LA PENSIONE DI REVERSIBILITA’

LA PENSIONE DI REVERSIBILITA’

La pensione di reversibilità è una forma di sostegno pensionistico rivolto ai familiari di superstiti di un pensionato o di un lavoratore deceduto. Anche nel 2024 vale la regola per cui c’è un limite alla cumulabilità tra i redditi del coniuge superstite e la pensione di reversibilità a lui riconosciuta. La normativa riconosce al coniuge superstite il diritto al 60% della quota di pensione maturata o percepita dal dante causa, quota che sale all’80% in presenza di un figlio e del 100% in presenza di due figli. Quando ci soni figli non ci sono limiti alla cumulabilità con gli altri redditi percepiti diversamente quando del caso singolo coniuge. La normativa, infatti, stabilisce che quando i redditi percepiti sono superiori a 3 volte il valore del trattamento minimo scatta una decurtazione della pensione di reversibilità tanto maggiore quanto più è elevato il reddito. I tagli alla pensione di reversibilità sono applicati nel seguente modo: tra le 3 e le 4 volte il trattamento minimo (soglia 23345,73 – 31127,64 euro) scatta una decurtazione del 25%; tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo (soglia 31127,64 e 38909,55 euro) la decurtazione è del 40% mentre sopra le 5 volte (soglia di 31127,64 euro) il taglio è del 50%. Ai fini della cumulabilità della pensione di reversibilità con altri redditi si considerano tutti quelli assoggettabili a Irpef al netto dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto e anticipazioni. Con la sentenza 162 del 30 giugno 2022 la Corte Costituzionale ha posto un limite ai tagli della pensione di reversibilità stabilendo che l’importo non può essere decurtato di una somma che super l’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi: in presenza di altri redditi, quindi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi.

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