Archivio per Categoria CONSULENZA PENALE E AMMINISTRATIVA

COSA SUCCEDE AL LEGALE CHE VIOLA IL DOVERE DI INFORMARE IL PROPRIO CLIENTE?

La recente giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense ha rammentato che l’obbligo di diligenza da osservare nell’adempimento dell’incarico impone all’avvocato di assolvere, sia all’atto del conferimento dell’incarico che nel corso del suo svolgimento, ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, rappresentando tutte le questioni di fatto e di diritto ostative al raggiungimento del risultato (CNF 34/2021), l’onere della prova della condotta incombe sul professionista, in quanto deve ritenersi insufficiente il rilascio da parte del cliente di procure necessarie all’esercizio dello ius postulandi.

L’art. 27 del Codice di deontologia forense prevede l’obbligo dell’avvocato di informare il cliente anche in ordine ai percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, alle iniziative assunte e alle ipotesi di soluzione.

Il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 95/2022 conferma la sanzione irrogata all’avvocato, che ha intrapreso arbitrariamente l’azione di merito per responsabilità medica dopo l’ATP anche se la cliente dichiara di aver comunicato la volontà di volersi prendere una “pausa di riflessione “per decidere se proseguire o meno con l’azione giudiziaria. Travalicati in questo modo i limiti del mandato e violato il dovere di informazione che grava sull’avvocato ai sensi dell’art. 27 del Codice di Deontologia Forense. Corretta la sanzione della sospensione dall’attività per un anno.

Una signora presenta un esposto al Coa di Messina e racconta di essersi rivolta a un avvocato per farsi difendere in una causa di malasanità. L’avvocato, a suo dire, ha intrapreso inizialmente una procedura di mediazione e poi una causa civile, anche se la stessa ha conferito mandato al professionista solo in ordine a un accertamento tecnico preventivo.

Al termine dall’istruttoria il Consiglio Distrettuale di Disciplina contesta al legale la violazione degli articoli 9, 10 e 50 del Codice deontologico per aver intrapreso azioni per le quali la cliente non aveva conferito mandato, falsificando a tal fine addirittura la firma della signora e travalicando quanto stabilito nel mandato difensivo.

Il difensore veniva quindi condannato alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di un anno.

L’avvocato nel ricorrere al CNF chiede la riforma della decisione per mancata e completa valutazione delle prove prodotte e per assente volontarietà dell’azione.

Il legale sostiene di aver agito con correttezza perché la procura conferita era generale e non limitata all’accertamento tecnico preventivo. Da qui la legittimazione ad avviare anche la successiva fase di merito. Eccepisce poi il difetto di volontarietà dell’azione, perché non ha introdotto in giudizio, in modo consapevole o inconsapevole, atti falsi, stante il conferimento, come già ribadito, della procura generale.

Il CNF respinge impugnazione dell’avvocato perché infondata.

Provato infatti il rilascio della procura alle liti limitatamente al procedimento di accertamento tecnico preventivo visto che la cliente, dopo il deposito della relazione medica, ha comunicato al difensore di volersi prendere una “pausa di riflessione” per decidere se proseguire o meno l’azione.

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LE SANZIONI PER L’USO DEL CELLULARE IN AUTO

L’articolo 173 del Codice della Strada disciplina chiaramente che è vietato al conducente di “far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici ovvero di usare cuffie sonore”.

Lo stesso Codice disciplina anche che è possibile ricorrere all’utilizzo “di apparecchi a viva voce o dotati di auricolare purché il conducente abbia adeguate capacità uditive ad entrambe le orecchie”. Ma attenzione: durante l’utilizzo di questi sistemi, lo smartphone non va tenuto in mano dal momento che per la guida è necessario avere entrambe le mani libere.

Il cellulare in auto può essere utilizzato, purché con gli auricolari (solo su un orecchio, l’altro deve essere libero) o con il dispositivo Bluetooth o un altro sistema a vivavoce con comandi vocali.

La sincronizzazione con il dispositivo vivavoce deve essere fatta quando si è ancora fermi, prima di avviarsi.

Ridurre le fonti di distrazione mentre siamo alla guida è fondamentale per evitare incidenti stradali e l’uso del cellulare in auto è sicuramente uno dei comportamenti scorretti che possono mettere più a repentaglio la nostra sicurezza e quella degli altri.

Ma quali sono le sanzioni che vengono adottate a causa di un simile comportamento da parte del conducente?

La recente riforma del Codice della Strada ha ampliato il divieto a computer, notebook, tablet e dispositivi analoghi che presuppongano “anche solo temporaneamente l’allontanamento delle mani dal volante“.

I trasgressori vanno incontro a una sanzione pecuniaria che va da 165 a 660 euro, alla quale si aggiunge la decurtazione di 5 punti dalla patente. Le sanzioni non scattano solo se si sta conversando o se si sta chattando, ma per il semplice fatto di avere lo smartphone in mano, perché in questo si distoglie lo sguardo dalla strada.

Ma non solo: se si ripete la stessa infrazione nell’arco di un biennio, scatta la sospensione della patente da uno a tre mesi.

Ricordiamo che l’infrazione va contestata immediatamente dal momento che che l’agente che accerta la violazione deve fermare subito il conducente e notificare il verbale.

Se invece la multa è arrivata a casa, essa è valida solo se il verbale riporta con precisione gli estremi della violazione e i motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata.

La contestazione può infatti essere differita solamente se sia stato impossibile procedere a quella immediata. In caso contrario, si potrà invece presentare ricorso presso il Giudice di Pace competente per territorio. 

Ricordiamo che una simile infrazione può causare anche rincari sull’assicurazione.  La segnalazione avviene anche sul proprio attestato di rischio, il documento che certifica la storia assicurativa dell’intestatario della polizza, influendo negativamente sull’importo del premio da versare al rinnovo della polizza.

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IN QUALI CASI LA COMPAGNIA ASSICURATIVA NON PAGA?

Molti pensano che una volta sottoscritta una buona assicurazione auto per la responsabilità civile si sia protetti in qualsiasi caso, indipendentemente dalla colpa che si possa avere nel sinistro.

Purtroppo questo non è del tutto vero. Esistono infatti alcune clausole specifiche che possono prevedere un contributo dell’assicurato al risarcimento del danno. Parliamo, in questo caso, di diritto di rivalsa.

Per quest’ultimo si intende il diritto della compagnia assicurativa a recuperare nei confronti del contraente quanto pagato a terzi per danni da lui causati in determinate condizioni, così come previsto da contratto.

Ci riferiamo a tutte quelle situazioni in cui ci sia stata una grave mancanza o si sia verificato un comportamento scorretto dell’assicurato che ha causato il sinistro. Pensiamo, ad esempio, alla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

Ma in quali altri casi l’assicurazione potrebbe chiederci di risarcire una parte dei danni ?

  • Guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti.

In questi casi è lecito che la compagnia assicurativa chieda all’assicurato di risarcirla di una parte di quanto pagato alla controparte. Le tipologie di rivalsa applicate sono diverse in base alle compagnie e al contratto sottoscritto.

Molte assicurazioni prevedono una rivalsa limitata, ovvero si fanno carico del risarcimento del danno solo per la parte eccedente una determinata quota  mentre il resto rimane a carico dell’assicurato. Nella maggior parte dei casi queste limitazioni si applicano solo al primo sinistro provocato da alcool o droghe, mentre dal secondo in poi l’intero risarcimento sarà a carico dell’assicurato. Alcune compagnie, addirittura, prevedono la totale esclusione dal risarcimento fin dal primo sinistro.

  • Patente scaduta o conducente non abilitato

Alcune assicurazioni rinunciano alla rivalsa in caso di patente scaduta da meno di 12 mesi, a condizione che venga rinnovata entro 45 giorni dal sinistro.

  • Veicolo soggetto a fermo amministrativo

La compagnia potrebbe rivalersi sull’assicurato per i danni risarciti alla controparte di un eventuale sinistro da te provocato.

  • Trasporto di passeggeri in soprannumero

Se sulla carta di circolazione del  mezzo c’è indicato che può trasportare fino a 5 persone, se se ne fanno salire 6 o più e si provoca un incidente anche lieve la compagnia chiederà il risarcimento di quanto corrisposto per eventuali lesioni ai passeggeri in eccesso.

  • Dichiarazioni false in fase di stipula del contratto

Tutte le informazioni fornite in fase di sottoscrizione di una polizza assicurativa servono alla compagnia per determinare il livello di rischio del profilo dell’assicurato e calcolare così il premio. Se vengono fornite informazioni false questo potrebbe rivalersi sul conducente in caso di sinistro con colpa.

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COSA SUCCEDE IN CASO DI UN INCIDENTE CAUSATO DA UN ANIMALE?

Secondo quanto citato dal Codice della strada «il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile».

La condotta di un automobilista, quando si trova in una zona in cui può spuntar fuori da un momento all’altro un animale selvatico, deve essere alquanto prudente.

Se, ad esempio, in un certo punto della strada, precedente a quello in cui avviene l’avvistamento, è stato collocato l’apposito cartello di pericolo che segnala la presenza in zona di animali selvatici, in caso di incidenti, l’automobilista potrebbe non aver diritto ad alcun risarcimento se la propria guida non è stata attenta.

Quindi l’incidente con animale può essere colpa del conducente, almeno in parte, quando egli non adotta le dovute cautele pur essendo stato avvertito dal segnale di pericolo.

Infatti, non bisogna dare per scontato il risarcimento del danno da incidente stradale causato da un animale. Non è possibile, quindi, chiedere all’ente pubblico proprietario della strada di recitarla completamente, dal primo all’ultimo chilometro per evitare un sinistro.

Questo significa che non c’è diritto al risarcimento del danno subito da chi va a impattare contro l’animale o, per evitare di investirlo, contro il muro di contenimento. Anche se il conducente o uno dei passeggeri riportano nello schianto delle lesioni personali permanenti.

Secondo, infatti, una sentenza della Corte d’Appello, si può evitare che un animale selvatico finisca in mezzo alla carreggiata «solo ricorrendo alla recinzione di tutte le strade in modo continuativo», cosa, però, «non suscettibile di pratica attuazione e, quindi, inesigibile». Va da sé che se non si può pretendere dal proprietario della strada una responsabilità del genere, non si può nemmeno chiedere di avere un risarcimento.

Diversamente la Cassazione ha stabilito che, in caso di incidente stradale causato da animali selvatici, c’è il risarcimento per l’automobilista e che deve essere pagato dall’ente proprietario della strada stessa, che si tratti di Comune, Provincia o Regione.

Secondo la Corte, infatti, l’automobilista che rimane vittima di un incidente a seguito del passaggio improvviso di un animale ha diritto ad essere risarcito dalla Pubblica amministrazione a norma dell’articolo del Codice civile.

«Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito».

Attenzione però: bisogna valutare differentemente il caso in cui che l’animale sbucato all’improvviso sulla carreggiata è di proprietà di un privato che non ha controllato la recinzione in cui lo tiene in custodia e che, quindi, non ha impedito la sua fuga.  Non trattandosi di una specie selvatica protetta, la responsabilità ricade sul privato che è chiamato a pagareil risarcimento.

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MULTA ZTL: COME CONTESTARLA?

La multa all’interno di zone a traffico limitato (ZTL) viene effettuata attraverso sistemi di rilevazione di telecamere. Dunque l’automobilista riceve la contravvenzione direttamente presso l’indirizzo della propria residenza per conto del Comune.

È necessario sapere che la raccomandata con la multa deve essere spedita entro 90 giorni da quando è stata commessa l’infrazione. In difetto di questo presupposto la multa è nulla e può essere impugnata.

La data a cui fare attenzione è la data di spedizione e non quella di notifica al cittadino trasgressore.

La sanzione per passaggio in zona ZTL va da un minimo di 80 euro a un massimo di 332 euro.

Se si decide di pagare entro 5 giorni da quando la multa viene notificata, si può usufruire dello sconto del 30% applicato sul minimo, ossia su 80 euro.

Questa riduzione non è possibile se si decide di procedere con il ricorso al giudice.

Se invece il conducente paga dopo i 5 giorni ma nei primi 60 giorni è tenuto a corrispondere la multa in misura ridotta, ossia 80 euro più le spese di notifica.

Per il pagamento dopo 60 giorni, si deve corrispondere un importo pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa (ossia la metà di 332 pari a 166 euro) più le spese di procedimento e notifica. Successivamente, ogni sei mesi scattano gli interessi del 10%.

Per quanto riguarda i punti decurtati dalla patente, il passaggio nelle zone a traffico limitato non fa perdere alcun punto al conducente. La sanzione è prettamente di tipo amministrativo.

Ma come contestare una multa per passaggio in zona a traffico limitato?

Il conducente che vuole procedere al ricorso ha, come in tutti gli altri casi per violazione del codice della strada, due alternative:

  • ricorrere entro 30 giorni al Giudice di Pace;
  • spedire al Prefetto entro 60 giorni un atto di ricorso.

Nel primo caso bisognerà sostenere i costi del contributo unificato (pari a circa 40 euro) e partecipare alle udienze; se tuttavia si perde, il giudice conferma l’importo minimo della sanzione. Nel secondo caso invece, parliamo di un ricorso completamente gratuito. Tuttavia, in caso di rigetto, l’ordinanza del Prefetto ordina il pagamento della metà del massimo edittale, con conseguente aggravio dell’importo.

In questo caso, nei successivi 30 giorni si può sempre procedere con il ricorso al giudice di pace.

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PORTIERA AUTO APERTA: DI CHI E’ LA RESPONSABILITA’ DEL SINISTRO?

Esiste una specifica norma del Codice della strada che stabilisce cosa succede a chi apre o lascia aperto lo sportello incautamente. Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione, la disattenzione nell’aprire la portiera che fa cadere una moto e provoca il decesso del conducente costituisce il reato di omicidio colposo.

In caso di incidente la legge sancisce il principio della presunzione di pari responsabilità. In pratica, se il giudice non riesce ad accertare la responsabilità di una sola parte, allora dovrà stabilire che tutti i soggetti coinvolti sono ugualmente colpevoli.

Questo principio appena descritto non viene applicato nel caso di sinistro causato dall’apertura improvvisa della portiera. Esiste una specifica norma del Codice della Strada che disciplina il caso in questione.

La giurisprudenza afferma come sia assolutamente vietato aprire le porte di un veicolo o lasciarle aperte senza essersi assicurato che ciò non costituisca pericolo o intralcio per gli altri utenti della strada.

La violazione di questa norma è punibile con una sanzione amministrativa da 42 a 173 euro.

Quindi nell’ipotesi di sinistro causato da una portiera aperta si presume che la responsabilità sia proprio di chi ha aperto lo sportello, dal momento che c’è stata una condotta poco negligente.

È quindi confermato che chi lascia la portiera aperta oppure la apre all’improvviso causando un incidente deve risarcire i danni.

Ma attenzione: se però dall’incidente dovessero derivare danni alla persona, c’è il rischio che si incorra in responsabilità penale.

Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione infatti, risponde di omicidio colposo l’automobilista che ha parcheggiato la vettura e ha aperto lo sportello anteriore senza essersi assicurato che ciò non costituisse pericolo per gli altri utenti della strada, causando così la caduta di una moto e la conseguente morte del motociclista.

Per cui prima dell’apertura dello sportello della propria autovettura è sempre bene controllare, tramite gli specchietti retrovisori, il sopraggiungere di altri veicoli sulla carreggiata, al fine di evitare sinistri.

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NUOVE REGOLE PER L’UTILIZZO DEI MONOPATTINI

Con il decreto infrastrutture n. 121/202 cambiano i requisiti dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica, che oltre alla potenza non superiore ai 50 Kw e all’assenza di poste a sedere, dovranno avere un segnalatore acustico, un regolatore di velocità e la marcatura CE.

I monopattini che non saranno in possesso di queste caratteristiche non potranno circolare.

Chi circola con un monopattino che non ha i requisiti sopra indicati è soggetto inoltre a una multa da 100 a 400 euro e alla sanzione amministrativa accessoria della confisca del monopattino.

Dal 2022 questi monopattini dovranno avere anche indicatori luminosi di svolta e di freno su entrambe le ruote. Per quelli già in circolazione scatta l’obbligo di adeguamento entro e non oltre il 1° gennaio 2024.

Previa delibera della Giunta Comunale potranno essere attivati servizi di noleggio dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica, anche in modalità free floating.

La delibera dovrà però stabilire il numero massimo di licenze, il numero massimo dei monopattini che potranno circolare, l’obbligo della copertura assicurativa per chi effettuerà il servizio di noleggio, le modalità di sosta consentite ed eventuali limiti alla circolazione.

Trascorsi 30 minuti dopo il tramonto e per tutto il periodo in cui ci sarà buio chi circolerà con un monopattino dovrà indossare il giubbotto e le bretelle retroriflettenti ad alta visibilità. Da mezzora dopo il tramonto inoltre i monopattini, durante il periodo dell’oscurità e comunque quando le condizioni lo richiederanno potranno circolare su strada pubblica solo se dotati anteriormente di una luce bianca o gialla fissa e di una luce posteriore rossa fissa, entrambe accese e funzionanti. I monopattini elettrici devono inoltre essere muniti di catadiottri rossi posteriori.

Viene fissata a 14 anni l’età minima per poter utilizzare i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica. Per questi soggetti però, a differenza di coloro che hanno già compiuto i 18 anni, è previsto l’obbligo di indossare un casco protettivo conforme alle norme tecniche armonizzate .

È severamente vietato trasportare sui monopattini persone, animali o oggetti, trainare veicoli, frasi trainare o condurre animali.

Vietata anche la circolazione sui marciapiedi, in cui il monopattino può essere condotto a mano.

Vietato circolare contromano ad eccezione che sulle strade con doppio senso ciclabile.

I monopattini dovranno essere condotti sempre con due mani, sarà consentito staccare la mano dal manubrio solo per il tempo necessario a segnalare la svolta se il mezzo non sarà dotato dell’indicatore di direzione.

Viene inoltre introdotto il limite dei 6 km/h quando si circola nelle aree pedonali e dei 20 in tutti gli altri casi visti sopra.

Chi viola tutti i limiti suddetti sarà soggetto a una sanzione che varia da 50 a 250 euro.

Non si potrà sostare a bordo del monopattino sui marciapiedi a meno che il Comune non individuerà aree apposite le cui coordinate GPS dovranno essere consultabili sul sito del Comune. I monopattini potranno sostare però nelle aree destinate al parcheggio dei velocipedi, dei ciclomotori e dei motocicli.

Chi violerà il divieto si sosta sarà soggetto alla sanzione prevista per la sosta vietata dei ciclomotori e dei motoveicoli da euro 41 a euro 168.

Chi offrirà servizi di noleggio dei monopattini dovrà acquisire la foto del mezzo alla fine del noleggio per contrastare il fenomeno dei parcheggi selvaggi e irregolari. In accordo con i Comuni inoltre dovranno anche organizzare campagne informative per educare all’uso corretto del monopattino e inserire nelle app in dotazione per il noleggio le regole fondamentali di utilizzo del mezzo, ricorrendo a tutti gli strumenti tecnologici più idonei a supportare il rispetto delle regole.

I monopattini nel rispetto del limite dei 50 km/h potranno circolare solo sulle strade urbane, nelle aree pedonali, su percorsi pedonali e ciclabili, su corsie ciclabili, su strade con priorità ciclabile, su piste ciclabili con sede propria o sua corsia riservata e infine dovunque è consentita la circolazione dei velocipedi.

La normativa che riforma le regole per i monopattini prevede infine che il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in collaborazione con il Ministero dell’Interno e con quello dello sviluppo economico, avvierà un’istruttoria per verificare se sarà necessario introdurre l’obbligo assicurativo per la responsabilità civile contro i danni a terzi anche in relazione alla circolazione dei monopattini elettrici.

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PARCHEGGIO ABUSIVO SU PROPIETA’ PRIVATA: COSA FARE?

La tematica del parcheggio abusivo su un’area privata non è semplice da trattare.

Possiamo però affermare con certezza che, in questi casi, le forze dell’ordine non possono intervenire in alcun modo e non possono prescrivere delle multe. Essi, infatti, non hanno alcun potere all’interno delle aree private.

Se parliamo di una zona espressamente individuata come proprietà privata attraverso l’apposizione di adeguata segnaletica e cartelli, coloro che vedono leso il proprio diritto di proprietà possono solo rivolgersi al giudice competente per veder tutelati i propri diritti ed essere risarciti del danno eventualmente subito.

Ciò che non si capisce è se sia consentito chiamare un carro attrezzi per far rimuovere il veicolo all’interno della zona privata.

C’è chi ritiene che tale decisione configuri una forma di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e chi, invece, afferma che si tratti di un esercizio di legittima autotutela o difesa privata del possesso.

Quello che sappiamo con certezza è che, se si parla di abbandono di veicolo su suolo privato, le cose cambiano.

In questo caso sarà possibile chiedere e ottenere la rimozione del mezzo. È necessario, però, che il veicolo si trovi in condizioni talmente compromesse da far ritenere, senza alcun dubbio, che si tratti di rifiuto.

Tuttavia, è bene sottolineare che, anche se gli agenti non possono intervenire all’interno di un’area privata per multare un veicolo, gli automobilisti che sfruttano le aree private per poter posteggiare le loro macchine possono essere condannati penalmente.

Infatti, la sentenza n. 22594/2022 la Cassazione disciplina come “integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo l’accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione» .

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MULTA PER AURICOLARI ALLA GUIDA: IN QUALI CASI?

L’articolo 173 del Codice della Strada disciplina che all’automobilista è vietato “far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici, smartphone, computer portatili, notebook, tablet e dispositivi analoghi che comportino anche solo temporaneamente l’allontanamento delle mani dal volante ovvero di usare cuffie sonore”.

È invece possibile ricorrere all’utilizzo “di apparecchi a viva voce o dotati di auricolare purché il conducente abbia adeguate capacità uditive ad entrambe le orecchie”.

Al fine di una corretta guida è necessario avere entrambe le mani libere. È dunque importante che, quando utilizzato, l’apparecchio telefonico non vada tenuto in mano.

Molti automobilisti non sanno che anche l’uso degli auricolari, se fatto in modo improprio, può comportare il rischio di violazione del Codice della Strada. Sono sempre più in aumento le multe per infrazioni di questo tipo.

Le cuffie, se utilizzate per ascoltare musica, provocano un effetto isolante e impediscono all’automobilista di sentire i rumori esterni. In questo modo aumenta sempre più il rischio di incidenti.

Pertanto, è consentito l’uso degli auricolari alla guida solo se indossati su un solo orecchio così da continuare ad avere una piena capacità uditiva con l’altro orecchio.

In questo modo il conducente sarà infatti in grado di mantenere il controllo sulla strada, senza compromettere o ridurre la capacità di sentire i rumori esterni e quindi di sapere ciò che accade nell’ambiente circostante.

Dunque un vigile può prescrivere una multa al conducente che parla al telefono mediante gli auricolari, se presenti su entrambe le orecchie.

È bene precisare che l’uso di ambo le cuffie è invece consentito ai conducenti di veicoli delle Forze Armate, ai corpi di Polizia così come ai conducenti di veicoli adibiti ai servizi di strade, autostrade e al trasporto di persone per conto di terzi.

La multa che si rischia per utilizzo improprio di auricolari va dai 165 euro ai 660 euro con una decurtazione di 5 punti sulla patente.

Ma non basta: è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi, se l’automobilista ha già compiuto la medesima infrazione nei due anni precedenti.

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MANCATO PAGAMENTO DEL BOLLO AUTO: QUANDO ASPETTARSI LA CARTELLA ESATTORIALE?

Il bollo auto è una tassa che tutti gli automobilisti sanno di dover pagare ogni anno.

Si tratta di un’imposta regionale il cui importo varia in base a determinati fattori quali la regione di residenza, la cilindrata dell’auto, l’impatto ambientale del veicolo.

Ogni vettura di proprietà, a prescindere dalla circolazione dell’auto, è soggetta al pagamento del bollo.

Il mese di riferimento per il pagamento è quello che corrisponde all’immatricolazione del veicolo. Se la data annuale per il pagamento del bollo auto scade, il proprietario dovrà pagare l’imposta comprensiva di more ed interessi.

Capita spesso che l’automobilista dimentichi di pagare il bollo auto. In questo caso potrebbe arrivare la cartella esattoriale comprensiva di more ed interessi.

Chi non ha pagato il bollo auto ha un anno di tempo per mettersi in regola con i pagamenti, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso, pagando in questo modo le sanzioni e gli interessi in modalità ridotta.

Una volta passato questo lasso di tempo, l’Agenzia delle Entrate provvede all’invio della cartella esattoriale a cui il proprietario dovrà rispondere sistemando la propria posizione con il fisco. Se questo non verrà fatto entro 60 giorni dalla ricezione della cartella esattoriale, le conseguenze possono essere gravi.

In questi casi, infatti, è previsto il fermo amministrativo dell’auto.

È importante ricordare che non tutte le automobili sono soggette al pagamento di questa tassa. Sono esenti dal pagamento del bollo i beneficiari della Legge 104, vale a dire le persone affette da handicap accertato e le auto storiche.

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