Archivio per Categoria CONDOMINIO

DIRITTO ALLA PRIVACY IN CONDOMINO: COSA RISCHIA L’AMMINISTRATORE?

Anche in condominio deve essere tutelato il diritto alla privacy. Tuttavia si deve tener conto della sicurezza comune, dalla condivisione degli stessi spazi e delle risorse economiche.

Questo vuol dire che ci sono alcuni dati che devono essere accessibili ai residenti dello stabile come, ad esempio, le generalità del titolare dell’immobile o lo stato dei pagamenti dello stesso, l’eventuale voto esercitato nel corso di una precedente assemblea.

Il responsabile del trattamento dei dati è l’amministratore. Ed è proprio questa responsabilità che, se non saputa gestire correttamente, potrebbe fondare la richiesta di risarcimento per chi dovesse vedere le proprie informazioni personali rivelate a soggetti privi di alcun interesse.

Ma quali sono le informazioni che l’amministratore può fornire in merito ai singoli condomini senza violare la loro privacy?

Egli deve innanzitutto consentire a ciascun condomino l’accesso alla documentazione contabile condominiale.

In ogni caso, l’amministratore non può mai rivelare dati sensibili dei condomini quali lo stato di salute, l’orientamento sessuale, le convinzioni religiose, ecc.

I dati dei singoli condomini sono custoditi nell’anagrafe condominiale, un registro che deve essere custodito dall’amministratore. Ma questi non ne è proprietario, infatti, la titolarità del registro è di tutto il condominio, quindi anche dei singoli condomini che vi possono accedere in qualsiasi momento senza doverne motivare le ragioni.

L’amministratore è tenuto a comunicare ai condomini che gliene facciano richiesta i nomi dei morosi, di chi cioè non è in regola con i pagamenti. Tali nomi possono essere comunicati anche nel corso dell’assemblea, a patto però che, alla stessa, non partecipino soggetti esterni al condominio.

Spesso accade che, all’atto delle trattative per l’acquisto di un appartamento, l’acquirente voglia conoscere lo stato dei pagamenti delle quote condominiali relative all’unità immobiliare in questione. Ciò perché egli sarà responsabile, in solido col venditore, per tutti i debiti relativi all’anno in cui il rogito viene comunicato all’amministratore e a quello precedente. Ma tale informazione non gli può essere rivelata dall’amministratore, essendo l’acquirente ancora un soggetto estraneo al condominio. Quindi l’amministratore, per non violare la privacy del venditore, dovrà rilasciare l’attestazione solo a quest’ultimo, che a sua volta la consegnerà all’acquirente.

Ancora è necessario sapere che non è possibile affiggere in bacheca avvisi per il pagamento delle quote con l’indicazione dei condomini che ancora non hanno regolarizzato la propria posizione. La bacheca infatti è di norma collocata in un luogo accessibile a tutti, anche agli estranei, sicché le informazioni in essa contenute devono preservare la privacy dei condomini da occhi indiscreti.

Allo stesso modo, la bacheca non può contenere l’indicazione dell’ordine del giorno di un’assemblea se in esso vi è il riferimento a uno o più condomini.

Se da un lato il singolo condomino può sì installare telecamere di sicurezza private a tutela della propria abitazione, queste non possono tuttavia inquadrare gli spazi comuni a meno che non si tratti di un impianto di videosorveglianza condominiale, voluto dall’assemblea.

I diritti che consentono limitazioni alla privacy dei condomini spettano solo ai condomini stessi e non ai terzi che, a seguito di un contratto di affitto, abbiano la detenzione dell’immobile. Questi infatti non possono essere considerati “condomini”.

L’illecito commesso dall’amministratore che viola la privacy dei condomini dà diritto alla vittima a esigere il risarcimento del danno a seguito di una causa civile. Attenzione però: l’amministratore potrebbe essere condannato anche penalmente.

NON E’ POSSIBILE AFFLIGGERE IN BACHECA I NOMI DEI CONDOMINI MOROSI

La privacy dei condomini viene prima delle esigenze di riscossione del condominio. La Cassazione Di Cassazione, infatti, interviene vietando agli amministrazioni la lista in bacheca di chi non è in regola coi pagamenti.

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’affissione nella bacheca condominiale dei nominativi dei condomini morosi, con le relative posizioni di debito, è illecita.

I giudici della Corte, contrariamente a quanto deciso dal tribunale di primo grado, hanno accolto il ricorso presentato da un condomino napoletano. Il condomino chiedeva l’accertamento della condotta illegittima dell’amministratore, reo di aver pubblicato il suo nome con l’importo delle quote condominiali da lui non ancora versate, nella bacheca del palazzo.

Il comportamento dell’amministratore è stato invece giudicato, dalla Suprema Corte, lesivo della normativa sulla privacy e del diritto alla riservatezza di ciascun condomino, “risolvendosi nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee”.

I giudici hanno sottolineato che “l’affissione, nella bacheca condominiale, del dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino va al di là della giustificata comunicazione dell’informazione ai soggetti interessati”, determinando un’indebita diffusione dei dati personali.

L’amministratore, nella sua attività di gestione, è sì legittimato al trattamento delle informazioni contabili dei singoli condomini; è inoltre previsto che tali informazioni, per ragioni di trasparenza, possano essere trasmesse a tutti i partecipanti al condominio. Tuttavia il trattamento dei dati personali, affinché sia lecito, deve avvenire nell’osservanza dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti.

Dunque è illecito esporre negli spazi condominiali, accessibili al pubblico, informazioni sulle singole posizioni debitorie, avvisi di mora o sollecitazioni nominali di pagamento. Le ragioni di riservatezza, nel caso di specie, hanno prevalso sulle esigenze di efficienza e gestione del condominio.

Questa decisione è in linea con un’altra sentenza della Cassazione penale, che aveva sancito la condanna per diffamazione nei confronti di colui che affigge il nome di un condomino, in ritardo con i pagamenti, in un luogo accessibile a un numero indefinito di soggetti estranei al condominio.

E’ POSSIBILE CONTROLLARE IL CONTO CORRENTE CONDOMINIALE SENZA L’AUTORIZZAZIONE DELL’AMMINISTRATORE?

Se un condomino chiede in banca l’estratto conto, questa è obbligata a fornirlo, senza bisogno che ci sia bisogno dell’autorizzazione dell’amministratore di condominio o dell’assemblea condominiale.

L’istituto di credito non può opporsi  usando come scusa la tutela della privacy o la non titolarità del conto. Per legge infatti, ogni singolo proprietario di appartamento è considerato titolare del conto corrente condominiale e può, di conseguenza, avere accesso alla relativa documentazione e agli estratti conto, anche senza l’autorizzazione o la delega dell’amministratore o dell’assemblea.

Non è dunque assolutamente vero che solo l’amministratore, in quanto unico legittimato a operare sul conto, può chiedere informazioni. Non vale neanche la giustificazione secondo cui l’istituto di credito non è in grado di sapere chi sono i condomini e verrebbe meno ai doveri di riservatezza se mostrasse la documentazione a qualcuno che non è intestatario del conto corrente.

Ricordiamo che l’amministratore è il rappresentante ufficiale del condominio, ma ciò non vuol dire che solo lui sia legittimato ad agire e che i singoli condomini non abbiano il potere di muoversi in difesa dei diritti del condominio.

Il condomino che vuole esaminare le scritture contabili, inoltre, non fa danno e non viola la privacy degli altri, poiché la gestione contabile riguarda tutti i partecipanti al condominio.

Per queste ragioni, i condomini, se lo richiedono alla banca, hanno diritto a ottenere la consegna delle copie degli estratti conto.

L’amministratore infatti, in quanto rappresentante, deve rendere conto della sua gestione e ha l’obbligo di mettere a disposizione dei condomini tutta la documentazione riguardante il condominio.

Tuttavia il condomino ha anche un’altra strada per controllare il patrimonio comune ovvero chiedere alla banca di vedere gli estratti del conto corrente.

Al condomino basta mostrare un documento d’identità che attesti il domicilio ed eventualmente una copia del rogito che dimostri che il richiedente è proprietario dell’immobile per avere l’accesso alla visualizzazione dell’estratto conto.

Attenzione però: questa non autorizza il condomino a operare sul conto corrente.

MOTOCICLI NEI CONDOMINI: COME FUNZIONA?

È possibile parcheggiare il proprio motorino nell’androne condominiale?

Attenzione perché potrebbe essere presente nel regolamento condominiale una clausola che vieta di parcheggiare le moto nel cortile o in altri spazi comuni.

Tali disposizioni configurano un vincolo alla proprietà comune.

È necessario sapere che è vietato parcheggiare la moto nel cortile anche in presenza di una clausola vieta di occupare stabilmente le parti comuni con costruzioni ed oggetti di qualsiasi tipo.

Ovviamente la norma che vige nel regolamento può essere sempre modificata ma solo con il consenso unanime di questi ultimi.

Pertanto, l’eventuale tolleranza nei confronti di uno o più condomini che continuano a posteggiare le loro moto in spazi comuni in cui, per espressa previsione di una norma di natura contrattuale, non è possibile parcheggiare, non garantisce ai trasgressori il diritto di continuare a violare il regolamento che può essere sempre fatto rispettare, in qualsiasi momento.

È bene sapere che il regolamento del condominio può prevedere delle sanzioni pecuniarie nei limiti dell’art.70 c.c., per infrazioni a norme regolamentari riferite alle modalità di parcheggio.

Pariamo del pagamento di una somma che va da 200 euro fino a 800 euro.

Se ad irrogare la sanzione al colpevole condomino è l’amministratore, l’irrogazione della sanzione da pagare deve essere decisa dall’assemblea condominiale con il voto favorevole a maggioranza assoluta.

È necessario però tenere conto che la possibilità di irrogare una sanzione sulla scorta della sua previsione in una delibera potrebbe sussistere solo se vi è un’esplicita previsione, a monte, nel regolamento; in difetto, né l’amministratore  né l’assemblea potrebbero avere tale titolarità.

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QUANDO IL CONDOMINIO E’ RESPONSABILE IN CASO DI CADUTA DALLE SCALE?

L’art. 2051 c.c. pone in capo al soggetto che ha il “governo di un bene”, l’obbligo di risarcire i danni causati a terzi dalla cosa custodita, salvo il caso fortuito.

Quindi anche per danni causati nell’androne condominiale, il soggetto danneggiato, una volta provato il nesso causale tra bene in custodia e danno, non deve dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione posseduta dalla cosa; ma resta a carico del custode (dunque il condominio) offrire la prova contraria alla presunzione della sua responsabilità.

Il condominio ha il dovere di eliminare o di segnalare il pericolo connesso all’uso della parte comune; il condomino o il terzo non può utilizzare in modo imprudente il bene condominiale, al punto che l’imprudenza del danneggiato, che abbia riportato un danno a seguito di un’impropria utilizzazione, può anche integrare il caso fortuito.

L’art. 1227 c.c., comma 1, richiede una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela; in altre parole quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno.

Per ottenere un risarcimento, è dunque necessario porre in evidenza il fatto di essere stati nell’oggettiva impossibilità di prevedere il rischio e di evitarlo.

Ma attenzione: non è possibile limitarsi a dimostrare il fatto in sé, cioè la caduta e i danni fisici subìti, ma si deve anche provare che il danno è stato determinato da un fattore insidioso e nascosto. La conoscenza dello stato dei luoghi esclude poi ogni responsabilità in capo al condominio, con conseguente esonero dal risarcimento del danno.

Alla luce di quanto detto, quindi, non è possibile parlare di responsabilità del condominio per la caduta di un individuo su un gradino rotto già da tempo, se l’amministratore, su segnalazione di altri condomini, aveva provveduto a segnalare il pericolo.

 Nel caso, invece, di caduta avvenuta sulle scale condominiali con gradini bagnati per effetto della pioggia, si può parlare di un pericolo non segnalato e non prontamente rimosso dalla collettività condominiale. Si potrebbe parlare, però, di un concorso di colpa dell’infortunato che avrebbe dovuto usare una maggiore cautela nello scendere le scale.

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SCHIAMAZZI ALL’INTERNO DI UN CONDOMINIO: QUANDO SCATTA LA DENUNCIA?

Secondo l’articolo 659 del Codice penale  che parla di «Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone»,  si può parlare di illecito penale in quanto il rumore è avvertibile potenzialmente da un numero indeterminato di persone. Non importa quanti condomini si lamentano ciò che conta, è che lo schiamazzo possa arrivare all’orecchio di molti soggetti e non solo di quelli confinanti con il vicino rumoroso.

Ciò che conta è la potenziale diffusione del rumore, indipendentemente da quante persone poi vengono effettivamente molestate.

Un esempio può essere dato dall’organizzazione di una festa sulla terrazza, con musica alta, quando questa può essere sentita da tutti i condomini dello stabile, anche se gran parte di questi non si lamentano.

Ciò che tutela, infatti, la norma penale è la quiete pubblica ossia quella della collettività.

Come comportarsi, allora, in caso di schiamazzi e disturbo della quiete pubblica?

Il reato di disturbo della quiete pubblica è procedibile d’ufficio. Dunque non è necessaria la denuncia del privato e nemmeno una raccolta firme da parte dei soggetti molestati.

Questo vuol dire che le autorità competenti possono muoversi autonomamente se vengono a conoscenza del reato.

Queste ultime possono accertare l’illecito tramite le prove testimoniali dei residenti. Anche lo stesso intervento di polizia o carabinieri, che abbiano ascoltato il frastuono, è un elemento più che sufficiente per l’incriminazione: essendo questi pubblici ufficiali, le loro attestazioni riportate nel verbale fanno piena prova e possono da sole giustificare una condanna penale.

Ricordiamo che è possibile incriminare anche un minorenne che abbia compiuto almeno 14 anni. In questo caso i genitori del minore saranno tenuti solo a risarcire i danni, non potendo questi gravare su un soggetto con meno di 18 anni.

Le sanzioni penali per questo reato consistono nell’arresto fino a 3 mesi e nell’ammenda fino a 309 euro.

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E’ POSSIBILE IMPEDIRE AI CONDOMINI DI AVERE ANIMALI DOMESTICI IN CASA?

In merito alla detenzione di animali in casa, il Codice civile è molto chiaro:

  • quando in un edificio ci sono più di dieci condomini, deve essere fatto un regolamento con norme sull’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese. Il regolamento assembleare deve essere approvato dall’assemblea con il voto della maggioranza assoluta.
  • le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici.

Questo principi è valido solo negli edifici dove il regolamento condominiale è stato approvato a maggioranza dall’assemblea. In questo caso, nessun altro condomino può vietare ad una persona che occupa uno degli appartamenti di avere con sé un cane, un gatto o un altro animale domestico nelle proprie aree di proprietà privata.

Se, invece ci troviamo di fronte ad un condominio in cui vige un regolamento contrattuale, le cose cambiano.

Quando si parla di regolamento contrattuale parliamo di un atto che è stato redatto dal costruttore dell’edificio e poi recepito nell’atto di acquisto di ogni unità immobiliare oppure di un regolamento che è stato approvato all’unanimità (e non a maggioranza) dall’assemblea.

Risulta lecito il divieto di possedere animali domestici contenuto all’interno del regolamento contrattuale se così è stato previsto sin dall’origine ed è stato approvato all’unanimità dall’assemblea.

È importante sapere che il regolamento contrattuale può subire delle modifiche ma sarà sempre necessario il voto all’unanimità e non a maggioranza.

Inoltre, in caso di divieto di possedere animali domestici, il regolamento contrattuale deve precisare in modo chiaro quali sono gli animali vietati in condominio. Potrebbe, ad esempio, stabilire che sono vietati solo i cani perché abbaiano, mentre è lecito avere un gatto.

La giurisprudenza quindi, nello stabilire che non è possibile impedire a un condomino di avere in casa un animale domestico, dice di porre attenzione alla  differenza tra regolamento contrattuale e assembleare. Quest’ultimo non può in alcun modo sancire il divieto.

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PUO’ UN CONDOMINO, SENZA AUTORIZZAZIONE ASSEMBLEARE, COLLEGARE LO SPAZIO COMUNE CON QUELLO DI SUA PROPIETA’?

Può un condomino praticare un’apertura nel muro comune per mettere in collegamento un suo locale con una parte comune?

Secondo la giurisprudenza il principio della comproprietà dell’intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare a esso  tutte le modifiche al fine di una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell’esercizio dell’uso del muro e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità e il decoro architettonico del fabbricato condominiale.

Da questo si evince che i condomini proprietari  delle singole unità immobiliari possono utilizzare i muri comuni, nelle parti ad esse corrispondenti, sempre che l’esercizio di tale facoltà, disciplinata dagli artt. 1102 e 1122 c.c., non pregiudichi la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 26/03/2002, n. 4314).

Dunque  l’apertura di varchi e l’installazione di porte o cancellate in un muro ricadente fra le parti comuni dell’edificio condominiale è considerata legittima se si rispettano questi limiti.  

Non si può quindi, sempre parlare di abuso della cosa comune suscettibile di ledere i diritti degli altri condomini. Anzi, anche gli altri inquilini del fabbricato potrebbero fare parimenti uso del muro stesso ai sensi dell’art. 1102 c.c., comma 1.

Ricapitolando, un condomino, nel caso in cui il cortile comune sia munito di recinzione che lo separi dalla sua proprietà esclusiva, può apportare a tale recinzione condominiale, tutte le modifiche che gli consentono di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva. Per fare questo, non è necessario il consenso dell’assemblea condominiale a patto che tale varco non impedisca agli altri condomini di continuare ad utilizzare il cortile.

Contrariamente a quanto detto invece, è sempre da considerarsi vietata, in quanto configurante uso illecito di una cosa comune, l’apertura di una porta sul muro perimetrale di un edificio in condominio per mettere in comunicazione due unità immobiliari appartenenti allo stesso proprietario ma ubicate in due differenti edifici (Cass. civ., sez. II, 19/01/2022, n. 1619).

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IL COSTRUTTORE DI UNO STABILE E’ TENUTO AL PAGAMENTO DELLE SPESE CONDOMINIALI?

Partiamo dall’idea che il condominio  nasce spontaneamente nello stesso momento in cui l’unico proprietario del palazzo o il costruttore vende un solo appartamento. Non è necessaria una delibera, una votazione o un regolamento.

Nel momento in cui nasce il condominio, scatta una regola prevista dal codice civile che obbliga tutti i condomini, anche se sono soltanto due, a partecipare alle spese condominiali in proporzione ai rispettivi millesimi.

Da ciò si evince che anche il costruttore deve pagare le spese di condominio ed è da ritenersi nulla la clausola del regolamento con cui questi si esonera da tale esborso finché non  ha venduto tutti gli appartamenti.

La norma del codice civile che stabilisce la regola della divisione delle spese condominiali secondo millesimi è inderogabile. A meno che tale regolamento non  sia stato approvato da tutti i condomini.

Attenzione però: nei contratti di vendita o nei regolamenti di condominio predisposti dal costruttore e allegati all’atto notarile viene spesso inserita una clausola con cui si prevede espressamente che il costruttore è esonerato dal pagamento di tutte o alcune spese condominiali.

La Cassazione in un primo momento ha parlato di illiceità di tali previsioni in quanto abusive perché imposte sulla parte debole.

Dopo non molto tempo, però, con una sentenza recente, è stata ritenuta valida la clausola di esonero dal pagamento delle spese condominiali predisposta dal costruttore.

Questo accade però se il regolamento condominiale viene approvato all’unanimità.

Spesso però chi vende impone agli acquirenti, al momento del rogito, di accettare anche il regolamento stesso che, in questo modo, risulta essere voluto da tutti anche se con l’inganno.

Se analizziamo bene il codice civile, esso  da un lato dice che le spese condominiali vanno divise per millesimi ma poi stabilisce che ciò vale «salvo diversa convenzione». È possibile quindi un patto contrario, purché approvato all’unanimità.

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E’ POSSIBILE INSTALLARE, ALL’INTERNO DI UN’AREA CONDOMINIALE, UNA TELECAMERA CHE RIPRENDA LA PROPRIA AUTO?

Si può installare una telecamera dall’abitazione e puntarla in direzione della propria auto per disincentivare furti e atti vandalici?

Per stabilire se la telecamera puntata sull’auto viola la privacy degli altri condomini è necessario verificare come l’impianto è stato realizzato. Bisogna valutare l’angolatura dell’obiettivo, fin dove la telecamera riesce a riprendere, quanto questa può influire sulla privacy dei vicini rivelando al titolare dell’impianto i movimenti altrui.

Secondo la giurisprudenza ciascuno è libero di utilizzare un sistema di videosorveglianza privato al fine di proteggere i propri beni come la casa, l’automobile, il garage .

La tutela della proprietà è un diritto riconosciuto tacitamente dalla Costituzione.

Dunque, il sistema di videosorveglianza privata, se posizionato all’interno di un condominio, non deve presentare il cartello con l’indicazione «zona sottoposta a controllo tramite telecamere». L’obbligo del cartello rimane invece per le telecamere installate dal condominio.

Attenzione però: la telecamera non può essere puntata in direzione della proprietà altrui.

In questo caso c’è il rischio di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata punito dall’articolo 615-bis del Codice penale con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

La rimozione della telecamera è dovuta solo se si prova che questa è lesiva alla propria riservatezza. In mancanza di tale prova o se la prova è generica, il giudice non può accogliere la richiesta di rimozione della videosorveglianza che pertanto deve ritenersi legittima.

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