L’addebito delle spese postali sulla bolletta è un argomento che interessa molti utenti. Spesso gli operatori delle compagnie riversano tali oneri a carico dell’utente e anche se l’importo può risultare irrisorio, moltiplicato per 12 mensilità può diventare oneroso. La Corte di Cassazione, con ordinanza n.34800 del 13 dicembre 2023, ha stabilito che Telecom Italia S.p.A. non può addebitare ai clienti le spese postali per la spedizione della fattura telefonica a meno che non venga offerta un’alternativa per la consegna della bolletta, tramite email per esempio. La suddetta decisione ha respinto il ricordo di Tim contro una precedente sentenza del Tribunale di Trani. In primo grado, il giudice di pace di Barletta aveva già riconosciuto le ragioni del cliente, decisione confermata in appello poi anche dal Tribunale di Trani. Secondo l’art 53 della convenzione per la concessione dei servizi di telecomunicazione, è prevista la possibilità per gli abbonati di ritirare le bollette senza costi aggiuntivi presso gli uffici della società. Nel caso specifico trattato dalla Cassazione, non era stata fornita da Telecom questa possibilità rendendo la clausola di addebito delle spese postali vessatoria. La sentenza della Cassazione ha importanti ripercussioni sia per gli utenti che per la compagnia telefonica. Gli utenti, quindi, hanno il diritto di non pagare le spese postali per la ricezione della bolletta telefonica se nel contratto non era prevista alcuna possibilità di scelta sul ritiro della bolletta con modalità alternative e gratuite. E’ sempre consigliabile verificare i termini e le condizioni del proprio contratto e, in caso di addebito di spese postali, chiedere alla propria compagnia telefonica se esiste una modalità alternativa di ritiro gratuito delle bollette. In caso di mancata conformità alle normative, gli utenti hanno il diritto di contestare tali addebiti e, eventualmente, ricorrere all’assistenza legale per la tutela dei propri diritti.
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