Archivio mensile Luglio 24, 2023

SUPERBONUS: CHI DEVE AVERE LA POLIZZA ASSICURATIVA?

In caso di decadenza dai benefici del Superbonus, il committente può tutelarsi attraverso la copertura assicurativa. Il comma 14 dell’art 119 del decreto legge 34 del 2020 prevede, infatti, l’obbligo per i professionisti che rilasciano attestazioni Superbonus, Sisma bonus e Fotovoltaico di avere una polizza dedicata a questa tipologia di attività. L’art 119 comma 4 del decreto legge 34 del 2020 prevede, infatti, che i soggetti stipulano una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con un massimale adeguato al numero delle attestazioni o osservazioni rilasciate e agli importi degli interventi in oggetto e comunque non inferiore ai 500 mila euro, al fine di garantire ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento di eventuali danni provocati dall’attività prestata. La polizza copre i danni provocati dal committente e al bilancio di Stato ma questo non esime il professionista da ulteriori sanzioni amministrative pecuniarie. I professionisti obbligati a stipulare la polizza non sono tutti coloro che intervengono nei lavori di ristrutturazione ma quelli che rilasciano delle asseverazioni relative alla spettanza del bonus. In caso di lavori di ristrutturazione con miglioramento del rischio sismico, si ritiene che la polizza debba essere stipulata da: progettista strutturale, direttore dei lavori, collaudatore e tecnico che presenta l’attestazione Enea. Il beneficio delle detrazioni legate al Superbonus viene meno nel caso in cui siano violate le norme sulla sicurezza nei cantieri e in particolare quando: – viene omessa la comunicazione preventiva all ‘ASL competente; – c’è una violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e quelle relative agli obblighi contributivi. I responsabili delle omissioni sono soggetti diversi rispetto a quelli obbligati ad avere la polizza Superbonus, cioè coloro che effettuano asseverazioni. Sono responsabili ti tali violazioni: il direttore dei lavori, il coordinatore per la sicurezza e l’appaltatore. Per le imprese edili gli obblighi assicurativi generali sono molto differenti a seconda che il committente sia pubblico o privato. Per il committente privato, la tutela è minima quindi il rischio di dover sopportare la perdita delle agevolazioni fiscali è molto alto.

CANCELLATE 36 MILIONI DI CARTELLE DI PAGAMENTO

Il viceministro dell’economia, Maurizio Leo, nel corso di un collegamento con il XVI forum dell’Ungdcec (unione nazionale dei giovani dottori commercialisti), ha dato conferma dell’ottimo risultato prodotto dalla rottamazione quarter. Sono circa 36 milioni le cartelle di pagamento, intestate a oltre 8 milioni di contribuenti, che sono state stralciate in virtù dell’annullamento dei crediti di importo fino a 1000€, come stabilito dalla Legge di Bilancio 2023. Il viceministro ha, inoltre, riferito che ci sono state 3,8 milioni di domande nel quadro della Rottamazione quarter, e che tutte le istanze verranno lavorate entro il 30 settembre. L’Agenzia delle Entrate comunicherà gli importi da pagare agli interessati. Per quanto riguarda la mancanza delle proroghe dei versamenti, il ministro ha spiegato che i flussi derivanti dall’autotassazione servono a coprire le esigenze della Pubblica Amministrazione e, non essendo disponibili ancora le somme della terza rata del Pnrr, non è tecnicamente fattibile una proroga oltre il 20 Luglio.

IL MANCATO PAGAMENTO DELLA BOLLETTA DELL’ACQUA

Fin dalla sua introduzione, l’acqua nelle abitazioni è indispensabile sia per motivi igienici che domestici. Pur essendo un bene primario, gli utenti sono chiamati a pagare la bolletta per l’acqua, necessaria a pagare la fornitura del servizio idrico. Il mancato pagamento della bolletta dell’acqua non comporta immediatamente la disattivazione del servizio: questa è preceduta da un preciso iter. Oltre alla scadenza della bolletta, gli utenti hanno un ulteriore tempo a disposizione per saldare il debito. L’utente, non pagando la bolletta dell’acqua, riceverà a partire dal 25 esimo giorno una diffida di messa in mora, che sarà anticipata da un sollecito di pagamento bonario con allegazione del bollettino, che fornisce un termine ultimo per il pagamento, oltre il quale la società fornitrice adempierà le vie legali. In sede di causa civile, l’utente che non ha pagato le bollette sarà obbligato, anche tramite pignoramento dei suoi beni. L’utente è chiamato a pagare anche gli interessi: si applica il tasso di interesse legale nei primi cinque giorni di ritardo, tasso che viene maggiorato del 5% dopo 30 giorni. Se entro 30 giorni l’utente non avrà pagato, oltre all’azione legale è prevista la sospensione del servizio idrico. Per le utenze domestiche residenti la sospensione può avvenire soltanto se il debito supera il corrispettivo annuo dovuto per la fascia di consumo agevolato o dopo la limitazione dell’acqua al minimo vitale. Per quanto riguarda le forniture condominiali, la sospensione, la limitazione e la disattivazione della fornitura sono possibili soltanto se alla scadenza stabilita dalla messa in mora non è stata saldata almeno la metà del debito. E’ poi necessario effettuare il saldo nei tempi previsti. La disattivazione della fornitura dell’acqua non avviene automaticamente dopo la sospensione del servizio, ma quando la mora prosegue e viene manomesso il contatore. In seguito alla limitazione, sospensione o disattivazione della fornitura idrica, è possibile procedere a una riattivazione saldando il debito. La società fornitrice ha l’obbligo di riattivare appieno il servizio idrico entro 2 giorni dall’attestazione del saldo. I gestori del servizio idrico sono tenuti a garantire la rateizzazione del debito in 12 mesi informando gli utenti delle tempistiche e delle modalità. Il pagamento della bolletta dell’acqua non è dovuto quando passano 2 anni dalla scadenza della bolletta. La prescrizione si interrompe quando viene inviata una diffida o un avviso bonario, atti dai quali il periodo di 2 anni inizia a decorrere dall’origine. I tempi di prescrizione si riferiscono alla singola bolletta presa in riferimento e non a quelle ricevute successivamente. Il tema della bolletta dell’acqua crea sempre ostilità tra i consumatori poichè l’acqua è un bene primario. Con la bolletta dell’acqua, tuttavia, non si paga la materia prima in sè ma tutti i servizi connessi alla fornitura idrica. La bolletta è necessaria per pagare il prelevamento dell’acqua alla fonte, la sua potabilizzazione, il trasporto e il convogliamento verso gli impianti di depurazione. L’ONU ha riconosciuto l’acqua potabile a uso personale e domestico come un diritto universale e fondamentale degli esseri umani. Tuttavia, la risoluzione dell’ONU non ha carattere vincolante e, quindi, di legge. L’Italia, in virtù di quanto esposto dall’ONU, ha predisposto il bonus sociale idrico che consente, alla famiglie in difficoltà (in base all’isee e al numero di componenti) di avere fino a 50 litri gratis di acqua al giorno. I beneficiari hanno diritto al bonus sociale idrico anche in caso di mancato pagamento delle bollette dell’acqua.

NUOVI CONTROLLI FISCO 2023

L’Agenzia delle Entrate ha introdotto un nuovo strumento capace di migliorare la coordinazione fiscale e di ridurre al limite il margine di errore individuando ogni movimento anomalo sui conti correnti attenzionati. I rilevamenti ufficiali del governo italiano, nel primo trimestre, hanno evidenziato circa 1936 casi di evasioni: il numero più alto riguarda i lavoratori in nero, seguiti dagli esercenti di attività d’impresa e lavoratori autonomi. Grazie ad un algoritmo potenziato, l’Anonimetro, vengono comparati di dati estrapolati dall’Anagrafe dei conti correnti delle persone. Il protocollo attuale prevede controlli periodici per individuare i soggetti che rientrano nel profilo di alto rischio di evasione fiscale. L’obiettivo è quello di intercettare anomalie o irregolarità esercitando un’azione di prevenzione contro gli evasori prima ancora che venga compiuta l’azione da evadere. Non mancano dubbi e criticità sulla predittività dell’evasione. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha ribadito che non è in atto “un prelievo forzoso perché è un meccanismo che discende dal codice di procedura civile e si rende applicabile anche alle altre ipotesi, non solo quando c’è di mezzo lo Stato”. Bisognerebbe, quindi, parlare di un provvedimento già previsto dal codice civile. “Nel momento in cui un contribuente è un evasore e l’imposta e il giudice lo hanno accertato, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione chiede alla banca, attraverso procedure informatiche, di fare il pignoramento per terzi. Il procedimento ora viene accelerato poiché attraverso le procedure informatiche si può capire subito se il contribuente ha i soldi. Queste procedure sono regolate dall’articolo 16 della Legge delega che prevede che il governo possa potenziare l’attività di riscossione coattiva dell’agente di riscossione attraverso la razionalizzazione e l’auto azione della procedura di pignoramento dei rapporti finanziari.

CASE GREEN

Il tema dell’efficientamento energetico non è sconosciuto agli italiani. Negli ultimi anni, grazie all’introduzione del Superbonus 110%, questa tematica è ritornata ad essere oggetto di discussione non solo nei confini italiani. Il Parlamento Europeo, infatti, ha approvato il testo della direttiva case green. La normativa prevede, infatti, l’obbligo per i proprietari delle abitazioni di eseguire lavori di riqualificazione energetica per portare il proprio immobile in classe E entro il 2030. Il provvedimento, nello specifico, prevede il raggiungimento entro il 1° gennaio 2030 della classe energetica E, decorsi tre anni ci sarà un nuovo passaggio alla classe energetica fi tipo D, fino ad arrivare tra il 2040 e il 2050 al traguardo delle 0 emissioni. Questa normativa non ha tardato a suscitare perplessità nei cittadini. La prima riguarda il come conoscere la classe energetica del proprio immobile. Le classi energetiche possibili vanno dalla A+ alla G. La prima è la meno costosa e vi rientrano case con consumi sotto la soglia del 15 kWh/mq all’anno, l’ultima, la più onerosa, con consumi sopra i 160 kWh/mq. Per sapere la classe di appartenenza dell’immobile bisogna consultare un tecnico certificato che, dopo aver eseguito i sopralluoghi del caso e consultato i documenti riguardanti la costruzione dell’immobile e la manutenzione degli impianti termici, può stabilire con esattezza il calcolo. Al termine delle verifiche, il tecnico abilitato rilascerà al proprietario l’attestato di prestazione energetica (APE) a certificare le caratteristiche energetiche dell’immobile.  Le case antecedenti al 2005 probabilmente saranno di una classe energetica bassa, se l’immobile, invece, ha oltre 30 anni e non è mai stato oggetto di ristrutturazione per tetto e pareti, avrà una classe energetica probabilmente di tipo E. Le classi più virtuose richiedono un livello di isolamento adeguato della copertura della casa e delle pareti. Disporre di un impianto solare o una pompa di calore è fondamentale per passare a classi energetiche superiore. A prescindere dalla valutazione energetica, ognuno di noi può conoscere la classe energetica del proprio immobile partendo da una serie di accorgimenti che possono essere un cappotto termico, il sistema di climatizzazione, impianti di illuminazione di alta efficienza energetica non inquinanti o ancora sistemi di schermatura solare e infissi a doppio vetro. Se a queste caratteristiche corrispondono risposte negative, l’immobile sarà, con ogni probabilità, di una classe energetica bassa. Il proprietario dell’immobile può migliore l’efficientamento energetico in modo da passare a una classe energetica più alta mettendo in atto una serie di interventi sull’immobile. La semplice installazione di pannelli solari o altri impianti capaci di sfruttare le energie rinnovabili possono contribuire al raggiungimento di questo obiettivo.

ISEE E GENITORI NON SPOSATI

I genitori non sposati e non conviventi sono tenuti a essere presenti nell’Isee dei figli minorenni ove il genitore non convivente compare come componente attratta o aggregata. Se i due genitori sono in buoni rapporti non sorgono problemi e configurando entrambi nell’Isee, è possibile ottenere in misura piena le agevolazioni fiscali per i figli. Diverso è il caso in cui tra i due genitori ci sono dei conflitti e uno dei due si rifiuta di voler dichiarare il proprio reddito. Non esiste un obbligo legale in tal senso. Non si tratta di una lacuna legislativa ma di una mancanza di regolamentazione nella struttura delle singole agevolazioni. Non vi è, quindi, un obbligo riguardante la comunicazione dei redditi e dei patrimoni anche se impedire la comunicazione dell’Isee del figlio minorenne danneggia gli interessi del minore stesso che non potrà ricevere le agevolazioni. Eventuali timori riguardanti alla privacy possono essere facilmente ovviati presentando personalmente il proprio Isee e comunicando all’altro genitore solamente il numero di protocollo. Il diniego è pressoché inutile poiché l’altro genitore potrebbe agire in sede legale per chiedere l’esclusione dal nucleo familiare del figlio. Non è quindi possibile obbligare direttamente l’altro genitore a fornire i suoi dati anche laddove siano necessari negli interessi del figlio. Dato che le agevolazioni fiscali non sono considerate questioni di massima urgenza, il primo metodo per intervenire è quello di procedere ad una diffida. Questa intimerà l’altro genitore a comunicare il protocollo Isee ai fini delle agevolazioni necessarie per il minore. L’elemento coercitivo è, come in tutte le diffide, la causa civile che può essere funzionale non per la richiesta dell’agevolazione in sé, quanto più per la richiesta di assegno di mantenimento. L’erogazione dell’assegno di mantenimento deroga l’inclusione dell’altro genitore nell’Isee del figlio minorenne e fornisce al genitore collocatario un aiuto nelle spese. Laddove dovessero mancare i presupposti per il mantenimento, non si esclude che il giudice possa richiedere anche di consentire al figlio minore di ottenere la prestazione, obbligando il genitore a collaborare. Questo è un aspetto difficilmente considerato dalle corti, soprattutto se finalizzati ad agevolazioni come l’assegno unico. Questo, infatti, non deve essere necessariamente erogato al genitore collocatario, ma è suddiviso fra i due genitori con affidamento congiunto. Il giudice può comunque sentenziare l’estraneità dell’altro genitore rispetto al nucleo familiare del minore, eliminando l’obbligo di inclusione nell’Isee. Lo stesso accade quando c’è un affidamento esclusivo, un provvedimento che allontana l’altro genitore dalla residenza del minore oppure una decadenza della potestà genitoriale. Quindi, se l’altro genitore non vuole fornire i propri dati personali, è possibile risolvere la questione in modi diversi a seconda della causa. Da un lato è possibile eliminare il problema della componente aggiuntiva con, ad esempio, il mantenimento o altre modalità previste, dall’altro, pur essendo riconosciuta la lacuna nella forma dell’Isee minorenni, non sarà possibile far nulla di più considerando le ripercussioni economiche a carico del genitore non collocatario.

IL PROPRIETARIO PUO’ USARE LE PERTINENZE DI UNA CASA IN AFFITTO?

Prendendo un immobile in affitto, spesso capita che il proprietario del suddetto occupi cantine o garage di pertinenza dell’immobile con oggetti personali. In questo caso, è necessario accertarsi che il contratto di affitto comprenda anche le pertinenze in questione. Se, nel contratto, è chiaramente specificato che, oltre all’immobile ad uso abitativo, si concede in affitto all’inquilino anche garage e/o cantina, all’inquilino deve essere dato modo di utilizzare in toto il bene che ha affittato. Il proprietario, quindi, è tenuto a liberare da questi locali i suoi oggetti personali: non può tenere occupata neanche una parte delle pertinenze dell’appartamento poiché l’inquilino che preso in affitto oltre alla casa anche la cantina e il garage, ha il diritto di disporre totalmente dei beni affittati. Qualora il proprietario si rifiuti di liberare le pertinenze, l’inquilino può ricorrere a vie legali. Ovviamente la prima mossa deve essere sempre in via bonaria e quindi chiedere al proprietario di lasciare liberi gli spazi che attualmente occupa con le proprie cose. Se il proprietario, seppur sollecitato, non provvede a liberare i locali in oggetto, allora si dovrà ricorrere alle vie legali. In questo caso al proprietario non solo verrà chiesto di sgomberare i locali adibiti a cantina e/o garage ma verrà anche chiesta una rimodulazione del canone di locazione per le mensilità nelle quali l’inquilino non ha potuto godere del diritto di possesso totale sui locali in questione. Anche le spese legali ricadranno sul proprietario poiché in difetto nei confronti dell’inquilino. Se il contratto di locazione prevede più beni, la consegna degli stessi deve essere indivisibile e il godimento dei beni deve essere considerato nel suo complesso. Se il proprietario occupa una delle pertinenze comprese nel contratto, egli viene meno a ciò che è stabilito nel contratto e il conduttore, in base a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 21/10/ 1983 n. 6193, può agire al fine di ottenere la consegna dei beni mancanti per godere in toto dei beni che ha locato nel periodo prestabilito dal contratto.

LE CARTELLE ESATTORIALI

Le cartelle esattoriali sono un atto con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione chiede il pagamento, dopo aver effettuato i dovuti controlli, delle somme risultanti a debito del contribuente. Ricevere una cartella esattoriale genera sempre, nel contribuente, grande ansia e apprensione. Il contribuente, dopo aver ricevuto la cartella esattoriale, ha due possibilità: saldare l’importo richiesto (facendo anche domanda di rateizzazione dell’importo dovuto) o fare ricorso al giudice di pace entro 30 giorni dalla ricezione della suddetta. La cartella esattoriale è, quindi, un atto di pagamento. Ogni cartella contiene: la descrizione delle somme, l’intimazione ad adempiere entro il termine di 60 giorni dalla notifica, le modalità per richiedere un eventuale riesame. Con il provvedimento del 17 Gennaio 2022 è stato approvato un nuovo modello di cartella di pagamento per i carichi affidati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 gennaio 2022. La legge di Bilancio 2022, le cartelle non contengono più l’aggio della Riscossione ovvero gli oneri di riscossione non vengono più addebitati al contribuente. Le somme che risultano dovute a seguito dei controlli effettuati dagli enti creditori (Comune, Inps e la stessa Agenzia delle Entrate) vengono iscritte a ruolo. Il ruolo, ovvero un elenco con i nominativi dei debitori con la tipologia delle somme dovute, viene trasmesso all’Agenzia delle Entrate-Riscossione che provvede ad elaborare e notificare la cartella di pagamento. Il termine per il pagamento è fissato entro 60 giorni dalla notifica. In caso di mancato pagamento, l’Agenzia delle Entrate può avviare nei confronti del debitore: – procedure cautelari e conservative, come il fermo amministrativo di beni mobili registrati o l’ipoteca; – l’esecuzione forzata per il recupero coattivo del credito sulla base del ruolo che costituisce titolo esecutivo, quindi il pignoramento dei beni mobili, immobili o dei crediti. Inoltre, in caso di mancato pagamento entro la scadenza, sulle somme dovute sono inseriti gli interessi di mora maturati giornalmente dalla data di notifica della stessa. La pace fiscale comprende una serie di procedure che consentono al contribuente con debiti e contenziosi pregressi di chiudere le cartelle in modo agevolato. Le modalità di pagamento sono molteplici ma per prima cosa occorre scaricare dal sito dell’Agenzia delle Entrate i bollettini di pagamento o chiedere una copia della “Comunicazione delle somme dovute”. Per pagare il bollettino allegato alla “Comunicazione delle somme dovute” del saldo e stralcio o della rottamazione quarter possiamo: – usare il servizio paga on line che permette di usare i canali telematici delle banche, poste italiane e degli altri prestatori di servizi di pagamento aderenti al nodo pagoPA o – recarsi ad uno sportello fisico. E’ possibile richiedere al proprio istituto di credito, il pagamento delle rate tramite conto corrente facendone richiesta entro 20 giorni dalla scadenza della rata. Se la richiesta alla banca viene fatta oltre questo limite, il pagamento della rata in scadenza andrà fatto in un’altra modalità mentre la successiva verrà pagato con addebito sul conto corrente. Si può regolarizzare la propria posizione col fisco tramite compensazione, se si hanno dei crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione. Per esempio, se un’impresa ha effettuato lavori per conto di una PA ma non ha ancora ricevuto il pagamento per la prestazione effettuata, essa può utilizzare quel credito commerciale per pagare i debiti oggetto di cartelle di pagamento. Ovviamente la PA certificherà la presenza del credito tramite la piattaforma informatica del ministero dell’Economia e delle Finanze. La domanda di rateizzazione va presentata: – tramite pec, – presentando la richiesta presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate; – online tramite il servizio “rateizza adesso” valido per gli importi fino a 100.000 euro. Se l’importo del debito supera i 60.000 euro, occorre documentare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà. Il piano di rateizzazione, con rate variabili di importo crescente per ciascun anno, arriva fino a 72 rate ma in caso di grave e comprovata difficoltà economica si può ottenere una dilazione fino a 120 rate. In caso di peggioramento della oggettiva difficoltà economica, la dilazione può essere prorogata, una sola volta, per 72 mesi. La decadenza del beneficio della rateizzazione si verifica col mancato pagamento di un determinato numero di rate, anche non consecutive. La decadenza si concretizza: – per le rateizzazioni concesse dopo l’8 marzo 2020 e richieste fino al 31 dicembre 2021 al mancato pagamento di 10 rate anche non consecutive; – per le rateizzazioni presentate e concesse successivamente al 1 gennaio 2022 al mancato pagamento di 5 rate anche non consecutive; – per le rateizzazioni presentate e concesse successivamente al 16 luglio 2022 al mancato pagamento di 8 rate anche non consecutive. Una volta decaduti dal piano di rateazione, l’importo residuo deve essere saldato in un’unica soluzione. Il carico può essere saldato se, all’atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate e la nuova dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla stessa data.

IL PAGAMENTO DEL DEBITO RISULTANTE DAL MODELLO 730

Dopo aver presentato il modello 730/2023, le situazioni in cui il contribuente può trovarsi dopo il conguaglio sono due: debito verso il Fisco o credito. Nel caso di debito ci saranno delle imposte da versare entro una determinata scadenza mentre se avrà diritto ad un credito riceverà il rimborso in busta paga se ha presentato il modello con sostituto d’imposta o riceverà un bonifico dall’Agenzia delle Entrate se il modello è stato presentato senza sostituto d’imposta. Nel caso in cui il contribuente si trova a debito, egli deve tenere conto della scadenza per il versamento Irpef. Esso ha una data ben precisa, ovvero il 30 giugno di ogni anno anche se questa data non coincide con il termine per presentare il modello 730. Ricordiamo che la data ultima per il 2023 è stata fissata al 2 Ottobre. In base alle informazioni leggibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate, l’imposta dovuta dalla dichiarazione dei redditi deve essere pagata entro il 30 giugno dell’anno in cui la dichiarazione è presentata. Si può procedere a pagare sia in un’unica soluzione ma anche la sola prima rata entro il 31 Luglio applicando una maggiorazione dello 0,40% delle somme dovute. Per il contribuente che si ritrova un debito importante derivante dal 730 c’è la possibilità di pagare gli importi dovuti ratealmente o in busta paga o tramite modello F24. Ovviamente se si sceglie la strada della rateizzazione, si dovrà tener conto degli interessi sulle somme che si versano. La prima rata, quella di giugno, non prevede interessi ma già la seconda rata di luglio prevede un interesse dello 0,33% , interesse destinato ad aumentare di uno 0,33% di rata in rata per arrivare ad un interesse massimo dello 1,65% nella sesta rata del 30 novembre. Non coincidendo le date di scadenza del versamento Irpef con quella di presentazione della dichiarazione dei redditi, un contribuente che presenta il proprio 730 ad agosto o settembre, in linea con la scadenza prevista per il 2 Ottobre, non avrà più la possibilità di rateizzare il proprio debito Irpef in sei rate poiché entro novembre il debito dovrà interamente essere saldato. In questo caso nelle somme che si andranno a versare, bisognerà calcolare gli interessi dello 0,33% per ogni mese di ritardo rispetto a giugno.

BUONI PASTO PER PARTITE IVA

Solitamente l’uso dei buoni pasto viene associato alle grandi aziende ma, in realtà, questi sono un ottimo investimento anche per le ditte individuali, le partite Iva e i lavoratori autonomi. Quest’ultimi, infatti, possono acquistare i buoni pasto per i collaboratori ma anche per sé stessi. Ovviamente restano escluse le partite Iva che hanno scelto un regime forfettario agevolato. La legge di Bilancio 2020 ha previsto dei nuovi limiti per i buoni pasto che sono esentasse: 4 euro giornalieri per quelli cartacei, 8 euro giornalieri per quelli elettronici. Oltre alla deducibilità del costo di acquisto, il valore del buono pasto non costituisce reddito imponibile fino a questi importi. Se il professionista o il lavoratore autonomo acquista i buoni pasto per erogarli ai propri dipendenti potrà dedurre integralmente il costo che sostiene per l’acquisto ma non può detrarre l’Iva agevolata al 4% addebitata dalla società che li emette. Se i buoni pasto sono acquistati per sé stessi perché non si hanno dipendenti, la deducibilità è inferiore. Il costo per l’acquisto dei buoni pasto è deducibile al 75% del prezzo d’acquisto ma solo nel limite del 2% del fatturato totale annuo cosi come previsto dall’art 54 comma 5 del TUIR. I vantaggi principali per un libero professionista o per chi ha una ditta individuale senza dipendenti non riguardano solo la deducibilità dei costi ma influiscono anche sulla gestione della contabilità poiché per la deduzione l’unica fattura necessaria è quella mensile di acquisto dei buoni pasto. I buoni pasto, inoltre, possono essere usati sia nei bar- ristoranti ma anche nei supermercati: questo permetterà di portare in deduzione anche la spesa alimentare.