NASPI

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Naspi in quattro casi: giusta causa, maternità, risoluzione consensuale e riassunzione.

La Naspi non spetta dopo le dimissioni, ossia quell’atto con cui il dipendente decide di recedere unilateralmente dal contratto facendo così venire meno qualsiasi vincolo nei confronti del datore di lavoro.

▶Giusta causa: il caso, ad esempio, del datore di lavoro che si rende colpevole di una violazione contrattuale grave, come può essere il mancato – e ripetuto – pagamento degli stipendi, ma non basta che sussista la giusta causa per far sì che anche le dimissioni presentate siano riconosciute come tali. È richiesta, un’apposita procedura, al momento dell’invio della domanda telematica su ClicLavoro, bisogna barrare l’apposita voce “dimissioni per giusta causa”.

▶Maternità: dimissioni volontarie, rassegnate durante il periodo di maternità, come tale si intende quello che va dal 300° giorno precedente alla data presunta del parto al compimento del 1° anno di vita del bambino. Una tutela per coloro che decidono di lasciare il lavoro per dedicarsi completamente alla cura del proprio figlio, riconoscendo comunque loro il diritto a percepire l’indennità di disoccupazione per i periodi lavorativi avuti negli ultimi quattro anni.

▶Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro: quando c’è sia la volontà del dipendente a non continuare il rapporto di lavoro che quella del datore di lavoro.

Nel dettaglio, ci riferiamo a due situazioni:

  • la prima, è quella in cui la risoluzione avviene nell’ambito della procedura di conciliazione presso la direzione territoriale del lavoro come disposto dall’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e come sostituito dall’articolo 1, comma 40, legge 92/2012;
  • la seconda è il caso in cui la risoluzione sia consensuale in quanto il lavoratore dipendente si rifiuta di trasferirsi presso un’altra sede dell’azienda, purché questa sita a più di 50 chilometri di distanza dalla residenza del lavoratore (o raggiungibile comunque con più di 80 minuti con i mezzi pubblici).

▶Riassunzione: la Naspi spetta quando negli ultimi 4 anni ci siano almeno 13 settimane contributive, per la maturazione di questi requisiti si tiene anche conto di eventuali periodi lavorativi cessati in seguito a dimissioni volontarie, ma solo nel caso in cui ci sia successivamente una riassunzione e una conseguente perdita del lavoro per non volontarietà del dipendente. 

Caso particolare, dimissioni durante il periodo di prova: ai fini dell’indennità di disoccupazione, lasciare il lavoro nel periodo di prova viene considerato al pari di qualsiasi altra dimissione volontaria, e dunque non c’è possibilità di fare domanda di Naspi.

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