Non rimborsare un finanziamento a un istituto di credito comporta diversi rischi: dopo 30 giorni di ritardo nel pagamento, scattano gli interessi di mora, essi si calcolano sulle somme non versate e si aggiungono a quelli dovuti per il prestito. Il tasso degli interessi di mora è stabilito nel contratto di mutuo.
La banca, segnala il mancato pagamento o il ritardo alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, oltre a varie banche dati come Crif o Eurisc, (esservi iscritti significa essere classificati come cattivi pagatori e non godere più della fiducia da parte degli istituti di credito) e può essere effettuata solo dopo almeno 120 giorni di ritardo nel pagamento.
Per quanto riguarda il pignoramento dello stipendio, esso può avvenire soltanto dopo il mancato pagamento di 18 rate; ciò in forza di un decreto legislativo emanato nel 2016 in attuazione di una direttiva europea. Questo beneficio, però, vale solo per i mutui stipulati dal 2017 in poi; per quelli precedenti è sufficiente che il debitore non versi 7 rate.
Decorsi i suddetti termini, la banca invia al debitore, a mezzo raccomandata a.r. o pec, una comunicazione di decadenza dal beneficio del termine, con la quale gli comunica la revoca del mutuo e lo invita al rimborso integrale delle somme prese in prestito e non ancora pagate, con gli interessi. Nella lettera, l’istituto di credito assegna al debitore un termine per l’adempimento, avvertendolo che in mancanza procederà ad azioni esecutive nei suoi confronti.
Trascorso il termine dalla richiesta di pagamento dell’intero importo dovuto, la banca notifica al debitore il titolo esecutivo, esso può consistere in un provvedimento del giudice (come una sentenza o un decreto ingiuntivo), ma nel caso del mutuo anche il relativo contratto, stipulato con rogito notarile, ha questo valore.
Successivamente, l’istituto di credito notifica al debitore l’atto di precetto, si tratta dell’intimazione di pagare il debito indicato nel titolo esecutivo, oltre agli interessi e le spese, entro un termine che non può essere inferiore a dieci giorni.
Decorso inutilmente il suddetto periodo può aver luogo il pignoramento. Se il debitore è un lavoratore dipendente e percepisce uno stipendio, pignorare quest’ultimo è un modo per recuperare agevolmente il credito.
L’esecuzione avviene nella forma del pignoramento presso terzi: la banca notifica al debitore e al datore di lavoro un atto con il quale invita il secondo ad accantonare gli stipendi dovuti al primo fino alla concorrenza del credito. Successivamente si svolge un’udienza, nel corso della quale il datore di lavoro conferma al giudice qual è l’ammontare dello stipendio e il magistrato gli ordina di versarne mensilmente una quota direttamente alla banca.
Tuttavia, non può essere pignorata l’intera retribuzione, ma solo 1/5 di quella netta.
È possibile evitare il pignoramento sospendendo il pagamento delle rate, per un massimo di 18 mesi, e deve trattarsi di un mutuo per l’acquisto della prima casa. La condizione per fruire di questa agevolazione è che il mutuatario abbia subito nei tre anni antecedenti, uno dei seguenti eventi sfavorevoli:
- la perdita del lavoro, subordinato, parasubordinato, di rappresentanza o di agenzia;
- la sospensione del lavoro o la riduzione dell’orario per almeno un mese;
- l’handicap grave nella misura di almeno l’80%;
- la morte (caso in cui, naturalmente, la richiesta di sospensione verrà avanzata dagli eredi);
- in caso di lavoro autonomo, un calo di fatturato superiore al 33%
Oppure, se il mutuatario si accorge di avere difficoltà a pagare regolarmente le rate, perché di importo troppo elevato, può chiedere alla banca di rinegoziare il mutuo per ridurle.
O ancora se il mutuatario individua una banca che pratica condizioni più vantaggiose può chiedere di spostare il mutuo presso di essa, senza necessità di rinnovare le relative spese (come quelle di istruttoria, di perizia eccetera). L’istituto di credito presso il quale è stato aperto il finanziamento non può opporsi alla richiesta del cliente, né può pretendere il pagamento di commissioni.
Nei casi più gravi, invece, la legge prevede un rimedio più drastico cui ricorrere in caso di sovraindebitamento, ossia quando si è nella definitiva impossibilità di onorare i propri debiti. In relazione alla situazione economica del debitore viene elaborato un piano di pagamento dei debiti, che prevede la drastica riduzione degli importi da versare ai creditori e un dilazionamento nel tempo.
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