Archivio mensile Gennaio 16, 2023

PRIMA CASA GIOVANI 2023

Il Governo ha confermato Il beneficio agevolazione acquisto prima casa under 36.

Ne potrà usufruire chi firma il rogito notarile e il mutuo fino al 31 dicembre 2023, come prevede l’articolo 1, comma 74 legge 197/2022.

Il bonus è riconosciuto solo a chi: 

  • non ha ancora compiuto il 36° anno di età nell’anno in cui è stipulato il contratto;
  • ha un Isee non superiore a 40.000 euro annui.

E’ necessario inoltre che:

  • l’immobile acquistato sia adibito a civile abitazione e non sia di lusso (ossia non rientri nelle categorie A/1, A/8 e A/9);
  • l’acquirente non sia titolare, nemmeno col coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune dove si trova l’immobile da acquistare;
  • l’acquirente non possegga un altro immobile acquistato con l’agevolazione prima casa in qualsiasi parte d’Italia. In caso contrario, esso deve essere ceduto (venduto o donato) entro un anno dalla data del nuovo acquisto;
  • l’acquirente deve spostare la propria residenza nel Comune ove si trova l’immobile entro 18 mesi dal rogito.

L’agevolazione consente di ottenere:

  • nel caso di compravendita di immobile da privati: l’esenzione da imposte di registro, ipotecaria e catastale.
  • nel caso di compravendita da ditta costruttrice o comunque imponibile a Iva: un credito d’imposta in misura pari all’Iva versata 
  • nel caso di mutuo, nell’esenzione dall’imposta sostitutiva.

L’Isee deve essere in corso di validità alla data del rogito e, pertanto, deve essere richiesto mediante la presentazione della relativa dichiarazione sostitutiva unica (Dsu).

Per ottenere l’agevolazione, l’acquirente deve dichiarare nel rogito notarile che intende avvalersi dell’agevolazione, attestando di avere un valore Isee non superiore a 40.000 euro e di essere in possesso della relativa attestazione in corso di validità o di aver già provveduto a richiederla. Si tratta quindi di una sorta di autodichiarazione.

AGENZIA DELLE ENTRATE: ROTTAMAZIONE 2023, DEFINIZIONE AGEVOLATA

La Legge di Bilancio 2023 ai commi dal 153 al 159 dell’articolo 1, ha previsto, una definizione agevolata delle somme dovute al Fisco.

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 1/E del 13 gennaio 2013, fornisce i chiarimenti necessari per i contribuenti che vogliano pagare in modo agevolato le somme dovute per gli esiti dei controlli automatizzati dei modelli dichiarativi degli anni 2019, 2020, 2021.

Nel documento vengono illustrate le istruzioni per:

  • definizione agevolata delle somme dovute per i controlli automatizzati delle dichiarazioni dal 2019 al 2021;
  • definizione agevolata delle rateazioni già in corso al 1 gennaio 2023;
  • estensione dei piani di rateazione.

L’obiettivo è quello non solo di correggere errori materiali e di calcolo che possono essere stati commessi durante la compilazione della dichiarazione, ma anche che le imposte dovute siano state correttamente pagate dal contribuente.

L’AdE fornisce chiarimenti in merito alle modalità di applicazione della Rottamazione in merito a questi debiti del contribuente con il Fisco. 

 In questo modo il contribuente ha la possibilità che le somme dovute non vengano iscritte a ruolo regolarizzando la sua posizione entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione (90 giorni se la comunicazione è telematica).

Per le imposte non versate o versate in ritardo, grazie alla definizione agevolata le sanzioni applicate passano dall’attuale 10% al 3%, rientrano nella definizione agevolata:

  • le comunicazioni per le quali il termine di pagamento non è ancora scaduto al 1 gennaio 2023;
  • le comunicazioni recapitate successivamente al 1 gennaio 2023.
  • o in un’unica soluzione;
  • o almeno la prima rata (le successive si dovranno versare entro la fine di ciascun trimestre successivo).

La definizione agevolata si applica anche alle rateazioni in corso al 1 gennaio 2023, ma solo se il contribuente è il regola con i pagamenti precedenti, ma l’agevolazione consiste solo nella riduzione dell’imposta (dal 10 al 3%) residua, ovvero per i pagamenti rateali da versare dopo il 31 dicembre 2022.

Grazie alla modifica apportata dalla Legge di Bilancio 2023, invece, a prescindere dall’importo del debito, il pagamento può essere rateizzato in un massimo di 20 rate di uguale importo da versare trimestralmente. Questa disposizione si applica non solo alle rateazioni non ancora iniziate, ma anche a quelle già in essere che possono, pertanto, essere estese anche se di importo non superiore a 5.000 euro.

SICUREZZA DEL LAVORATORE

L’articolo 2087 del codice civile stabilisce che il datore di lavoro deve preservare l’integrità psicofisica dei dipendenti attuando tutte le misure necessarie a garantire la loro salute.

Quando il datore di lavoro non garantisce la sicurezza, e la situazione in azienda è pericolosa per la salute del dipendente, questi può rifiutarsi di lavorare.

E se a tale comportamento dovesse conseguire il licenziamento disciplinare, il lavoratore potrebbe impugnarlo e ottenere dal tribunale la reintegra sul posto, a tal proposito è necessario inviare al datore di lavoro, entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento, una lettera generica di contestazione con cui il dipendente manifesti l’intenzione di opporsi al licenziamento.

Nei successivi 180 giorni l’avvocato che difende il lavoratore deve depositare in tribunale il ricorso contro il licenziamento.

Il provvedimento del giudice che dichiara illegittimo il licenziamento, dispone l’automatica reintegra sul posto, oltre al risarcimento del danno pari alle mensilità che, nel frattempo, il lavoratore avrebbe dovuto percepire. 

Ovviamente alla base del rifiuto di svolgere le proprie mansioni vi deve essere una grave violazione da parte del datore di lavoro, tale da pregiudicare seriamente la salute del dipendente.

ISEE 2023

L’Isee va richiesto per accedere a tutta una serie di agevolazioni fiscali e prestazioni, per esempio dal reddito di cittadinanza al bonus prima casa per gli under 36. Tra le novità va ricordato poi l’assegno unico, il cui importo viene stabilito su vari parametri, compreso l’Isee.

La differenza tra Isee corrente e ordinario sta nel periodo preso in considerazione: il valore dell’Isee corrente riguarda gli ultimi 12 mesi, mentre quello ordinario riguarda gli ultimi due anni.

Per accedere all’Isee corrente deve verificarsi una delle seguenti situazioni:

  • una variazione dell’attività di lavoro autonomo o dipendente;
  • una variazione nei trattamenti assistenziali, previdenziali o indennitari, anche esenti Irpef;
  • un cambiamento del reddito complessivo del nucleo familiare superiore al 25%;
  • una diminuzione del patrimonio del nucleo familiare di oltre il 20% rispetto a quello indicato nell’Isee ordinario (di 2 anni prima).

L’Isee corrente è legato alle variazioni di redditi e patrimoni, può essere richiesto nel momento in cui:

  • si perde il lavoro;
  • il rapporto lavorativo viene ridotto o subisce una sospensione;
  • il contribuente membro del nucleo familiare trova lavoro dipendente a tempo indeterminato;
  • se si verifica un’interruzione dei trattamenti previdenziali, assistenziali e indennitari non rientranti nel reddito complessivo ai fini Irpef;
  • se, durante il periodo di validità di un Isee corrente, inizia la fruizione di trattamenti previdenziali, assistenziali e indennitari non rientranti nel reddito complessivo ai fini Irpef;
  • se si cambia lavoro.

Documenti necessari per il modello Isee corrente:

  • l’Isee ordinario;
  • la Dsu;
  • la certificazione attestante la variazione della condizione lavorativa (per esempio la lettera di licenziamento, o la chiusura partita Iva), oppure la comunicazione della variazione del trattamento, attestante la data e il tipo di variazione;
  • l’indicazione di quanto percepito nell’anno precedente (quindi 12 mesi) alla presentazione dell’Isee corrente (quindi buste paga, certificazione lavoro autonomo) compresi i trattamenti assistenziali previdenziali e indennitari a qualunque titolo, percepiti da amministrazioni pubbliche, incluse le carte di debito assistenziali (ovvero tutti i bonus, il reddito di cittadinanza, gli assegni familiari, ecc.);
  • in caso di perdita del patrimonio mobiliare e/o immobiliare va prodotta la documentazione del patrimonio riferita al 31 dicembre dell’anno precedente, infine va comunicato saldo e giacenza per i conti correnti.

L’Isee corrente è quindi un Isee aggiornato dei redditi e trattamenti degli ultimi 12 mesi o degli ultimi 2 mesi, per il calcolo ci si basa sui dati aggiornati dei redditi di ciascun componente del nucleo familiare, che per esempio ha perso il lavoro, o rientra in una delle situazioni viste nel paragrafo precedente.

Ed in cooperazione con l’Agenzia delle Entrate, sarà verificata la corrispondenza tra i dati autodichiarati nella Dsu integrativa e quelli presenti nelle banche dati pubbliche, anche le giacenze medie dei conti correnti, non solo per il dichiarante ma anche per il nucleo familiare di appartenenza.

In caso di difformità, sarà possibile presentare un nuovo modulo per la Dsu ai fini dell’Isee corrente ovvero richiedere la prestazione mediante l’attestazione già presentata. nel caso di indebita fruizione di prestazioni agevolate riconosciute con omissioni o difformità, oltre all’applicazione delle sanzioni amministrative e penali, non sarà possibile richiedere il rilascio dell’attestazione corrente per due anni.

CONGUAGLIO IRPEF

Conguaglio Irpef, i sostituti d’imposta possono effettuare le operazioni di conguaglio fiscale fino al 28 febbraio dell’anno successivo a quello di riferimento, ovvero entro il termine di emissione della busta paga e del Lul del mese di febbraio, così come disposto dall’art. 23 comma 3 del D.P.R. n. 600 del 1973.

Nel dettaglio, il sostituto d’imposta cioè il datore di lavoro è chiamato ad applicare nella busta paga del lavoratore le imposte relative a trattenute Irpef a conguaglio, rimborsi Irpef, dati relativi al reddito annuo del lavoratore e importo delle detrazioni spettanti per lavoro dipendente o per carichi familiari; il calcolo è effettuato sull’importo del reddito annuale del lavoratore.

Per calcolare il conguaglio fiscale si dovrà tener conto, oltre che del reddito complessivo annuo, anche delle detrazioni previste dal TUIR per il lavoratore. Tali elementi, che costituiscono il reddito complessivo annuo del lavoratore, sono utili alla determinazione della base imponibile lorda ai fini dell’individuazione dell’aliquota Irpef di riferimento.

L’imposta lorda dovuta è calcolata sulla base degli scaglioni di reddito e sulle aliquote Irpef, ovvero:

SCAGLIONI DI REDDITO ANNUOALIQUOTE IRPEF
Da reddito 0 a 15.000 euro23%
Da 15.001 a 28.000 euro25%
Da 28.001 a 50.000 euro35%
Da 50.00143%

Inoltre, ai lavoratori titolari di reddito da lavoro dipendente spetta una detrazione d’imposta rapportata al periodo di lavoro annuale e proporzionata in relazione al reddito complessivo.

Dalla differenza tra l’imposta lorda annuale e l’ammontare delle detrazioni spettanti al lavoratore dipendente verrà ricavato il conguaglio Irpef da applicare al lavoratore, che potrà essere a credito o a debito.

In caso di conguaglio a credito, il sostituto d’imposta dovrà restituire al lavoratore le ritenute maggiori applicate nel corso dell’anno.

Per il conguaglio a debito, il prelievo delle imposte dovrà essere effettuato entro il termine del mese di febbraio dell’anno successivo.

Conguaglio Irpef e trattamento integrativo 100 euro: l’ex bonus Renzi è erogato in misura piena ai lavoratori con reddito fino a 15.000 euro. Per chi percepisce redditi superiori a 15.000 euro ma non superiori ai 28.000 euro, il bonus da 100 euro mensili spetta a condizione che la somma delle detrazioni per le spese sostenute nell’anno precedente sia superiore all’imposta lorda.

Invece i redditi esenti sono:

  • contributi previdenziali a carico del lavoratore;
  • premi per polizze a copertura dei rischi professionali da infortunio;
  • buoni pasto (fino a 4 euro al giorno se cartacei o fino a 8 euro se elettronici);
  • fringe benefit (entro determinati limiti stabiliti dalla legge);
  • assegno di maternità;
  • assegno unico familiare;
  • indennità di trasferta – in Italia fino a 46,48 euro al giorno e all’estero fino a 77,46 euro;
  • rimborsi per spese di trasferta – in Italia fino a 15,49 euro al giorno e per la trasferta all’estero fino a 25,82 euro;
  • trasferimenti in Italia fino a 1.549,37 euro all’anno e all’estero fino a 4.648,11 euro all’anno;
  • somme erogate dal datore di lavoro come arretrati degli anni precedenti, che sono a tassazione separata;
  • borse di studio.

AVVISO DEI COMUNI ITALIANI, OBBLIGO DI ISCRIZIONE NELLE LISTE DI LEVA PER I NATI NEL 2006

Nonostante il servizio militare obbligatorio sia stato sospeso in Italia a partire dal 2005, in diversi Comuni italiani dai primi giorni del nuovo anno i sindaci hanno pubblicato degli avvisi pubblici, sull’Obbligo di iscrizione nelle liste di leva dei giovani nati nell’anno 2006, una prassi che viene effettuata ogni anno.

I Comuni italiani sono ancora tenuti a rispettare alcune prassi aggiornando ogni anno le liste di leva militare.

Si tratta di una lista contenenti i nominativi di tutti i giovani secondo la propria classe di nascita, che dal 01 gennaio al 31 dicembre dell’anno in corso compiranno il 17° anno di età. Quest’anno verranno aggiornate con i nati nel 2006 e sono da completare entro il mese di aprile.

È possibile verificare la propria iscrizione o cancellazione rivolgendosi all’ufficio leva che ogni Comune possiede.

L’ufficio è tenuto a rilasciare certificazione che attesti l’iscrizione nella lista di leva o l’esito di leva.

Dunque non c’è motivo di allarmarsi, nessuna chiamata alle armi per colpa della guerra in Ucraina, si tratta di una consuetudine che va avanti anche perché il servizio militare nel nostro paese è stato sospeso non soppresso, resta obbligatorio per la legge e potrebbe essere ripristinato in un caso specifico.

L’esercito italiano ad oggi è formato solo da volontari professionisti.

GARANZIE PER IL CONSUMATORE

Non esiste un unico tipo di garanzia del venditore, essa può variare a seconda di chi vende e di chi acquista.

La garanzia legale, chiamata anche garanzia di conformità, copre i beni di consumo, quindi beni acquistati da un consumatore, escludendone alcuni come, i servizi di fornitura di acqua, luce e gas. La garanzia legale viene rilasciata solo da un professionista,

I difetti coperti dalla garanzia legale sono quelli di conformità, cioè quelli che si manifestano quando il prodotto acquistato:

  • non ha le qualità promesse dal venditore;
  • non è conforme alla descrizione fornita quando è stato pubblicizzato o al momento dell’acquisto;
  • non ha le caratteristiche abituali o non è idoneo all’uso abituale per un bene dello stesso tipo.

La sua durata è di 24 mesi dalla data in cui è stato consegnato il prodotto nuovo oppure di 12 mesi se si tratta di un bene usato, nell’arco di questo periodo, il consumatore che riscontra un difetto, ha il diritto di rivolgersi al venditore per chiedere a sua scelta la riparazione o la sostituzione del bene, se entrambe le soluzioni fossero impossibili, il cliente potrebbe chiedere una riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto.

La garanzia per vizi, ed interviene nel caso in cui un bene sia stato acquistato da una società o da un professionista per un uso legato alla propria attività.

I vizi coperti dalla garanzia, sono quelli che rendono il bene inidoneo all’uso per cui è stato fabbricato. Si parla, in questo caso, di «difetto strutturale». Sono coperti anche i vizi che diminuiscono il valore del bene. 

I vizi che sono, sostanzialmente, di due tipi:

  • il vizio materiale: si tratta di quello esistente ma non segnalato dal venditore al momento dell’acquisto;
  • il vizio di qualità: il prodotto non ha le caratteristiche promesse o essenziali all’uso per il quale è destinato.

Il compratore che rileva un vizio dul bene acquistato può chiedere la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo a seconda dell’entità del vizio trovato.

La durata della garanzia per vizi è di 12 mesi dalla data in cui è stato consegnato il bene. La denuncia della scoperta del vizio va fatta entro otto giorni dal momento in cui è stato rilevato il difetto.

La garanzia di buon funzionamento, come facilmente si può intuire dal suo nome, interviene quando si manifesta un guasto in tempi ben più brevi di quelli promessi dal venditore. In casi come questo, e salvo patto contrario (mai farlo, a meno che sia a favore del consumatore) è possibile denunciare il difetto entro 30 giorni da quando è stato scoperto, tenendo ben presente che questa possibilità si prescrive in sei mesi.

La garanzia commerciale, chiamata anche garanzia convenzionale ed è quella che il venditore rilascia accanto a quella legale, cioè alla garanzia prevista dalla legge, può essere gratuita o a pagamento. I beneficiari possono essere consumatori o non consumatori, secondo la distinzione che abbiamo visto in precedenza.

Con la differenza che se l’acquirente è un consumatore, il venditore è vincolato alla garanzia promessa dal momento in cui la pubblicizza e non da momento in cui vende il prodotto.

TUTELARSI SE NON SI È SPOSATI, COME FARE?

Secondo la legge, la convivenza è un rapporto che si instaura tra due persone maggiorenni, eterosessuali oppure omosessuali, a condizione che:

  • condividano lo stesso tetto: in altre parole, deve trattarsi di una coppia che abita stabilmente nel medesimo appartamento;
  • siano unite da un rapporto sentimentale;
  • non siano legate da un vincolo di matrimonio o di unione civile;
  • non ci sia alcun rapporto di parentela, affinità o adozione;
  • sussista l’assistenza morale e materiale reciproca.

I conviventi hanno la facoltà di rendere una dichiarazione congiunta all’ufficio Anagrafe del proprio Comune al fine di ottenere il certificato di residenza e lo stato di famiglia. Un simile adempimento riconosce alla coppia i seguenti diritti:

  • visita al partner detenuto in carcere;
  • assistenza al convivente ricoverato in ospedale e possibilità di ottenere informazioni sul suo stato di salute;
  • subentro nel contratto di locazione in caso di morte del partner intestatario;
  • partecipazione alla gestione dell’attività dell’impresa familiare;
  • assistenza morale e materiale da parte del convivente;
  • risarcimento del danno in caso di morte del compagno a causa di illecito di terzi;
  • assegno periodico (i cosiddetti alimenti) in caso di cessazione della convivenza a condizione che si versi in stato di bisogno al punto da non avere mezzi di sostentamento.

La coppia inoltre può stipulare un contratto di convivenza, si tratta di sottoscrivere un documento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, per regolare gli aspetti patrimoniali della vita in comune, come ad esempio la contribuzione alle spese della famiglia.

Naturalmente, in presenza di figli valgono le stesse regole per le coppie sposate in termini di mantenimento e affidamento. Quindi, in caso di separazione, l’ex convivente economicamente più forte sarà tenuto a corrispondere all’altro un assegno periodico nell’interesse della prole.

Ai conviventi di fatto sono comunque negati:

  • il diritto all’assegno di mantenimento. In caso di separazione e cessazione della convivenza, il partner in stato di bisogno può domandare solo gli alimenti qualora si trovi in serie difficoltà economiche;
  • il diritto all’eredità del partner: tuttavia, qualora il defunto abbia nominato il partner nel testamento, a quest’ultimo spetterà una parte della quota disponibile, cioè quella non riservata ai familiari più stretti;
  • il fondo patrimoniale: tale istituto, infatti, è riservato unicamente alle persone unite in matrimonio. La legge consente comunque ai conviventi con figli la possibilità di istituire un trust;
  • l’obbligo di fedeltà con la conseguenza che in caso di tradimento, il partner non può chiedere al giudice l’addebito della separazione (ossia l’attribuzione della colpa per la fine della convivenza) o il risarcimento del danno;
  • la pensione di reversibilità del convivente defunto;
  • l’adozione di minori.

La cessazione della convivenza può avvenire in caso di:

  • decesso di uno dei conviventi;
  • matrimonio oppure unione civile di uno dei partner;
  • fine della coabitazione;
  • estinzione dei legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale

La cessazione della convivenza deve essere dichiarata al Comune di residenza presentando un apposito modulo.

BONUS VISTA

Il cosiddetto “Bonus vista” è una misura di sostegno prevista dalla legge di bilancio, consiste in 50 euro una tantum per l’acquisto di occhiali da vista e lenti a contatto correttive.

Il bonus è fruibile in due forme:

  • Come rimborso su acquisti già effettuati, dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2023, tramite l’accredito dei 50 euro sull’IBAN comunicato al momento della domanda.
  • Come voucher utilizzabile entro 30 giorni dall’erogazione nei negozi convenzionati, il cui elenco sarà disponibile sull’applicazione del Ministero

Il bonus è rivolto a di nuclei familiari con ISEE non superiore a 10.000 euro, che dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2023 hanno acquistato o acquisteranno occhiali da vista o lenti a contatto correttive. L’INPS verificherà la soglia ISEE dei soggetti richiedenti.

Il bonus è richiedibile ed erogabile una sola volta per ciascun membro del nucleo familiare.

Per chi fosse interessato dovrà fare richiesta del bonus tramite piattaforma web, che sarà resa disponibile a partire dal 13 febbraio 2023 e fino al 31 dicembre 2023.

Per la richiesta sono previsti i seguenti passaggi:

  • L’accesso alla piattaforma dovrà avvenire tramite SPID, CIE o CNS
  • All’atto della domanda dovranno essere inseriti tutti i dati e la modulistica richiesti (IBAN e copia della fattura o della documentazione commerciale attestante l’acquisto per il rimborso della cifra)
  • Verrà verificata la sussistenza dei requisiti
  • Se i requisiti risulteranno presenti, la disponibilità del bonus verrà segnalata nell’area riservata.

Il voucher sarà utilizzabile per 30 giorni dopo l’emissione, mentre il rimborso verrà accreditato sull’IBAN indicato nella domanda.

IRPEF 2023

Irpef è l’acronimo di imposta sul reddito delle persone fisiche, ed è per l’appunto un’imposta che viene pagata dai contribuenti,

chi è residente in Italia e lavora in Italia;

chi è residente in Italia e lavora all’estero;

chi non risiede in Italia, ma lavora qui.

L’imposta fino al 2021 si è basata su un sistema di 5 scaglioni e altrettante aliquote, che vanno da un minimo del 23% a un massimo del 43%.

Fino al 31 dicembre 2021 l’Irpef prevedeva 5 scaglioni di reddito, e a ognuno viene applicata un’aliquota di tassazione che aumenta all’incrementarsi del reddito.

L’accordo trovato sulla nuova Irpef, invece, prevede un’imposta su 4 aliquote (e quindi 4 scaglioni):

1° scaglionefino a 15mila euro23%
2° scaglioneda 15.000 a 28mila euro25%
3° scaglioneda 28.000 a 50mila euro35%
4° scaglioneoltre i 50mila euro43%

L’aliquota del 41% è stata cancellata, e si è intervenuto sulle due centrali, abbassandole dal 27 al 25% e dal 38 al 35%.

Il governo guidato da Meloni però vuole un ulteriore taglio, passando così a tre aliquote Irpef: una transizione sempre più verso una tassazione piatta, proprio come accade per le partite Iva che scelgono di applicare il regime forfettario. Senza riferimenti circa le fasce di reddito è complicato farsi un’idea su come cambiano le tasse da pagare, ma si può ipotizzare che il primo scaglione potrebbe essere esteso, così da rendere un po’ più equa l’imposizione fiscale.

I redditi medio-alti, quindi quelli del terzo scaglione, sono quelli che beneficeranno di un vantaggio maggiore secondo le ultime proiezioni MEF.

ra i 40 e 45mila euro di reddito lordo annuo il risparmio è del 7,5% per i dipendenti, del 3,9% per gli autonomi e del 4,2% per i pensionati.

Tra 35 e 40mila euro di reddito il risparmio è leggermente minore, è pari al 5,2% per i dipendenti, al 3,1% per gli autonomi, e al 3,5% per i pensionati.

Tra 45 e 50mila euro, il taglio dell’Irpef si traduce in un risparmio del 5,5% per i lavoratori dipendenti, del 4,6% per i pensionati e del 4,3% per gli autonomi. Per i contribuenti del terzo scaglione il risparmio può superare i 700 euro all’anno.

Irpef 2023 e partite Iva, Il passaggio a quattro aliquote Irpef dal 2023 porterà a un risparmio sulle tasse per le partite Iva secondo lo schema di seguito:

  • 62 euro annui per i redditi fino a 15mila euro;
  • 142 euro annui per i redditi fino a 25mila euro;
  • 371 euro per i redditi fino a 35mila euro.

Anche nel caso dei lavoratori autonomi la riforma fiscale risulta più conveniente per chi ha redditi alti, fino a 50mila euro, che secondo i calcoli dovrebbero risparmiare circa 810 euro all’anno.

Le novità sulla no tax area, nome non tecnico che si usa per indicare la soglia di reddito entro la quale non sono dovute le tasse. Attualmente si seguono queste soglie:

  • per i lavoratori dipendenti è 8.145 euro annui;
  • per i pensionati 8.130 euro all’anno;
  • per i lavoratori autonomi è fissata a 4.800 euro annui.

Chi si trova in queste fasce di reddito non è che non paga le tasse, ma l’imposta non è dovuta per effetto delle detrazioni applicate, che siano per lavoro dipendente, autonomo o per la pensione.

A essere esonerati dal pagamento dell’Irpef sono i contribuenti che fanno parte della no tax area, cioè si trovano in quella fascia di reddito in cui la persona è esente da imposizione fiscale. Non si tratta di un’esenzione fissata dalla legge, ma è il risultato dell’applicazione delle diverse detrazioni per lavoro dipendente o pensione o da lavoro autonomo,

Non si deve pagare l’Irpef nei seguenti casi:

  • per i redditi da pensione che non superano i 7.500 euro annui. Se il pensionato è over 75, il limite per l’esenzione sale a 8mila euro annui (ma solo se non si hanno altri redditi al di fuori della pensione);
  • per i redditi da fabbricati che fruttano fino a 500 euro annui;
  • per i redditi da terreni che fruttano fino a185,92 euro;
  • per i redditi da lavoro dipendente, se non superano gli 8mila euro annui;
  • per i redditi da lavoro autonomo, se non superano i 4.800 euro annui.