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ASSEGNO UNICO 2023

Nel 2023 l’importo dell’assegno unico universale godrà di un duplice aumento, da una parte l’incremento dovuto alla rivalutazione degli importi e delle fasce Isee, e dall’altra la maggiorazione riconosciuta dalla legge di Bilancio 2023 ai figli con età inferiore a 3 anni (non compiuti) per i quali viene riconosciuta una maggiorazione del 50%.

Tuttavia la maggiorazione spetta fino al compimento dei 3 anni solamente nel caso si tratti di un figlio successivo al secondo. 

Anche l’assegno unico per figli a carico, infatti, godrà dell’indicizzazione del 7,3%, chi oggi percepisce l’importo massimo, 175 euro per figlio, potrebbe godere di un incremento mensile di 12,77 euro circa, arrivando così a poco più di 187 euro, verrebbe anche rivista la soglia entro cui godere dell’importo massimo: non più 15.000 euro di Isee come oggi, bensì 16.095 euro.

Ma il tutto dovrà essere ufficializzato dall’Inps con apposita circolare.

IN CASO DI SEPARAZIONE, LA MADRE HA PIU’ DIRITTO DI STARE CON I FIGLI?

Il Codice civile stabilisce che entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale.

Dunque entrambi i genitori hanno lo stesso diritto a essere rispettati dai figli e, nel caso in cui costoro continuino a vivere in casa con mamma e papà anche da adulti, a ricevere un contributo per le spese domestiche .

I genitori separati hanno quindi gli stessi diritti sui figli anche qualora si trattasse di separazione o di divorzio. I figli minorenni hanno diritto a  continuare ad avere rapporti con entrambi i genitori.

La giurisprudenza applica il principio della bigenitorialità, sia nei confronti dei figli quanto per i genitori.

Il giudice ha comunque il compito di scegliere presso quale genitore il figlio minorenne debba essere collocato con preferenza.

Nonostante quanto la legge stabilisce, è innegabile che la giurisprudenza favorisca le madri quando si tratta di affidamento dei figli. I giudici, infatti, prediligono la figura materna a quella paterna, soprattutto quando si tratta di affidamento della prole a seguito di separazione.

Questo perchè le madri nella crescita dei figli, hanno un ruolo fondamentale.

Nonostante il padre possa avere una condotta impeccabile, dovendo scegliere presso quale genitore collocare con prevalenza i figli piccoli, va indicata nella figura materna il genitore con il quale i figli devono convivere prevalentemente.

Tuttavia quando non è possibile l’affido condiviso con collocamento paritario presso entrambi i genitori, deve essere scelto il genitore che maggiormente può garantire la serenità dei bambini.

E’ POSSIBILE DESTINARE L’EREDITA’ AD UN’UNICA PERSONA ESCLUDENDO GLI ALTRI EREDI?

La nostra giurisprudenza non permette di dare soldi in eredità ad un’unica persona escludendo tutti gli altri eredi legittimi. Questo perché, quando parliamo di eredità, esiste una successione che regola le quote legittime.

Tuttavia è bene sapere che esistono delle soluzioni che permettono di dare soldi in eredità ad una sola persona escludendo tutti gli altri eredi pur se legittimi.

Come è possibile farlo?

Le quote legittime, riconosciute dalla giurisprudenza, sono delle percentuali di eredità destinate a tutti gli eredi legittimi, sia in presenza che in assenza di testamento.

Questo vuol dire che, anche se non espressamente indicato all’interno di un testamento, ciascun erede ha sempre diritto a ricevere la propria quota legittima di eredità. Le quote legittime per la successione dell’eredità variano in base al grado di parentela tra de cuius .

I primi eredi legittimi sono sicuramente il coniuge e i figli, ai quali spetta, anche in assenza di menzione all’interno del testamento, una quota consistente.

Ricordiamo che, in assenza di figli e coniuge e di ascendenti e collaterali al momento della morte del defunto, l’eredità spetta anche ai parenti indiretti fino al sesto grado in base ai legami di parentela più prossimi, partendo cioè dagli zii, per arrivare ai parenti in terzo grado, cugini, parenti di quarto grado, ecc.

Qualora invece, il defunto non  abbia congiunti, parenti prossimi o remoti, in assenza di testamento, l’eredità verrà totalmente devoluta allo Stato.

È importante sapere che ci sono dei casi nei quali la legge permette di dare soldi in eredità solo ad una persona escludendo gli altri eredi.

Uno dei metodi più utilizzati è quello della stipula di una polizza vita. Attraverso quest’ultima, infatti, è possibile nominare un beneficiario, che può essere l’erede che si vuole favorire, e che non rientra nell’asse ereditario.

Secondo il nostro Codice Civile infatti, la polizza vita non facendo parte dell’asse ereditario non deve essere divisa tra gli eredi, per cui permette di dare soldi in eredità ad una sola persona escludendo tutti gli altri eredi legittimi.

Affinché la polizza vita sia effettivamente valida come sistema per lasciare l’eredità ad una sola persona, è necessario che venga stipulata per tempo e non se la persona che decide di lasciare soldi in eredità ad una persona sta per morire.

Un’altra soluzione da adottare potrebbe essere quella di fare testamento, nominando l’erede a cui si vuole lasciare la somma di denaro decisa ma a patto di assegnare agli altri eredi legittimi altri beni del patrimonio posseduto per rispettare le quote legittime.

Ancora si potrebbe decidere di cointestare il conto corrente con la sola persona a cui si vogliono lasciare i soldi, in modo da far passare in successione con gli altri eredi solo metà della somma sul conto e non tutto l’importo, lasciando l’altra parte interamente all’erede a cui si vogliono lasciare soldi. 

LE NOVITA’ SUL CONGEDO PARENTALE CON LA NUOVA MANOVRA DI BILANCIO

Secondo le ultime novità relative all’ultima manovra di bilancio, il congedo parentale subirà ulteriori cambiamenti dal 2023.

Molti sono state le variazioni fatte nel corso degli anni riguardo questo argomento.

Già dallo scorso 13 agosto, infatti, era stata data la possibilità per i padri di rimanere a casa con i propri figli per 10 giorni, con retribuzione piena, così come la possibilità per i dipendenti di fruire di un periodo di congedo allungato da sei a nove mesi.

Il nuovo Governo ha invece previsto un ulteriore allungamento del periodo di congedo parentale.

In particolare si parla della possibilità di poter usufruire di un mese di congedo facoltativo retribuito all’80% e utilizzabile fino al sesto anno di vita del bambino.

Un’importante novità questa se consideriamo che, il congedo parentale attuale è retribuito solo al 30% .

Se così fosse, le famiglie con situazioni economiche critiche, tali da non potersi permettere di rinunciare al 70% della propria retribuzione, avrebbero un incentivo in più per poter stare a casa con i propri figli.

Ricordiamo che il congedo parentale altro non è che un periodo di astensione facoltativa dal lavoro, destinato a entrambi i genitori. Fino ad oggi è possibile usufruirne per un periodo massimo di 10 mesi, con indennità pari al 30% della retribuzione.

Se la nuova manovra di bilancio avrà i suoi frutti, come si spera, sarà possibile disporre di un mese di congedo facoltativo in più entro il sesto anno di età del bambino, da retribuirsi all’80%.

È necessario sapere che, per poter usufruire di tale agevolazione, a richiedere il congedo devono essere i genitori naturali o affidatari del bambino. La domanda deve essere fatta entri i primi 12 anni di vita del figlio. I mesi di fruibilità del congedo devono essere calcolati complessivamente tra i due genitori.

QUALI SONO I DIRITTI CHE LA LEGGE RICONOSCE AL CONCEPITO?

Il nostro ordinamento definisce  concepito colui che è stato procreato ma si trova ancora nel ventre materno.

Attraverso l’art. 1, comma1 del codice civile, al concepito viene riconosciuta “la capacità giuridica” ovvero l’idoneità del soggetto di essere titolari di diritti e doveri giuridici.

Secondo la legge infatti, la capacità giuridica si acquista al momento della nascita.

Dunque la persona fisica acquisisce l’idoneità ad essere titolare di diritti e di doveri giuridici con la separazione del feto dall’alveo materno. Tale idoneità viene conservata fino al momento della morte.

Tuttavia al nascituro concepito vengono riconosciuti una serie di diritti.  

In particolare l’art. 462, comma 1, c.c. vede il concepito come un soggetto capace di succedere. Secondo lo stesso comma “deve presumersi concepito al tempo dell’apertura della successione colui la cui nascita avvenga entro 300 giorni dalla morte del de cuius“.

L’art. 784 c.c., invece, riconosce al concepito la capacità di ricevere per donazione.

La nascita diventa quindi una “condicio sine qua non” che conferisce una capacità giuridica provvisoria al concepito. Quest’ultimo è, secondo l’ordinamento giuridico, portatore di interessi meritevoli di tutela .

È necessario sapere che il concepito, anche se non acquisisce capacità giuridica, è considerato un soggetto di diritto. Egli è infatti,  titolare di molteplici interessi personali che vengono riconosciuti sia dall’ordinamento nazionale che sovranazionale.

Al concepito spetta il diritto alla vita e alla salute, all’onore e all’identità personale, ad una nascita sana.

Questi diritti hanno tutti il presupposto che debba verificarsi la nascita del concepito per il loro riconoscimento.

Il nostro ordinamento ha aperto numerosi dibattiti in relazione alla condizione del concepito infatti sono molte le norme che tutelano lo stesso in caso di aborto e fecondazione assistita.

QUANDO E’ POSSIBILE ADOTTARE UN BAMBINO DA SINGLE?

Quando si parla di adozione si fa riferimento alla creazione di un rapporto tra persone non legate tra loro da vincoli di sangue.

Molto spesso, si pensa che l’adozione sia riservata solamente alle coppie sposate. Ciò è vero fino ad un certo punto. Esistono infatti dei casi particolari in cui anche una persona single può chiedere al giudice di prendersi cura di un bambino. Questa possibilità è ammessa solo in ipotesi previste dalla legge.

Chi non è coniugato può adottare:

  • un minore orfano. In questo caso, è necessario che l’adottante sia un parente entro il sesto grado oppure un estraneo che ha costruito con il bambino un rapporto stabile e duraturo, molto prima che morissero i suoi genitori.
  • un bambino affetto da handicap grave;
  • quando ricorre l’impossibilità di affidamento preadottivo. In pratica, i genitori biologici sono sì incapaci di prendersi cura del proprio figlio, ma non ci sono i presupposti per la dichiarazione dello stato di abbandono.

Inoltre è necessario sapere che una persona single potrebbe anche rendersi disponibile per accogliere il minore in affidamento. Infatti, a differenza dell’adozione, l’affido è un rimedio temporaneo la cui finalità è quella di offrire al bambino una famiglia idonea per il tempo necessario ai genitori biologici di superare il momento di difficoltà.

Le persone non coniugate possono anche decidere di adottare un minore straniero orfano. In questo caso le ipotesi di adozione sono le stesse sia per il minore italiano che straniero.

Per adottare un bambino da single occorre depositare una dichiarazione di disponibilità presso il tribunale per i minorenni del distretto dove si trova il minore. Il giudice deve accertare se il richiedente ha la capacità di prendersi cura di un bambino, sia dal punto di vista affettivo che economico.

Una volta che diventa definitivo il provvedimento che pronuncia l’adozione, il minore diventa figlio adottivo dell’adottante e ne assume il cognome.

QUALI SONO I TERMINI DI DECADENZA PER IMPUGNARE UN TESTAMENTO?

Secondo la giurisprudenza il testamento scritto da una persona diversa dal testatore non produce alcun effetto. Proprio per questo motivo esso può essere impugnato in qualsiasi momento.

Se invece ci troviamo di fronte ad un  testamento privo di firma o con firma falsificata da altra persona, siamo in presenza di una causa di nullità del testamento  e anche in questo caso l’impugnazione può essere fatta in ogni momento.

Nei casi appena descritti, quindi, non esistono termini di decadenza se decidiamo di impugnare il testamento, in altri casi invece bisognerà stare attenti alla decorrenza dei termini.

Se ci troviamo di fronte ad un testamento elargito con minaccia, il termine di decadenza per l’azione passa a 5 anni. Essi decorrono dall’apertura della successione ossia dalla morte del testatore.

Se invece, all’interno di un testamento c’è un errore rispetto alla volontà del testatore il termine per impugnare il testamento viziato per errore è di 5 anni decorrenti dall’apertura della successione.

Altro caso da considerare è quello del testamento redatto per inganno

In questa ipotesi la volontà del testatore potrebbe essere viziata dal dolo altrui, ossia da un inganno, da un artificio o un raggiro volto a carpirne la volontà. Anche in questo caso il termine per impugnare il testamento frutto di dolo è di 5 anni decorrenti dall’apertura della successione ossia dalla morte del testatore.

Per quanto riguarda invece il testamento redatto da persona incapace, è considerato valido il testamento di chi è sottoposto ad amministrazione di sostegno.

Ricordiamo che chi decide di fare testamento deve sempre lasciare una quota minima del proprio patrimonio al coniuge e ai figli o, in assenza dei figli, ai genitori in quanto trattasi di eredi legittimari. Ad essi, per legge, spetta sempre una parte del patrimonio e non possono mai essere diseredati.

Nei casi in cui e il testatore viola questo obbligo legislativo, il testamento può essere impugnato entro 10 anni dalla morte.

IL DIRITTO ALL’EREDITA’ DELL’EX CONIUGE IN CASO DI DIVORZIO

Diverse sono le regole in cado di divorzio o separazione. A differenza di quanto avviene in caso di separazione, il divorzio elimina qualsiasi diritto successorio dell’ex, che non è più erede per legge del defunto. Caso contrario accade se siamo in presenza di un testamento dove l’ex coniuge viene nominato erede legittimo del defunto. In questo caso, anche in presenza di divorzio, l’ex marito ha diritto ad accedere all’asse ereditario.

Ma attenzione: se le condizioni economiche dell’ex coniuge del defunto sono particolarmente disagiate, questo potrà richiedere al tribunale di vedersi riconosciuto un assegno periodico alimentare, di natura assistenziale, da porre a carico dell’eredità.

Per poter ottenere tale sussistenza sarà però necessario verificare e provare l’effettivo stato di bisogno dell’ex coniuge, da intendersi come mancanza delle risorse economiche necessarie per soddisfare esigenze essenziali o primarie.

Un altro presupposto da considerare è verificare la titolarità di un assegno divorzile a carico del defunto quando era ancora in vita.

Bisognerà considerare anche se gli obblighi patrimoniali del defunto nei confronti dell’ex erano stati da questo soddisfatti, quando era in vita, mediante un versamento fatto una tantum. In questo caso l’ex coniuge superstite che versi in stato di bisogno non è in possesso dei requisiti richiesti affinché il giudice riconosca il suo diritto a un assegno alimentare a carico dell’eredità.

COSA SUCCEDE ALLA CASSETTA DI SICUREZZA QUANDO IL PROPIETARIO MUORE?

Quando muore l’intestatario di una cassetta di sicurezza, gli eredi devono indicare all’interno della dichiarazione di successione da presentare all’Agenzia delle entrate anche il contenuto della stessa. La cassetta di sicurezza, infatti, fa parte del patrimonio ereditario e contribuisce alla determinazione delle imposte da pagare in sede di successione.

L’apertura della cassetta di sicurezza dopo il decesso del titolare va fatta nel rispetto di specifiche regole contenute nell’art. 1840 del c.c.. Anche nel caso in cui la stessa era cointestata e non del solo defunto.

La giurisprudenza ci dice che se la cassetta è intestata a più persone, la sua apertura è consentita singolarmente a ciascuno degli intestatari salvo diversa pattuizione. E ancora, in caso di morte di uno degli intestatari, la banca che ne abbia ricevuto comunicazione, non può consentire l’apertura della cassetta se non con l’accordo di tutti gli aventi diritto o secondo le modalità stabilite dall’autorità giudiziaria.

Quindi, come per il conto corrente, se uno dei cointestatari muore, l’altro non può liberamente aprire la cassetta, ma è necessario il consenso di tutti gli eredi, degli eventuali legatari e degli eventuali ulteriori cointestatari ancora in vita.

L’art. 48, comma 6, del decreto legislativo n. 346/1990 specifica che all’apertura della cassetta di sicurezza è necessario che sia presente un funzionario dell’amministrazione finanziaria o un notaio che si occupa di redigere l’inventario di quanto rinvenuto all’interno della cassetta.

Si richiede l’intervento del perito qualora si immagini che all’interno della cassetta siano custoditi, oltre al denaro, anche beni di valori che dovranno essere sottoposti ad opportuna valutazione.

Infine ricordiamo che alla dichiarazione di successione deve essere allegato il verbale relativo all’apertura della suddetta cassetta di sicurezza.

LE NOVITA’ SUL CONGEDO PARENTALE PER I LAVORATORI A CUI SONO AFFIDATI I FIGLI

Con la circolare numero 122 del 27 ottobre 2022, l’INPS definisce le novità circa il congedo di paternità e maternità per i lavoratori autonomi, soffermandosi anche sul caso particolare in cui la cura dei figli e delle figlie sia affidata a una persona sola.

Grazie alle novità introdotte, il periodo massimo di congedo parentale che spetta alla madre o al padre con un contratto di lavoro dipendente nel settore privato che si occupa dei figli in via esclusiva è passato da 10 a 11 mesi. Mentre per 9 mesi si ha diritto anche a un’indennità del 30 per cento della retribuzione, per i restanti due mesi, invece, non si ha diritto ad alcuna indennità, ad eccezione di coloro che hanno un reddito inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

Si può usufruire del congedo entro i 12 anni di vita o dall’ingresso in famiglia del bambino o della bambina.

La circolare INPS precisa che: “nel caso in cui sia stato disposto, l’affidamento esclusivo del figlio a un solo genitore, a quest’ultimo spetta in via esclusiva anche la fruizione del congedo indennizzato riconosciuto complessivamente alla coppia genitoriale. In quest’ultimo caso, l’altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato e il provvedimento di affidamento è trasmesso all’INPS a cura del Pubblico Ministero”.

Il recepimento della direttiva UE 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza che ha preso forma con il decreto legislativo n. 105 del 30 giugno 2022 ha introdotto importanti novità sul congedo parentale rivedendo in più punti il Testo Unico sulla maternità e paternità.

Le novità sono entrate in vigore dallo scorso 13 agosto. Un’attenzione particolare è stata riservata proprio alla madre o al padre che si trova a prendersi cura dei figli o delle figlie senza l’altro genitore.

Come già precisato dall’INPS con il messaggio n. 3066/2022, non sono stati ancora fatti gli aggiornamenti informatici necessari per adeguare la procedura di domanda alle novità.

È in ogni caso già possibile beneficiare delle tutele nella loro versione più ampia presentando richiesta al proprio datore di lavoro e regolarizzando successivamente l’istanza tramite il portale INPS.