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COME IRROGARE SANZIONI AD UN CONDOMINO?

Secondo l’art. 70 c.c. è possibile applicare sanzioni ai condomini che violano il regolamento.

La sanzione deve essere irrogata dall’assemblea nel rispetto delle maggioranze previste dall’art 1336 c.c. L’amministratore però, se autorizzato dal regolamento, può infliggerle direttamente.

L’articolo citato disciplina che “Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice.”

Le sanzioni pagate dai condomini devono essere devolute al fondo di cui l’amministratore può disporre per le spese ordinarie.

Si può quindi ritenere che, il regolamento condominiale possa autorizzare l’amministratore del condominio ad attivarsi facendo cessare abusi e violazioni e irrogando sanzioni pecuniarie ai condomini responsabili.

Dunque la violazione del regolamento condominiale da parte di un condomino deve essere accertata e debitamente provata attraverso qualunque mezzo consentito dalla Legge. Una volta accertata l’assemblea può deliberare l’applicazione della sanzione pecuniaria.

IL RAPPORTO TRA CONDOMINO E AMMINISTRATORE

Sappiamo tutti bene che il condominio non è una persona fisica. Non è nemmeno una persona giuridica. Esso è considerato centro d’imputazione d’interessi distinto dai suoi partecipanti, ma non un autonomo soggetto di diritto.

La giurisprudenza europea nell’anno 2019 ha affermato che il condominio non può essere considerato nemmeno un consumatore alla luce dell’impossibilità di considerarlo come una persona fisica, ma che nulla vietata ai giudici nazionali di considerare applicabile al condominio la disciplina del diritto dei consumatori nei rapporti con i fornitori.

Dopo le dovute ricerche la Corte ha stabilito che il condominio non può essere considerato amministratore ma, una persona fisica, proprietaria di un appartamento in un immobile in regime di condominio, deve essere considerata un «consumatore», qualora essa stipuli un contratto con un amministratore di condominio ai fini della gestione e della manutenzione delle parti comuni di tale immobile.

Dunque, secondo la Corte di giustizia, il condomino è parte del contratto con l’amministratore.

Da ciò ne discende che i contratti di amministrazione, specie quelli predisposti da società su moduli e formulari, potranno essere oggetto di valutazione sotto il profilo del rispetto del diritto dei consumatori nel rapporto diretto tra amministratore e condomino, sempre che questo sia considerato parte del contratto.

UN CONDOMINIO DEVE NECESSARIAMENTE AVERE UN CODICE FISCALE? 

Non tutti sanno che ogni condominio debba avere un conto corrente e un codice fiscale.

All’interno di esso la nomina dell’amministratore diventa obbligatoria solo se ci sono più di 8 condomini, mentre l’adozione di un regolamento di condominio è necessaria solo se i condomini sono più di 10.

La giurisprudenza ci dice che il condominio minimo non è tenuto ad avere un amministratore e di conseguenza nemmeno un codice fiscale, come anche le tabelle millesimali e il conto corrente.

La circolare 3/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che, in mancanza dell’obbligo di nomina dell’amministratore, non sussiste alcun obbligo del condominio minimo di chiedere l’attribuzione del numero di codice fiscale. L’Agenzia delle Entrate ha anche specificato che in assenza del codice fiscale del condominio, i contribuenti, per beneficiare della detrazione per gli interventi edilizi e per gli interventi di riqualificazione energetica realizzati su parti comuni di un condominio minimo, possono inserire nei modelli di dichiarazione le spese sostenute utilizzando il codice fiscale del condomino che ha effettuato il relativo bonifico.

All’interno di un condominio minimo non ha amministratore, le decisioni vengono prese di volta in volta dai singoli condomini che possono determinarsi per accordare, all’uno o all’altro, all’occorrenza, le azioni necessarie alla conservazione dei beni comuni.

Per quanto attiene alla divisione delle spese, questa avviene sulla base del valore di ogni appartamento, che dovrà comunque essere determinato di volta in volta.

Secondo la giurisprudenza, tuttavia, le scelte richiedono l’unanimità, indipendentemente dai valori millesimali degli appartamenti.

L’ASSEMBLEA DEVE AUTORIZZARE L’APERTURA DI UN B&B IN UN CONDOMINIO?

Spesso accade che il proprietario di un appartamento all’interno di un condominio decida di adibire la propria abitazione a B&B. Si tratta di un fenomeno in forte crescita che permette ai titolari degli appartamenti di guadagnare un maggior reddito.

All’interno del mostro Paese la normativa che disciplina tali strutture ricettive subisce delle differenze da regione a regione, imponendo ai titolari delle attività peculiari limitazioni affinché l’attività sia svolta regolarmente.

Il condomino che decide di aprire tale attività dovrà far conto con le normative stabilite dalla legge, con i regolamenti di pubblica sicurezza o di polizia urbana o di altre autorità amministrative e, infine, da leggi speciali.

Per quanto riguarda eventuali autorizzazioni condominiali, la giurisprudenza ritiene che le attività di affitta camere non comportino un utilizzo diverso degli immobili da quelle che sono le “civili abitazioni” e, dunque, non possano determinare danni per gli altri condomini (cfr. Cass., n. 24707/2014 e n. 704/2015).

Per questo motivo si ritiene che per la costituzione di un “B&B” non occorra l’approvazione dell’assemblea condominiale né sia necessaria alcuna variazione di destinazione d’uso.

È però importante che questo tipo di attività non sia vietata espressamente all’interno del regolamento condominiale e che non comporti un pericolo per i singoli condomini.

Secondo il codice civile, infatti, l’uso dell’appartamento può essere deciso dal proprietario, a patto che questi rispetti il pari diritto degli altri sulle parti comuni ed eviti ogni pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico dell’edificio.

Le legge specifica che le disposizioni contenute nel regolamento condominiale debbano essere espressamente e chiaramente manifestate dal testo o, comunque, debbano risultare da una volontà desumibile in modo non equivoco da esso.

Dunque non ci sono ostacoli alla realizzazione dell’attività ricettiva, salvo le necessarie autorizzazioni amministrative.

Il consiglio è quello di comunicare ugualmente  all’assemblea l’intenzione di aprire un B&B all’interno del proprio appartamento così da agire nella massima trasparenza ed evitare eventuali futuri reclami da parte di altri condomini.

DURANTE LE ASSEMBLEE DI CONDOMINIO SI PUO’ REGISTRARE?

I condomini possono provvedere, durante le assemblee, a registrare le stesse per precostituirsi una prova da presentare in giudizio in caso di problemi?

Secondo una sentenza del 2003 della Cassazione penale, le audio-registrazioni di ciò che accade nel corso di un’assemblea condominiale sono consentite in quanto mera memorizzazione di notizie lecitamente apprese. Infatti anche il Codice Privacy la considera legittima se utilizzata per far valere un proprio diritto. Per quanto riguarda invece la videoregistrazione, questa è possibile invece solo se tutti i partecipanti all’assemblea hanno espresso ciascuno un consenso informato.

La registrazione di un’assemblea condominiale  non può considerarsi un’intercettazione, perché non viene compromesso il diritto alla segretezza della comunicazione. In questo modo il condomino non fa altro che “memorizzare fonicamente le notizie lecitamente apprese dall’altro o dagli altri interlocutori.”

Secondo, invece, la sentenza n. 13818/2019, la registrazione costituisce ” una forma di mera memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente.”

Sempre la sentenza n. 36747/2003 chiarisce la possibilità di utilizzare i risultati delle registrazioni in sede giudiziaria per la tutela di un proprio diritto in quanto non può “fondatamente sostenersi che la divulgazione del contenuto del colloquio da parte di chi lo ha registrato sarebbe inibita dall’art. 15 Cost. , posto che il diritto alla riservatezza, non atteggiandosi, in questo caso, come componente essenziale del diritto alla libertà e segretezza delle comunicazioni, non si pone come valore costituzionalmente protetto e, ove non risulti neppure assicurato da specifiche previsioni della legge ordinaria, cede di fronte all’esigenza di formazione e di conservazione di un mezzo di prova.”

Possiamo dunque concludere che è possibile audio-registrare le conversazioni che avvengono nel corso di un’assemblea condominiale se il risultato delle stesse verrà utilizzato successivamente a difesa di un proprio diritto  .

I DIRITTI DEL DISABILE NEL CONDOMINIO

La Costituzione italiana sancisce il principio di solidarietà sociale secondo il quale le persone bisognose e meno fortunate devono essere maggiormente tutelate.

Ecco perché l’assemblea di condominio ha il potere, anzi il dovere, di assegnare posti auto ai diversamente abili vicino l’accesso al portone di ingresso dell’edificio in cui questi vivono.

In condizioni normali, l’uso esclusivo di un’area del cortile in favore di un solo condomino richiederebbe una maggioranza qualificata: ossia il voto di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio. Non in questo caso. Ovviamente bisogna ritenere che debba prevalere una procedura più favorevole a chi è meno fortunato. Ragion per cui è lecito ritenere valida la delibera che assegna al disabile il parcheggio più vicino al portone anche se approvata a semplice maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà dei millesimi dell’edificio.

Il principio è che il condominio deve garantire il posto auto a tutti. Ma quando lo spazio non è sufficiente a consentire un parcheggio a testa, è necessario adottare un regolamento che preveda un uso rotatorio. Ciò nonostante, il disabile deve essere sempre tutelato di più rispetto agli altri condomini: non solo avendo sempre diritto a un posto auto, ma anche a quello più vicino al portone. Non si può infatti trattare il portatore di handicap al pari degli altri condomini.

Secondo i giudici, quindi, il parcheggio più vicino al portone spetta sempre al disabile. Lo può stabilire l’assemblea a maggioranza dei presenti con metà dei millesimi. Ma se non lo fa spontaneamente, è possibile ricorrere al giudice per imporglielo.

Semmai il condominio non volesse accordare al disabile il posto auto più vicino al portone, o richiedesse a questi di alternarsi con gli altri condomini, l’interessato potrebbe ricorrere al giudice per far condannare il condominio stesso a riconoscergli tale beneficio.

COME VENGONO DIVISE LE SPESE TRA I CONDOMINI PER I DANNI CAUSATI DALLE INFILTRAZIONI DELL’ACQUA

Cosa succede all’interno del condominio se si rompe un tubo dell’acqua o se si presentano delle infiltrazioni?

L’articolo 1117 Codice civile, stabilisce che «sono oggetto di proprietà comune… le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari … e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condòmini, oppure, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche».

Per individuare il condomino a cui addebitare le relative occorre capire se la tubatura in questione sia di proprietà individuale o condominiale.

Quindi, se il punto in cui risulta essere avvenuta la rottura riguarda una tubatura ad utilizzo esclusivo alla proprietà del singolo condomino, tutti i danni derivanti dalla rottura e dalla fuoriuscita dell’acqua saranno addebitabili al singolo condomino e non all’intero condominio.

In questi casi bisognerà valutare anche se il condominio possiede una polizza assicurativa che copri da danni provocati da infiltrazioni.

Ma in che modo devono essere divise le spese in caso di infiltrazioni?

In caso di danni derivanti da tubi d’acqua l’amministratore dovrà ripartire la spesa tra tutti i condomini secondo millesimi di proprietà. Tra questi va considerato anche il condomino danneggiato. Il risarcimento che gli sarà erogato verrà decurtato della sua quota millesimale.

Se il condominio è dotato di assicurazione, la spesa verrà sostenuta dalla compagnia. Si ricorda che a poter agire contro l’assicurazione è solo l’amministratore non il danneggiato che avrà come unico referente solo il condominio. 

SPESE CONDOMINIALI: QUANDO VANNO IN PRESCRIZIONE?

Secondo il  nuovo art. 1129, comma 9, c.c., qualora ci siano dei condomini morosi all’interno di un condominio, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.

Inoltre, l’amministratore è anche tenuto a redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e a convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.

Ma quali sono le spese oggetto di prescrizione?

Tra le spese che possono essere oggetto di riscossione forzosa rientrano anche le spese ordinarie, ovvero i pagamenti periodici relativi alle spese fisse per la pulizia ed ordinaria manutenzione del fabbricato condominiale. Esse hanno un termine di prescrizione di cinque anni ai sensi dell’art. 2948 c.c.

Diversamente invece, le spese straordinarie, hanno un periodo di estinzione di dieci anni ai sensi dell’art. 2946 c.c..

Da quando decorrono i termini di prescrizione?

La legge ci dice che l’obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali

sorge per effetto della delibera assembleare.

C’è invece un’altra parte della giurisprudenza che afferma come l’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese per la conservazione e manutenzione delle parti comuni dell’edificio, sorge soltanto con l’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1135 c.c., n. 3.

Nel 2008 il decreto Calderoli  ha affermato, col D.L. n 112/2008 che il termine quinquennale di prescrizione delle spese condominiali vale sia per i rapporti tra condominio e condomino che per quelli tra conduttore e locatore.

Ovviamente questa legge non ha potuto avere effetto retroattivo, per cui non ha potuto avere effetto sui rapporti giuridici già dissolti.

Ricordiamo che il termine quinquennale di prescrizione decorre dalla data in cui l’assemblea del condominio ha approvato il bilancio consuntivo ed il riparto delle spese tra i condomini. Soltanto in quel momento si potrà formare il debito del condomino o il credito del condominio nei confronti del condomino.

CHE COS’E’ E COME FUNZIONA L’ASSICURAZIONE ALL’INTERNO DI UN CONDOMINIO?

L’assicurazione condominiale è una polizza fabbricati stipulata a copertura totale o parziale dei danni che l’edificio può causare a persone o cose, nonché dei danni che vengono causati da persone o da fattori esterni allo stesso fabbricato.

A seconda delle condizioni stabilite nella polizza, questa può coprire i danni causati o i danni provocati all’edificio;

Nel primo caso, la polizza assume i connotati di una comune assicurazione contro i danni mentre, nella seconda ipotesi, si tratta di una vera e propria assicurazione della responsabilità civile, nel senso che la società assicuratrice si impegna a tenere indenne l’assicurato per i danni da questi prodotti.

Tra i danni provocati dall’edificio rientrano invece tutti quelli causati dalla cattiva manutenzione del fabbricato, come ad esempio le tegole che si staccano dal tetto e colpiscono l’auto parcheggiata in strada, oppure il gradino rotto che provoca una caduta.

In tutti questi casi, l’assicurazione interviene per pagare il risarcimento, se il danno verificatosi rientra all’interno della copertura pattuita tra le parti.

È necessario precisare  che l’assicurazione  è valida per tutti i danni riguardanti le parti comuni. In altre parole, a meno che la copertura non si estenda anche alle singole unità immobiliari di proprietà privata, la polizza fabbricati del condominio copre solamente i beni e i servizi comuni, come ad esempio il cortile, l’ascensore, il tetto, ecc.

L’assicurazione condominio funziona come una qualsiasi altra polizza: una volta verificatosi il sinistro, bisogna farne immediatamente denuncia alla propria compagnia, e comunque non oltre il termine di tre giorni, pena il rischio di perdere l’indennizzo o di vederselo diminuito.

La comunicazione va fatta dall’amministratore, il quale rappresenta l’intero condominio e ha sottoscritto la polizza nell’interesse di quest’ultimo.

Tuttavia, nel caso di sua inerzia, deve ritenersi che qualsiasi condomino possa a lui sostituirsi e denunciare formalmente il danno all’assicurazione; ciò perché la giurisprudenza ritiene che, a tutela delle ragioni del condominio, possa agire qualsiasi condomino.

Secondo la giurisprudenza, l’amministratore può procedere alla stipula di una polizza per il condominio solo se autorizzato espressamente dall’assemblea, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio.

L’amministratore potrebbe procedere a sottoscrivere un’assicurazione condominio senza il previo consenso assembleare solo se ne fosse fatto espresso obbligo all’interno del regolamento.

IL CONDOMINIO MOROSO PUO’ VEDERSI STACCARE L’UTENZA DI LUCE E GAS?

Un condomino diventa moroso nel momento in cui non ha pagato alla scadenza le quote che gli spettano sia per la gestione ordinaria del condominio, sia per contribuire alle spese straordinarie. Spetta all’assemblea o al regolamento del condominio stabilire entro quando bisogna effettuare i pagamenti. In assenza di queste indicazioni, bisogna fare riferimento al Codice civile, secondo cui ogni condomino è tenuto a pagare le proprie quote all’inizio di ogni mese di riferimento, quindi in anticipo.

Soltanto in questo modo è possibile affrontare le spese per la gestione dei servizi e dei beni comuni necessari al funzionamento del condominio. Eventuali conguagli dovranno essere versati dopo l’approvazione da parte dell’assemblea dei relativi importi.

Cosa può fare l’amministratore in caso di morosità?

Partiamo da quello che non è tenuto a fare l’amministratore: non è lui che deve bussare ogni mese alla porta dei condomini per riscuotere le quote ma sono i proprietari a dover prendere l’iniziativa, una volta che sono stati stabiliti e comunicati i termini e le modalità per i pagamenti delle quote.

Nel caso di condomino moroso, l’amministratore può inviare un sollecito  sperando si tratti di una banale dimenticanza, di un problema con la banca o di un ritardo nel pagamento dello stipendio che costringe il proprietario dell’appartamento ad attendere qualche giorno prima di assolvere il suo dovere. Se parte la diffida, però, scattano gli interessi sugli arretrati e, se arriva il decreto ingiuntivo, il condomino deve farsi carico anche delle spese legali. Nel caso in cui il condomino non voglia pagare quanto dovuto, l’amministratore può rivolgersi a un tribunale.

Quando si può staccare l’utenza di luce e gas al condomino moroso?

L’amministratore potrebbe tagliare luce e gas al condomino che non paga dopo sei mesi di morosità. Allo stesso modo, può vietare all’interessato l’utilizzo dei servizi comuni, come l’ascensore, la piscina condominiale, il parcheggio riservato ai condòmini, ecc. Se la sospensione delle utenze richiedesse l’accesso alla proprietà privata, l’amministratore potrebbe chiedere al giudice la relativa autorizzazione ed, eventualmente, l’intervento della forza pubblica.

L’amministratore può agire in tal senso anche senza una delibera dell’assemblea.

Cosa può fare il condomino moroso in questo caso?

Può impugnare il distacco davanti a un giudice, che sarà tenuto a valutare se il gesto dell’amministratore è fondato oppure esagerato ed inopportuno, oltre che illecito.

Va detto, comunque, che secondo il Codice civile, contro i provvedimenti dell’amministratore è ammesso ricorso all’assemblea, senza pregiudizio del ricorso all’autorità giudiziaria.

Se il distacco viene ritenuto illegittimo dal giudice, l’amministratore dovrà rispondere del reato di «esercizio arbitrario delle proprie ragioni», punito a querela della persona offesa con la multa fino a 516 euro. Inoltre, il condominio dovrebbe farsi carico della spesa non pagata dal moroso per evitare che le compagnie di luce e gas procedano al taglio della fornitura all’intero edificio.

L’amministratore può evitare questi rischi rivolgendosi prima a un giudice per farsi autorizzare il distacco.