alcuna violazione degli standard contrattuali, non ha allegato affatto la pubblicazione di post offensivi, discriminatori o razzisti, o di notizie false, i quali avrebbero ben potuto motivare, e giustificare senz’altro, la reazione del gestore per violazione degli standard contrattuali, anche con la rimozione dell’account”;
  • “L’esclusione dal social network, con la distruzione della rete di relazioni frutto di un lavoro di costruzione durato, in questo caso, dieci anni è suscettibile dunque di cagionare un danno grave, anche irreparabile, alla vita di relazione, alla possibilità di continuare a manifestare il proprio pensiero utilizzando la rete di contatti sociali costruita sulla piattaforma e, in ultima analisi, persino alla stessa identità personale dell’utente, la quale come noto viene oggi costruita e rinforzata anche sulle reti sociali. Tal danno non è facilmente emendabile creando un nuovo profilo personale e nuove pagine, atteso che resta la perdita della rete di relazioni, la quale viene costruita dagli utenti del social network con una attività di lungo periodo e non semplice”;
  • “appare equo stimare il danno di natura non patrimoniale in concreto patito dal ricorrente in € 10.000,00 per il profilo personale, che involge più direttamente tratti direttamente connessi con diritti personali, ed € 2.000,00 per ognuna delle due pagine che, pur essendo anch’esse espressione della sua vita di relazione, appaiono connesse a interessi di natura più squisitamente hobbistica del resistente”.

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ACQUISTI SU INTERNET: COME COMBATTERE LE TRUFFE?

Ormai sono sempre più frequenti gli acquisti fatti online. A questi segue anche un’esponenziale aumento delle truffe su internet, soprattutto se si compra da siti sconosciuti e poco raccomandabili.

Le truffe su Marketplace più frequenti riguardano la finta vendita di beni che in realtà non vengono mai spediti all’acquirente. Trattandosi molto spesso di pagamenti non tracciabili e non riconducibili all’acquisto di quella compravendita specifica, il soggetto che subisce una truffa spesso ha serie difficoltà nel dimostrare il pagamento.

Pensiamo, ad esempio, a pagamenti effettuati mediante la ricarica di carte prepagate.

Esistono, tuttavia, anche casi dove la situazione si ribalta e il truffatore diventa l’acquirente.

Parliamo di quando, ad esempio, vengono usate finte ricevute di pagamento o di bonifici bancari mai realmente effettuati ma sufficienti per convincere il venditore a inviare il bene senza aver avuto la conferma dell’effettivo accredito della somma richiesta.

Secondo l’art. 640 del Codice penale “chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032”.

Pertanto, tutte le volte che un soggetto riceva il pagamento per un bene da lui poi non consegnato, o nel caso in cui si dia la finta prova dell’avvenuto pagamento, si parla di truffa.

Cosa può fare chi è vittima di una delle truffe per acquisti o vendite online?

La cosa più ovvia da fare è sicuramente sporgere denuncia utilizzando tutte le prove di cui si dispone. Pensiamo al testo dell’annuncio, messaggi scambiati, ricevuta del pagamento.

Sarà opportuno stampare quanto utile a dimostrare le proprie ragioni annotando data, ora e ogni riferimento importante come il numero di cellulare o l’indirizzo web del sito dal quale è stato fatto l’acquisto.

In questi casi non è sempre facile dimostrare la truffa: ad esempio, nel caso in cui nella causale del bonifico non è specificato chiaramente la ragione del pagamento effettuato, non sarà semplice provare la truffa.

È sempre bene, in questi casi, rivolgersi ad un esperto.

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