TUTELARSI SE NON SI È SPOSATI, COME FARE?

TUTELARSI SE NON SI È SPOSATI, COME FARE?

Secondo la legge, la convivenza è un rapporto che si instaura tra due persone maggiorenni, eterosessuali oppure omosessuali, a condizione che:

  • condividano lo stesso tetto: in altre parole, deve trattarsi di una coppia che abita stabilmente nel medesimo appartamento;
  • siano unite da un rapporto sentimentale;
  • non siano legate da un vincolo di matrimonio o di unione civile;
  • non ci sia alcun rapporto di parentela, affinità o adozione;
  • sussista l’assistenza morale e materiale reciproca.

I conviventi hanno la facoltà di rendere una dichiarazione congiunta all’ufficio Anagrafe del proprio Comune al fine di ottenere il certificato di residenza e lo stato di famiglia. Un simile adempimento riconosce alla coppia i seguenti diritti:

  • visita al partner detenuto in carcere;
  • assistenza al convivente ricoverato in ospedale e possibilità di ottenere informazioni sul suo stato di salute;
  • subentro nel contratto di locazione in caso di morte del partner intestatario;
  • partecipazione alla gestione dell’attività dell’impresa familiare;
  • assistenza morale e materiale da parte del convivente;
  • risarcimento del danno in caso di morte del compagno a causa di illecito di terzi;
  • assegno periodico (i cosiddetti alimenti) in caso di cessazione della convivenza a condizione che si versi in stato di bisogno al punto da non avere mezzi di sostentamento.

La coppia inoltre può stipulare un contratto di convivenza, si tratta di sottoscrivere un documento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, per regolare gli aspetti patrimoniali della vita in comune, come ad esempio la contribuzione alle spese della famiglia.

Naturalmente, in presenza di figli valgono le stesse regole per le coppie sposate in termini di mantenimento e affidamento. Quindi, in caso di separazione, l’ex convivente economicamente più forte sarà tenuto a corrispondere all’altro un assegno periodico nell’interesse della prole.

Ai conviventi di fatto sono comunque negati:

  • il diritto all’assegno di mantenimento. In caso di separazione e cessazione della convivenza, il partner in stato di bisogno può domandare solo gli alimenti qualora si trovi in serie difficoltà economiche;
  • il diritto all’eredità del partner: tuttavia, qualora il defunto abbia nominato il partner nel testamento, a quest’ultimo spetterà una parte della quota disponibile, cioè quella non riservata ai familiari più stretti;
  • il fondo patrimoniale: tale istituto, infatti, è riservato unicamente alle persone unite in matrimonio. La legge consente comunque ai conviventi con figli la possibilità di istituire un trust;
  • l’obbligo di fedeltà con la conseguenza che in caso di tradimento, il partner non può chiedere al giudice l’addebito della separazione (ossia l’attribuzione della colpa per la fine della convivenza) o il risarcimento del danno;
  • la pensione di reversibilità del convivente defunto;
  • l’adozione di minori.

La cessazione della convivenza può avvenire in caso di:

  • decesso di uno dei conviventi;
  • matrimonio oppure unione civile di uno dei partner;
  • fine della coabitazione;
  • estinzione dei legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale

La cessazione della convivenza deve essere dichiarata al Comune di residenza presentando un apposito modulo.

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