La cartella esattoriale o cartella di pagamento è un atto amministrativo il cui obbiettivo è rendere note le iscrizioni a ruolo delle somme da versare e ottenere la riscossione degli importi dovuti. È un titolo esecutivo per cui l’agente di riscossione, una volta notificata la cartella esattoriale, potrà avviare azioni esecutive sui beni del debitore al fine di riscuotere il dovuto. L’art 50 comma 1 DPR n.602/73 stabilisce che l’azione esecutiva nei confronti del debitore deve essere esercitata dopo 60 giorni dalla notifica. Il pignoramento non può essere proposto nel caso in cui il contribuente: – paghi per intero il dovuto, – presenti una istanza di rateizzazione, – aderisca ad un provvedimento di pace fiscale, – vi sia una sospensione amministrativa o giudiziale della cartella esattoriale, – il contribuente impugna il provvedimento. La cartella esattoriale non ha forza autonoma ma la sua efficacia è legata alla formazione di un ruolo. Esso si compone dell’elenco dei debitori e le somme dovute. Nello specifico devono essere inseriti: – somme dovute, – estremi identificativi del debito – data in cui il ruolo diventa definitivo, – il riferimento all’atto di accertamento precedente la motivazione del provvedimento, – la promessa sui tratti salienti della cartella esattoriale. La cartella esattoriale per essere valida deve contenere una serie di elementi previsti dalla legge. Di conseguenza, la nullità della cartella esattoriale è proprio legata alla mancanza di uno degli elementi. Essendo un atto amministrativo, essa deve essere, ai sensi dell’art 3 della legge 241 del 1990 e dell’art 7 della legge 212 del 2000 (Statuto del Contribuente), motivata. Dalla cartella esattoriale, inoltre, devono essere desumibili le ragioni di fatto o di diritto che hanno portato all’emissione della stessa. L’obbligo di motivazione è finalizzato a dare al contribuente il diritto di replica e di conseguenza il diritto di difesa. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.31270/18 ha sottolineato che la motivazione della cartella esattoriale deve essere congrua, sufficiente, intellegibile. Nella stessa ordinanza viene sottolineato che la carenza di motivazione si manifesta anche nel caso in cui sia presente il calcolo analitico degli interessi moratori applicati. Sull’obbligo di motivazione i giudici sono abbastanza severi: la corte di Cassazione con sentenza n. 28655/18 stabilisce che il processo tributario ha natura impugnatoria, e di conseguenza, l’amministrazione finanziaria non può in tale sede integrare le motivazioni poste alla base dell’atto impositivo. Tra i presupposti indefettibili della cartella esattoriale vi è la notifica dei termini temporali previsti dalla legge. In caso di tardiva notifica degli atti, gli stessi devono essere ritenuti perentori al fine di non lasciare il contribuente esposto all’azione esecutiva del Fisco. La notifica può avvenire anche tramite PEC ma è fondamentale che sia apposta la firma digitale sul documento e che la stessa si riferisca in modo univoco al soggetto notificante. La firma digitale per essere validamente apposta non deve essere scaduta o sottoposta a revoca o sospensione. L’apposizione a un documento informatico di una firma digitale basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale ad una mancata sottoscrizione e la stessa si considera non apposta. IL DOCUMENTO È QUINDI NULLO. In caso di contestazione, l’apposizione della firma digitale sul documento informatico, l’agente di riscossione deve dimostrare di aver provveduto a regolare la notifica della stessa. Tra i difetti di notifica che vi possono essere fatti valere ci sono anche: la notifica a persona diversa dal destinatario, – la notifica incompleta, – la notifica a contribuente defunto, – la notifica a persona non convivente con il destinatario, – la notifica presso la residenza di un familiare non convivente diversa da quella del destinatario, – la notifica a incapace o minore.
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