NO AL SALARIO MINIMO

NO AL SALARIO MINIMO

NO AL SALARIO MINIMO

La commissione lavoro della camera dei deputati ha dato il via libera all’emendamento della maggioranza che ha cancellato la proposta di salario minimo avanzata dalle opposizioni. In questa legislatura non ci sarà, quindi, l’introduzione del salario minimo in Italia. Al suo posto viene delegata al governo la possibilità, entro 6 mesi, di approvare misure che possano garantire l’attuazione del diritto di ogni lavoratore ad una retribuzione proporzionata e sufficiente potenziando lo strumento della contrattazione collettiva. Nonostante in Italia ci siano i contratti collettivi a garantire un certo livello stipendiale, ci sono ancora molti lavoratori che guadagnano meno dei 9 euro lordi l’ora previsti dalla proposta di salario minimo firmata dall’opposizione. A questa tipologia di lavoratori vuole dare attenzione l’emendamento firmato da Walter Rizzetto, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. L’emendamento in questione delega al governo il diritto a una retribuzione proporzionata e sufficiente come sancito dall’articolo 36 della Costituzione. Al governo vengono dati 6 mesi di tempo per approvare adeguati provvedimenti volti ad assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi, contrastare il lavoro sottopagato, stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nel rispetto delle tempistiche stabilite dalle parti sociali e contrastare il dumping contrattuale che determina fenomeni di concorrenza sleale mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati ad abbassare il costo del lavoro e ridurre le tutele dei lavoratori. L’emendamento non elenca le misure da attuare ma si limita ad elencare una serie di principi da raggiungere come: definire i contratti collettivi più applicati in riferimento al numero di imprese e dipendenti, stabilire i settori degli appalti di servizi di qualunque tipologia con l’obbligo per le società appaltatrici di riconoscere ai lavoratori i trattamenti economici complessivi minimi non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi più applicati per la tipologia di appalto. Inoltre bisogna, secondo l’emendamento, estendere i trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi, prevedere strumenti di incentivazione atti a favorire lo sviluppo progressivo della contrattazione di secondo livello, prevedere strumenti di misurazione che si basino sulla indicazione obbligatoria del codice del contratto collettivo applicato al rapporto nei flussi UNIEMENS, introdurre strumenti di incentivazione a sostegno del rinnovo dei contratti collettivi nei termini previsti dalle parti sociali. Per ciascun contratto scaduto e non rinnovato entro i termini e per i settori nei quali manca una contrattazione di riferimento bisogna prevedere l’intervento diretto del Ministero del Lavoro. Infine, bisogna prevedere misure di rafforzamento della concorrenza e lotta all’evasione fiscale e contributiva e disciplinare i modelli di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili di impresa. La proposta in questione non prevede quindi l’istituzione di un salario minimo uguale per tutti poiché esso dipende dal settore di appartenenza tenendo conto di quello che è lo stipendio riconosciuto dal contratto collettivo più rappresentativo.

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