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SUPERCONDOMINIO

La seconda sezione civile della Suprema corte con la recente sentenza n. 1141, pubblicata lo scorso 16 gennaio 2023, chiarisce che:

in caso di mancato pagamento delle spese relative alla gestione dei beni e dei servizi comuni a più edifici condominiali, l’amministratore del supercondominio è tenuto a richiedere l’emissione del decreto ingiuntivo nei confronti dei singoli condòmini, mentre non può agire nei confronti dell’intero complesso condominiale cui appartengono i morosi e in persona del rispettivo amministratore.

La Cassazione ha quindi ribadito tale conclusione, ricordando che l’art. 1118 c.c. vincola ciascun condòmino all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, secondo i criteri di riparto di cui all’art. 1123 c.c..

In presenza di un supercondominio, trovano sempre applicazione le medesime disposizioni in materia condominiale.

Ne consegue che ciascun condòmino è obbligato a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento dei beni comuni a più condomìni di unità immobiliari o di edifici.

Per cui l’amministratore del supercondominio deve provvedere a redigere e tenere aggiornato il proprio registro di anagrafe, indicare nei consuntivi/preventivi il nominativo dei singoli condòmini, inviare a questi ultimi i ratei delle spese da pagare e, quindi, in caso di morosità, richiedere il decreto ingiuntivo esclusivamente nei loro confronti, pena la sua invalidità, con conseguente condanna alle spese legali.

SE IL VICINO FA FESTA FINO A TARDI?

Il regolamento di condominio, infatti, specifica con molta chiarezza gli orari oltre i quali non sono permessi i rumori forti e potenzialmente molesti, molto spesso indica anche sanzioni pecuniarie per le infrazioni.

Nel caso in cui non sia presente l’apposito regolamento condominiale, ogni comune, prevede degli orari specifici, stabiliti secondo l’attività dei cittadini e le condizioni ambientali.

Volendo individuare una media, gli orari in cui è consentito fare rumore nei giorni lavorativi sono i seguenti:

  • Dalle ore 8 alle ore 13.
  • Dalle ore 16 alle ore 21.

In ogni caso i singoli regolamenti specifici possono differire notevolmente, anche se si tratta in genere di regole facilmente intuibili con il buon senso.

I giorni lavorativi, ad esempio, permettono un maggior raggio di libertà durante la giornata, perché appunto è considerata operativa. 

I comuni si occupano in genere anche di stabilire la soglia di decibel consentita, secondo una divisione in zone, necessaria a tutelare le diverse esigenze, anche in riferimento alla presenza di edifici come scuole e ospedali.

La soglia è un aspetto davvero importante per agire contro il vicino che fa festa fino a tardi. La legge, infatti, non può stabilire un criterio univoco poiché i fattori sono davvero variegati. Allo stesso tempo, l’articolo 844 del Codice civile vieta i rumori che superano la normale tollerabilità.

In alcuni casi, invece, fare festa fino a tardi può rappresentare anche un reato. Si tratta del disturbo della quiete pubblica, individuato dall’articolo 659 del Codice penale.

Questo reato si configura quando la molestia è subita da un vasto numero di persone, circostanza peraltro molto frequente in caso di festeggiamenti notturni. In questo caso, è sufficiente sporgere la querela così da avviare, se ne sussistono i presupposti, il procedimento penale.

QUANDO L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO NON HA DIRITTO AL COMPENSO?

Normalmente il compenso dell’amministratore di condominio è costituito da una quota fissa ovvero l’onorario concordato con l’assemblea al momento del conferimento dell’incarico, ed una quota ulteriore qualora ci siano lavori straordinari all’interno dello stabile.
All’interno della quota fissa, che riguarda l’attività ordinaria, dovrebbe rientrare anche la rappresentanza legale del condominio; la redazione del bilancio dell’anno passato e del preventivo per quello a venire con il riparto delle quote condominiali; la convocazione delle assemblee; la riscossione degli oneri condominiali e gli adempimenti fiscali.
Dunque l’amministratore non è tenuto a chiedere una remunerazione ulteriore per lo svolgimento di lavori o per attività connesse alla vita condominiale, a meno che non si tratti di attività esorbitante rispetto al mandato, tali da non potersi annoverare tra le attività già ricomprese nel mandato .
Qualora l’Amministratore, al fine di svolgere con maggior precisione, alcune incombenze che derivino dalla propria attività ordinaria, decida di affidarsi a consulenti esterni, i compensi derivanti da tali attività devono necessariamente rientrare nel compenso già statuito dall’assemblea condominiale in sede di conferimento di incarico all’amministratore e non possano essere scaricati sui singoli condomini.
Se, contrariamente, l’amministratore ritenga che tali opere o servizi debbano essere remunerati separatamente, bisognerà sottoporli ad approvazione dell’assemblea dei condomini .

CADUTA IN CONDOMINIO: DI CHI E’ LA RESPONSABILITA’?

Molti condomini spossiedono un’ assicurazione per i danni a terzi.

In questo modo chi cade e si fa male per causa di una insidia presente sulle scale, sul giardino, sul marciapiede può rivolgersi all’amministratore affinché denunci l’infortunio alla compagnia. Sarà quest’ultima poi, verificata la sussistenza delle condizioni per provvedere al risarcimento, a procedere alla quantificazione dei danni e alla relativa liquidazione.

Ma cosa succede se il condominio non è assicurato?

In questo caso il risarcimento sarà a carico di tutti i condomini in proporzione ai rispettivi millesimi. È bene sapere che il creditore potrebbe, in assenza di pagamento, pignorare anche il conto corrente condominiale. 

L’articolo 2051 del codice civile configura una responsabilità oggettiva in capo al proprietario o al custode della cosa per tutti i danni da essa derivanti a terzi. Questa norma si applica anche al condominio che risponderà quindi delle cadute sia degli stessi condomini che di eventuali terzi.

Il condominio può tuttavia, in caso di incidente, dimostrare che il danno si è verificato per causa di un evento imprevedibile e inevitabile anche con la dovuta diligenza.

Secondo la giurisprudenza non si può configurare alcun obbligo di risarcimento quando il danneggiato è a conoscenza dello stato dei luoghi e, quindi, sa dell’esistenza dell’insidia in quanto lo stesso si trovava proprio sul nei pressi della sua abitazione: tale circostanza, secondo i giudici, dovrebbe indurre il danneggiato ad usare una adeguata diligenza.

RENDICONTO ANNUALE: QUANDO DEVE ESSERE PRESENTATO AL CONDOMINIO?

Il rendiconto annuale del condominio contiene le voci di entrata e di uscita riguardanti la situazione patrimoniale del condominio. 

Questo documento viene presentato dall’amministratore all’assemblea convocata appositamente per l’approvazione. Se si raggiunge la maggioranza dei condomini intervenuti all’assemblea, il rendiconto si considera approvato.  In questo caso la spesa rilevata  viene suddivisa tra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà.

Il rendiconto annuale del condominio va redatto dall’amministratore di condominio ogni anno e approvato entro 180 giorni dall’assemblea.

Le registrazioni contabili avvengono tenendo conto dei criteri di cassa.

Il saldo iniziale corrisponde al saldo finale di cassa contabile della gestione precedente e rappresenta la prima voce del conto entrate e uscite, nella colonna entrate. Il saldo finale corrisponde all’avanzo di cassa di fine esercizio del conto entrate e uscite e rappresenta la voce complessiva risorse disponibili della situazione patrimoniale.

L’avanzo di cassa iniziale corrisponde al saldo finale di cassa contabile della gestione precedente e coincide con il saldo iniziale del registro di contabilità e non può mai essere negativo. L’avanzo di cassa finale corrisponde al saldo finale del registro di contabilità; rappresenta la voce complessiva risorse disponibili della situazione patrimoniale e non può essere negativo.

QUANDO E’ NECESSARIA LA PERIZIA IN CASO DI INFILTRAZIONI IN UN CONDOMINIO?

I danni da infiltrazioni possono essere gravi, specialmente quando riguardano immobili ad uso abitativo e l’umidità rovina intonaci, pavimenti, mobili e arredi e compromette la salubrità degli ambienti. Se l’acqua penetra da una delle parti comuni dell’edificio, elencate dall’art. 1117 del Codice civile, il condominio, in quanto ente di gestione, è responsabile di queste situazioni, essendo tenuto per legge [1] alla regolare manutenzione e conservazione in buono stato d’uso di tutti i beni soggetti alla sua custodia salvo che provi il cosiddetto caso fortuito, cioè un evento anomalo, eccezionale ed imprevedibile, come un’alluvione di vaste proporzioni.

Nel caso in cui le infiltrazioni provengono da un singolo appartamento, la responsabilità va in capo al proprietario. Quando parliamo invece, del lastrico solare, le spese si ripartiscono per un terzo al singolo e per due terzi fra tutti i condomini.

A volte per stabilire l’esatta causa di provenienza delle infiltrazioni si rende necessario effettuare una perizia tecnica.

Solitamente è l’amministratore a disporre la perizia in caso di urgenza. Se invece, non c’è necessità di intervenire subito,  sarà l’assemblea a deliberare la nomina di un tecnico incaricato.

Qualora la perizia si rende necessaria e, né l’amministratore né l’assemblea intervengono, si provvede al ricorso d’urgenza al giudice, a norma dell’art. 700 del Codice di procedura civile.

Il ricorso al giudice viene fatto soprattutto se il proprietario dell’immobile interessato dalle infiltrazioni subisce il fenomeno in maniera seria, evidente e obiettivamente constatabile, e quando lamenta il concreto pregiudizio che deriverebbe dal ritardo ricorrendo ai metodi ordinari, specialmente quando l’amministratore e l’assemblea sono rimasti sordi di fronte alle richieste di intervento avanzate.

E’ POSSIBILE CHIEDERE L’ESTRATTO CONTO CONDOMINIALE SENZA ESSERE AUTORIZZATI DALL’AMMINISTRATORE?

È necessario sapere che la banca è obbligata a fornire l’estratto del conto corrente del condominio  ad ogni condomino che lo richieda. Per questa richiesta non è necessaria l’autorizzazione dell’amministratore di condominio.

La banca non può ostacolare la richiesta del condomino che è titolare del conto come tutti gli altri proprietari dello stabile.  Infatti  ogni singolo proprietario di appartamento è considerato titolare del conto corrente condominiale e può, di conseguenza, avere accesso alla relativa documentazione e agli estratti conto, anche senza l’autorizzazione o la delega dell’amministratore o dell’assemblea.

Questo vuol dire che non è assolutamente vero che solo l’amministratore, in quanto unico legittimato a operare sul conto, può chiedere informazioni.

Anche se l’amministratore è il rappresentante ufficiale del condominio, questo non vuol dire che solo lui sia legittimato ad agire e che i singoli non abbiano il potere di muoversi in difesa dei diritti del condominio. Il condomino può anche esaminare  le scritture contabili qualora lo volesse. In questo caso inoltre, non fa danno e non viola la privacy degli altri, poiché la gestione contabile riguarda tutti i partecipanti al condominio.

Ciascun amministratore condominiale deve rendere conto della sua gestione e ha l’obbligo di mettere a disposizione dei condomini tutta la documentazione riguardante il condominio.

E’ POSSIBILE CHE IL COMUNE CONCEDA IL CONDONO A CHI HA REALIZZATO OPERE ABUSIVE?

Il regolamento all’interno di un condominio impone che per ogni modifica delle parti comuni o  all’interno della proprietà del singolo condomino, ci sia l’obbligo della comunicazione all’assemblea o dell’autorizzazione di quest’ultima.

L’assemblea o l’amministratore potrebbero decidere tuttavia di concedere l’autorizzazione ad un condomino e negarla ad un altro.

Tale decisione deve essere obbligatoriamente rispettata da tutta la collettività condominiale, anche se le opere eseguite senza la prescritta autorizzazione non sono lesive degli interessi degli altri condomini.

Dunque se un condomino decide di fare delle modifiche agli infissi delle finestre del proprio appartamento in assenza della preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale prevista dal regolamento di condominio, renderebbe queste opere come abusive e potrebbe arrecare dei danni al decoro architettonico della facciata dell’edificio. In questo caso il singolo condomino avrebbe diritto ad agire in giudizio a tutela della cosa comune.

 Ma il Comune che deve attestare la sussistenza del titolo che legittima il condomino a richiedere un permesso o una sanatoria edilizia, deve tenere conto delle clausole del regolamento condominiale?

Con la sentenza n. 13212 del 17 ottobre 2022, il Tar ha sottolineato che le questioni “civilistiche”, come il mancato rispetto dell’obbligo sancito dal regolamento condominiale di notificare preventivamente all’amministratore qualsiasi intervento, si inserisce nell’ambito di quei complessi e laboriosi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l’immobile considerato al fine di accertare ogni aspetto potenzialmente idoneo ad incidere sul regime dominicale. Tali  accertamenti, se da un lato rilevano nel contesto processuale di un giudizio civile, dall’altro lato non rilevano invece nel diverso contesto procedimentale di un’istruttoria amministrativa volta a valutare l’istanza di condono edilizio.

In sintesi, il condomino che decide di eseguire delle opere edilizie all’interno del proprio appartamento anche senza l’autorizzazione preventiva dell’assemblea condominiale, può richiedere il condono al Comune senza essere ostacolato in alcun modo.

COSA FARE IN CASO DI OPERA ABUSIVA EDILIZIA ALL’INTERNO DI UN CONDOMINIO? 

È noto che all’interno di un condominio ciascun condomino  può liberamente eseguire opere all’interno del proprio appartamento senza dover chiedere l’autorizzazione all’assemblea.

Ciò che deve fare il condomino che ristruttura il proprio appartamento  è informare l’amministratore il quale deve poi informare il resto dei condomini.

Cosa succede però in caso di abuso edilizio all’interno di un condominio?

Se qualcuno si accorge che, all’interno dello stabile, sono in corso opere di  abuso edilizio, è possibile chiamare la polizia municipale, i carabinieri o la Questura.

Dal momento che l’amministratore è garante delle parti comuni del condominio, dell’estetica e della sicurezza del fabbricato, questo può essere sollecitato ad intervenire affinché prenda gli opportuni provvedimenti e agisca contro il responsabile a nome di tutto il condominio. 

Nulla vieta a ciascun condomino di poter agire singolarmente qualora l’amministratore non intervenga.

La Corte di Cassazione ha però ritenuto responsabile l’amministratore che non interviene qualora si verifichino casi di abusi edilizi all’interno dello stabile. Essendo garante della cosa comune, egli è tenuto ad intervenire per difendere l’edificio anche senza bisogno di chiedere prima il mandato dall’assemblea.

Qualora si verificasse un caso di abuso edilizio, i condomini possono addirittura richiedere il risarcimento del danno eventualmente procurato all’edificio. 

Come accorgersi se c’è in atto un intervento di abuso edilizio all’interno di un edificio?

È stato già spiegato come ogni condomino può iniziare i lavori in casa propria senza dover preventivamente chiedere l’autorizzazione al condominio.

La Cassazione specifica come ciascun condomino può esercitare il diritto di accesso agli atti amministrativi ed esigere dal Comune il rilascio di una copia dei documenti che attestino la regolare esecuzione dei lavori all’interno di un appartamento appartenente allo stabile dove risiede. Tutto ciò al fine di verificare la regolarità della ristrutturazione in corso.

COSA RISCHIA CHI NON RIESCE A PAGARE LE QUOTE CONDOMINIALI?

Quando ci sono dei condomini morosi, il condominio può procedere con un decreto ingiuntivo che intimi l’immediato pagamento. Se quest’ultimo non avviene si può procedere al pignoramento dei relativi beni. 

Ciò vuol dire che se non c’è il pagamento spontaneo del condomino moroso, il condominio può aggredire i beni personali dello stesso. Il condominio potrà anche decidere di pignorare e mettere all’asta l’appartamento facente parte del condominio, anche se questo potrebbe essere già ipotecato da un altro creditore .

Ma cosa rischia chi non riesce a pagare il condominio nei confronti dei terzi?

Ogni qualvolta il condominio non dispone delle risorse necessarie per pagare le fatture relative alle manutenzioni  o alle utenza, l’amministratore è tenuto a fornire al creditore stesso la lista dei condomini morosi che hanno determinato l’ammanco di cassa che ha reso impossibile ottemperare ai propri doveri di pagamento.

In questo modo il creditore potrà decidere o di pignorare il conto corrente condominiale o di pignorare i beni dei singoli condomini, partendo da quelli dei condomini morosi.  

Se l’amministratore si rifiutasse di fornisce l’elenco dei condomini morosi, il condominio potrebbe essere condannato al pagamento di una penale per ogni giorno di ritardo. 

È necessario sapere che l’amministratore è tenuto, entro massimo sei mesi dalla chiusura del bilancio condominiale, ad avviare le azioni di recupero crediti contro i condomini debitori.

Ma quali sono le soluzioni per chi non può pagare le spese condominiali?

È sempre  bene per il condomino moroso muoversi prima dell’avvio delle azioni giudiziarie che implicano sempre un aumento di spese che ricadono inevitabilmente sul debitore.

L’unico modo per cercare una via d’uscita è quella di trovare un accordo col previo consenso dell’assemblea, unica titolare dei bilanci condominiali e delle relative entrate.  La maggioranza dell’assemblea deve approvare la transazione con i condomini morosi affinché l’accordo sia efficace.

L’amministratore non può firmare una transazione senza il consenso dell’assemblea in quanto questo si esporrebbe ad un’azione di responsabilità civile.

Si potrebbe optare anche per una rateazione del debito spalmato in più mensilità.

Un’ultima soluzione per risolvere i problemi dei debiti con il condominio, quanto questi sono affiancati da ulteriori debiti, è ricorrere alla procedura di sovraindebitamento. Si tratta di una richiesta, presentata al giudice attraverso un avvocato e un “Organismo di composizione della crisi” con cui si fa presente la propria incapacità a uscire fuori da una grave situazione debitoria e gli si chiede una decurtazione dei debiti stessi. Il giudice approva il piano di uscita dai debiti tenendo conto delle possibilità economiche del richiedente ed eventualmente chiedendo un rientro per una certa percentuale.