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UE, MELONI

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, replica: “ho sentito una grande quantità di cose false in questo dibattito, la considero una buona notizia perché quando si ha bisogno di dire cose false evidentemente non si ha molto da dire su quello che è vero”.

Pur senza avere prove, si continua implicitamente a voler dire che il governo non avrebbe salvato queste persone, perché non aveva la volontà di salvarle”

“Nel Mediterraneo dal 2013 al 2023 sono morte complessivamente 25.692 persone. Il rischio che qualcosa vada storta è insito nelle partenze ed è infatti accaduto a tutti i governi.

Sono andata a guardare i dati di coloro che non si è riusciti a salvare: siamo quelli che in base a quelli che arrivavano, siamo riusciti a salvare più persone”, ha dichiarato la presidente del Consiglio. 

Sull’immigrazione, “il lavoro che il governo sta cercando di fare è fermare i trafficanti e fermare le partenze illegali”.

Per Meloni “l’immigrazione in Europa non si risolve con proposte irragionevoli: abbiamo tutti lo stesso problema, cioè il governo dei flussi migratori.

Meloni, sollecitata anche sul tema superbonus, replica alla Camera:

 “Sul giudizio sul superbonus, ho sentito dire che siamo il governo dell’austerità. Io sono abbastanza distante dal tema dell’austerità ma se poi per austerità si intende cercare di mettere le pezze a un provvedimento costato decine e decine di miliardi e lasciato nelle casse dello Stato un buco di 40 mld per efficientare meno del 4% degli edifici, in gran parte seconde case scaricando su ogni italiano, anche chi una casa non ce l’aveva, un debito di 2mila euro per aiutare le banche a lucrarci sopra, questa non è austerità è serietà e quindi su questo non vi posso aiutare: io la penso in maniera diversa”.

Il Mes, altro argomento sula quale Meloni è chiamata a dare spiegazioni: “Il Mes non è una banca centrale, ha una disponibilità importante ma limitata. Il governo prende in considerazione la proposta di Confindustria. Questi sono strumenti, non totem indiscutibili”, ha detto. “Il Mes in caso di difficoltà richiamerebbe gli Stati membri a rifondere il meccanismo stesso”, ha aggiunto Meloni sottolineando che “crediamo che si debba aprire il dibattito su come il Mes sia uno strumento che non è stato molto utilizzato e quindi possa diventare uno strumento di sviluppo europeo”.

AVVISO DEI COMUNI ITALIANI, OBBLIGO DI ISCRIZIONE NELLE LISTE DI LEVA PER I NATI NEL 2006

Nonostante il servizio militare obbligatorio sia stato sospeso in Italia a partire dal 2005, in diversi Comuni italiani dai primi giorni del nuovo anno i sindaci hanno pubblicato degli avvisi pubblici, sull’Obbligo di iscrizione nelle liste di leva dei giovani nati nell’anno 2006, una prassi che viene effettuata ogni anno.

I Comuni italiani sono ancora tenuti a rispettare alcune prassi aggiornando ogni anno le liste di leva militare.

Si tratta di una lista contenenti i nominativi di tutti i giovani secondo la propria classe di nascita, che dal 01 gennaio al 31 dicembre dell’anno in corso compiranno il 17° anno di età. Quest’anno verranno aggiornate con i nati nel 2006 e sono da completare entro il mese di aprile.

È possibile verificare la propria iscrizione o cancellazione rivolgendosi all’ufficio leva che ogni Comune possiede.

L’ufficio è tenuto a rilasciare certificazione che attesti l’iscrizione nella lista di leva o l’esito di leva.

Dunque non c’è motivo di allarmarsi, nessuna chiamata alle armi per colpa della guerra in Ucraina, si tratta di una consuetudine che va avanti anche perché il servizio militare nel nostro paese è stato sospeso non soppresso, resta obbligatorio per la legge e potrebbe essere ripristinato in un caso specifico.

L’esercito italiano ad oggi è formato solo da volontari professionisti.

E’ DOVUTO IL PAGAMENTO DELL’IMU SULL’IMMOBILE DOVE SI HA LA RESIDENZA TEMPORANEA?

È dovuto il pagamento dell’Imu sull’immobile in cui si ha la residenza temporanea?

Può capitare che per poter assistere una persona invalida è indispensabile trasferire la residenza nel Comune in cui quest’ultima risiede. Come funziona in questi casi come il pagamento dell’Imu?

È necessario sapere che per chi gode dei benefici previsti dalla Legge n. 104/1992 sono previste delle modalità diverse di fruizione dei permessi lavorativi.

Un lavoratore dipendente che ha un familiare affetto da un grave handicap può richiedere il congedo continuativo o frazionato dal lavoro della durata di massimo 2 anni.

In questo caso però, è necessaria la convivenza con il familiare disabile, e ciò è possibile anche attraverso l’iscrizione nel registro dei residenti temporanei, da richiedere prima del congedo.

Quando si parla di  residenza temporanea si intende la fissazione della dimora per almeno quattro mesi e fino ad un massimo di dodici mesi, dopodiché si verrà considerati residenti non più temporanei, ma definitivi.

Allo scadere dei dodici mesi, non sarà possibile prorogare la residenza temporanea, ma è possibile solo richiedere l’iscrizione nel registro dei residenti definitivi.

In che modo si comunica la residenza temporanea?

Basta recarsi presso il Comune in cui si intende risiedere momentaneamente e presentare la domanda di iscrizione e un documento di riconoscimento.

È importante sapere che, se si ottiene la residenza temporanea iscrivendosi nel registro temporaneo della popolazione nel comune dove vive il familiare invalido, e si mantiene al tempo stesso la residenza nella propria casa di proprietà, l’Imu non è dovuta, dunque il problema non si pone.

Mentre chi cambia residenza perché nella casa di proprietà non ha più la residenza è costretto a pagare l’IMU.

Ciò vuol dire che, se si mantiene la residenza nella casa di proprietà e si ottiene solo la dimora temporanea presso l’abitazione del disabile che si assiste, il pagamento dell’Imu non è dovuto.

SEPARAZIONE: CHI E’ TENUTO AL PAGAMENTO DELL’IMU?

Secondo la giurisprudenza, la casa dove gli ex coniugi hanno vissuto fino al momento della separazione viene assegnata al coniuge dove la prole trascorrerà la maggior parte del tempo.

È bene sapere che la legge tende a prediligere l’affidamento condiviso.  Infatti i bambini devono poter continuare a trascorrere il loro tempo con entrambi i genitori.

Solo come ultima soluzione viene adottato l’affidamento esclusivo.

Ma chi è tenuti al pagamento dell’Imu in caso di separazione?

Al pagamento dell’Imposta Municipe Unica è il coniuge assegnatario, cioè colui che continua a vivere nella casa coniugale insieme alla prole.

Secondo la giurisprudenza è giusto che paghi chi continua a vivere nell’immobile, beneficiando dello stesso.

Questo vuol dire che, anche se la casa coniugale è del marito ma a viverci è la moglie in virtù di provvedimento di assegnazione del giudice, l’Imu dovrà pagarla la ex moglie.

Resta comunque ferma la regola che l’Imu non deve essere pagata qualora si parli di prima casa.

Ovviamente questo non vale nel caso in cui la casa coniugale è classificata come immobile di lusso dove l’Imu è dovuta.

Secondo la legge invece, il coniuge non assegnatario non deve considerare come seconda casa l’immobile assegnato dal giudice all’altro coniuge a seguito della separazione.

Dunque l’eventuale pagamento dell’Imu è esclusivamente a carico del soggetto assegnatario. Inoltre, Il coniuge non assegnatario non è più tenuto ad inserire l’abitazione nella propria dichiarazione dei redditi.

IL RAVVEDIMENTO OPEROSO PER CHI PAGA IN RITARDO L’IMU

Il contribuente che non paga l’acconto IMU è accertabile dall’Agenzia delle Entrate con una sanzione del 30 per cento dell’importo dovuto originariamente.

Chi però vuole pagare successivamente alla scadenza, può avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso.

Il ravvedimento varia in base ai giorni che decorrono dalla data di effettiva scadenza del versamento Imu a quella dell’effettivo pagamento del contribuente.

A seconda del periodo di tempo trascorso, distinguiamo:

  • Ravvedimento super breve:  qualora il versamento è effettuato entro 14 giorni dalla scadenza prevista. La sanzione è pari a 1/10 di quella ordinaria dell’1 per cento, per ognuno dei giorni di ritardo.
  • Ravvedimento breve: qualora il versamento avviene entro 30 giorni dalla scadenza prevista, più precisamente dal 15° al 30° giorno. In questo caso si applica una sanzione dell’1,5 per cento, che deve essere calcolata sull’importo del tributo dovuto;
  • Ravvedimento medio: in questo caso la sanzione aumenta fino ad arrivare all’1,67 per cento quando il pagamento dell’IMU avviene entro 90 giorni dal termine previsto per il versamento.
  • Ravvedimento lungo: si applica se il pagamento avviene oltre i 90 giorni di ritardo ma il pagamento viene comunque effettuato entro il termine di 1 anno.

Per i contribuenti che intendono pagare con oltre un anno di ritardo è inoltre previsto il ravvedimento operoso “lunghissimo”.

Il contribuente che effettua il versamento entro 2 anni dal termine previsto può corrispondere una sanzione pari ad 1/7 di quella originariamente prevista.

Inoltre, nell’ipotesi in cui il pagamento venga effettuato dopo il superamento del limite dei 2 anni, la sanzione aumenta al 5 per cento dell’imposta dovuta.

Se inoltre la regolarizzazione avvenisse dopo la ricezione del verbale di constatazione da parte del contribuente, la sanzione corrisposta potrà arrivare fino al 6 per cento.

È importante che il pagamento venga effettuato entro la notificazione dell’atto di accertamento da parte dell’Ente competente.

LA TARI E’ DOVUTA QUALORA L’IMMOBILE E’ DISABITATO?

Sappiamo bene che la TARI è la tassa comunale per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

Essa è dovuta per tutti quei soggetti che abitano un’abitazione all’interno di un Comune e viene calcolata tenendo conto dei dati catastali dell’immobile e del numero di componenti che lo abitano.

Ma nel caso in cui l’immobile non risulta abitato, il pagamento della Tari è dovuto?

Se l’immobile è disabitato, ad una prima lettura, la tassa sembrerebbe non dovuta in quanto il proprietario, non generando rifiuti, non si avvale del servizio.

Tuttavia la Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 28 aprile 2021, chiarisce la legittimità della richiesta del tributo.

Per la Cassazione è  infatti irrilevante il dato soggettivo della mancata utilizzazione del servizio da parte del singolo utente dal momento che la TARI consiste in un servizio dedito alla raccolta e smaltimento dei rifiuti per la collettività e non per i singoli utenti.

Inoltre, specifica la Corte, anche il singolo utente, che all’apparenza sembra non fruire del servizio per mancata abitazione dell’immobile, in realtà usufruisce di una città che provvede alla salvaguardia ambientale.

Tuttavia trattandosi di una tassa comunale, è bene sapere che in alcuni comuni, se il proprietario dell’immobile riesce a dimostrare di non occupare lo stesso l’immobile con arredamenti e di non avere utenze attive, il cittadino viene esonerato dal tributo in misura totale o parziale, a discrezione dell’amministrazione comunale.

CONTRIBUTO TEFA: DI COSA SI TRATTA?

Con la risoluzione n. 5/E del 2021, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto nuovi codici tributo per il versamento del contributo TEFA. Si tratta del tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente.

La giurisprudenza prevede che questo tributo venga riscosso ogni anno, unitamente alla tassa sui rifiuti (TARI).

Fino all’anno 2020, detto contributo veniva incluso all’interno della Tari, con lo stesso codice tributo in quanto il comma 7 dell’art. 19 prevedeva che la struttura di gestione doveva provvedere al riversamento del tributo spettante alla provincia o città metropolitana competente per territorio, al netto della commissione di cui al comma 5 dello stesso art. 19.

Proprio per semplificare le procedure, per le annualità 2021 e successive, a seguito dell’introduzione dei nuovi codici tributo, il TEFA e gli eventuali interessi e sanzioni vengono versati dai contribuenti, secondo gli importi indicati dai singoli comuni.

Per effettuare il versamento del contributo TEFA tramite i modelli F24  i codici tributo utilizzati sono:

  • TEFA : per il tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente;
  • TEFN : per indicare gli interessi relativamente al pagamento del TEFA;
  • TEFZ : per le sanzioni relativamente al pagamento del tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente .

Questi codici possono essere utilizzati anche per il versamento di quanto dovuto a seguito dell’attività di controllo.

All’interno del modello F24 i codici tributo sono esposti nella sezione “IMU E ALTRI TRIBUTI LOCALI”, in corrispondenza delle somme indicate esclusivamente nella colonna “importi a debito versati”.

Dunque dall’anno  d’imposta 2021 la struttura di gestione effettua il riversamento delle somme riscosse a titolo di TARI e di TEFA secondo il codice tributo e il codice catastale indicati nel modello F24. Per i precedenti anni d’imposta, invece, sarà necessario effettuare lo scorporo del TEFA dai singoli pagamenti e il successivo riversamento alle province e città metropolitane applicando la misura del 5 per cento o la diversa misura comunicata da tali enti.

ESENZIONE IMU PER CONIUGI CON RESIDENZE DIVERSE: QUANDO E’ POSSIBILE?

Grazie al Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2022 è stata introdotta la possibilità, per i coniugi che hanno residenze diverse, di avvalersi dell’esenzione IMU.

Ma come funziona?

Sappiamo benissimo che il pagamento dell’Imposta Municipale Unica non è dovuta sull’abitazione principale, intesa come l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente.

Affinché vena quindi applicata l’esenzione IMU sulla prima casa è necessario che il soggetto passivo e i membri della propria famiglia risiedano e dimorino in via abituale nello stesso immobile.

Il Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2022, con l’articolo 5-decies è intervenuto su una questione dibattuta nel tempo. Viene prevista la possibilità per i coniugi di beneficiare dell’esenzione IMU su un immobile a scelta, sia in caso di residenza nello stesso territorio che in comuni differenti.

La giurisprudenza, in particolare, stabilisce che:

    “Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile scelto dai componenti del nucleo familiare”

Questo vuol dire che l’esenzione IMU spetterà ai coniugi con residenze diverse anche in relazione alle pertinenze dell’immobile.

Questo tipo di intervento ha permesso quindi di equiparare le regole previste per i coniugi con diversa residenza, nello stesso o in diversi comuni.

Fino al 2021 l’esonero a scelta non spettava su nessuno degli immobili posseduti dai coniugi, se situati in comuni diversi.

Dal 1° gennaio 2022, invece, l’esenzione IMU spetta ai coniugi che hanno fissato la residenza in abitazioni differenti a prescindere dal Comune in cui è ubicato l’immobile.

Sarà necessario individuare l’immobile da esentare, e successivamente presentare la dichiarazione IMU relativa all’anno d’imposta in corso  dove sarà necessario indicare i relativi dati.

Ricordiamo che la dichiarazione IMU andrà presentata entro il 30 giugno 2023.

CHI E’ TENUTO AL PAGAMENTO DELL’IMU TRA PROPIETARIO E AFFITTUARIO?

Tra i soggetti obbligati al versamento dell’Imposta Municipale Unica  non viene indicato il locatario di un immobile. Proprio per questo motivo la legge ritiene che l’Imu, in caso di immobile locato, debba essere pagato dal proprietario dell’immobile stesso.

Quest’ultimo, al fine di non pagare l’Imposta Municipale, non potrà nemmeno risiedere o dimorare all’interno dell’immobile concesso in affitto dal momento che la residenza all’interno di quel luogo è tenuta dall’affittuario.

Tuttavia è bene sapere che c’è la possibilità per il locatore di non pagare l’Imu. Si può pensare, infatti, di far pagare l’imposta, attraverso un accordo tra le parti che non ha alcuna valenza fiscale, all’inquilino tramite un’apposita previsione nel contratto.

In questo modo il canone di locazione verrà “maggiorato” della componente dell’Imu annuale del locatore.

Nonostante questo escamotage, il proprietario dell’immobile resta l’unico soggetto obbligato al pagamento dell’Imposta Municipale nei confronti del Comune.

Quindi, se l’affittuario non dovesse tenere fede agli impegni presi e risultasse moroso, l’ufficio tributi del Comune si rivolgerà al locatore.

Secondo la Corte di Cassazione, la clausola di un contratto di locazione che attribuisce all’inquilino l’obbligo di farsi carico di ogni tassa, imposta e onere relativo ai beni locati e al contratto, non è da considerarsi nulla.

Inoltre, l’accordo che impone all’affittuario di pagare i tributi locali, secondo le sezioni unite, non si pone in contrasto con il principio di capacità contributiva dell’articolo 53 della Costituzione e pertanto non viola la regola sul divieto di traslazione del carico fiscale a un soggetto diverso dal titolare.

Questo tipo di accordo, tra l’altro, non viola neppure le norme che disciplinano le locazioni, in base a quanto disposto dalla legge 392/1978.

Bisogna però ricordare sempre che l’obbligo del pagamento dell’Imposta Municipale Unica, ai fini legislativi, resta sempre in capo al proprietario dell’immobile.

E’ DOVUTO IL PAGAMENTO DELLA TARI SUI PARCHEGGI DEI SUPERMERCATI?

Secondo l’art. 1, comma 641, della legge n. 147/2013, “il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 c.c. non detenute o occupate in via esclusiva”.

Il termine “non operative” disciplinato dalla legge appena descritta, è stato oggetto di numerosi dibattiti. Tra questi, il caso di una società catanese. Essa è dovuta ricorrere innanzi alla Commissione Tributaria provinciale di Ragusa, al fine di impugnare l’avviso di accertamento notificatole in data 29.11.2019 dal Comune di Ragusa con il quale  era stato richiesto il pagamento della maggiore TARI di euro 12.564,14, oltre interessi e sanzioni, per l’anno di imposta 2014.

La società riteneva che l’Ente impositore avesse “ingiustamente” assoggettato a tassazione le aree scoperte adibite a parcheggio gratuito per i clienti del centro commerciale. Queste zone erano infatti definite come “aree scoperte operative”.

L’operatività delle aree pertinenziali veniva intesa infatti come suscettibilità a produrre rifiuti ulteriori rispetto a quelli prodotti dal bene principale o come operatività di impresa. In caso invece, di area adibita a parcheggio gratuito, la tassa sui rifiuti doveva essere esclusa.

Per questo motivo la CTP di Ragusa riteneva fondato il motivo sollevato dalla società tanto da procedere ad annullare in toto l’avviso di accertamento impugnato.