Archivio annuale Dicembre 7, 2022

FLAT TAX, QUANTO RISPARMIANO LE PARTITE IVA SULLE TASSE?

Nei casi più vantaggiosi, il nuovo sistema di tassazione dei lavoratori autonomi porterà a risparmiare fino a un terzo delle imposte dovute.

Ma ci sono delle condizioni in cui il risparmio sulle tasse da pagare è particolarmente vantaggioso: chi fa grandi salti di reddito rispetto a quanto fatturato negli ultimi tre anni. La flat tax incrementale funziona così: si può applicare l’aliquota del 15% (con una franchigia del 5%) sull’incremento massimo di 40mila euro.

Facciamo un esempio pratico, prendendo due lavoratori con redditi diversi negli ultimi tre anni. Il primo lavoratore tra il 2000 e il 2002 ha avuto un reddito di 70mila euro. Se nel 2023 fatturerà per 100mila euro, sui 30mila euro in più rispetto al triennio precedente pagherà 3.795 euro di imposta sostitutiva, invece dei 11.933 euro di Irpef e addizionali comunale e regionale, con un risparmio del 66,7%.

Il secondo lavoratore invece ha avuto un reddito di 18mila euro negli ultimi tre anni, e nel 2023 fatturerà 28mila euro. Su quei 10mila euro in più dovrà pagare 1.365 euro invece di 2.460, che corrispondono a un risparmio del 44,5%, il nuovo sistema è particolarmente conveniente per chi parte da una base e fa grandi salti di reddito nel corso del 2023.

La nuova imposta sostitutiva è prevista solo per il 2023 e solo per le persone fisiche, quindi lavoratori autonomi, che non applicano il regime forfettario, visto che con le novità in procinto di applicazione il regime forfettario verrà esteso alle partite Iva con ricavi e compensi fino a 85mila euro (invece della soglia attuale a 65mila euro), potranno applicare la flat tax incrementale i soggetti fuori da questa soglia.

Ci sono anche partite Iva al di sotto di questo limite che scelgono di non applicare il forfettario per altri motivi (per esempio, i costi di deduzione) o perché non ne hanno i requisiti (per esempio superano il limite dei 20mila euro di redditi da lavoro dipendente).

ASSEGNO UNICO 2023

Nel 2023 l’importo dell’assegno unico universale godrà di un duplice aumento, da una parte l’incremento dovuto alla rivalutazione degli importi e delle fasce Isee, e dall’altra la maggiorazione riconosciuta dalla legge di Bilancio 2023 ai figli con età inferiore a 3 anni (non compiuti) per i quali viene riconosciuta una maggiorazione del 50%.

Tuttavia la maggiorazione spetta fino al compimento dei 3 anni solamente nel caso si tratti di un figlio successivo al secondo. 

Anche l’assegno unico per figli a carico, infatti, godrà dell’indicizzazione del 7,3%, chi oggi percepisce l’importo massimo, 175 euro per figlio, potrebbe godere di un incremento mensile di 12,77 euro circa, arrivando così a poco più di 187 euro, verrebbe anche rivista la soglia entro cui godere dell’importo massimo: non più 15.000 euro di Isee come oggi, bensì 16.095 euro.

Ma il tutto dovrà essere ufficializzato dall’Inps con apposita circolare.

IL DATORE DI LAVORO PUO’ LICENZIARE UN DIPENDENTE?

La legge prevede alcuni casi in cui è vietato licenziare un dipendente, sia questi a tempo determinato o indeterminato, ovvero è vietato licenziare le lavoratrici per causa di matrimonio, ossia nel periodo che decorre dalla richiesta delle pubblicazioni di matrimonio fino a un anno dopo l’avvenuta celebrazione delle nozze (salvo si tratti di un licenziamento per giusta causa, per cessazione dell’attività dell’azienda, per ultimazione delle prestazioni cui era adibita la lavoratrice, per esito negativo del periodo di prova). A seguire c’è il divieto di licenziamento durante il periodo di gravidanza.

Tale periodo decorre:

•dall’inizio del periodo di gestazione fino al compimento di un anno di età del bambino (l’inizio della gestazione si presume avvenuto 300 giorni prima della data presunta del parto indicata nel certificato di gravidanza)

•dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio fino ad un anno dopo la celebrazione stessa.

Ma chi ha un contratto a tempo determinato può essere licenziato? Nei confronti del dipendente con contratto a tempo determinato non è possibile il licenziamento, il datore di lavoro deve infatti attendere lo scadere del termine del contratto stesso, a meno che non sia dovuto per motivi disciplinari o economici, entrambe condizioni importanti che determinano un possibile licenziamento anche per chi ha un contratto a tempo indeterminato. I motivi disciplinari sono quelli derivanti da una grave violazione del contratto di lavoro o della legge da parte del dipendente, per motivi economici invece si intendono tutte le esigenze produttive e di organizzazione aziendale, chiamato anche “licenziamento per giustificato motivo oggettivo”.

Non bisogna dimenticare comunque che il licenziamento orale è sempre nullo, il che significa che il dipendente ha diritto alla reintegra sul posto. 

QUANDO E’ NECESSARIA LA PERIZIA IN CASO DI INFILTRAZIONI IN UN CONDOMINIO?

I danni da infiltrazioni possono essere gravi, specialmente quando riguardano immobili ad uso abitativo e l’umidità rovina intonaci, pavimenti, mobili e arredi e compromette la salubrità degli ambienti. Se l’acqua penetra da una delle parti comuni dell’edificio, elencate dall’art. 1117 del Codice civile, il condominio, in quanto ente di gestione, è responsabile di queste situazioni, essendo tenuto per legge [1] alla regolare manutenzione e conservazione in buono stato d’uso di tutti i beni soggetti alla sua custodia salvo che provi il cosiddetto caso fortuito, cioè un evento anomalo, eccezionale ed imprevedibile, come un’alluvione di vaste proporzioni.

Nel caso in cui le infiltrazioni provengono da un singolo appartamento, la responsabilità va in capo al proprietario. Quando parliamo invece, del lastrico solare, le spese si ripartiscono per un terzo al singolo e per due terzi fra tutti i condomini.

A volte per stabilire l’esatta causa di provenienza delle infiltrazioni si rende necessario effettuare una perizia tecnica.

Solitamente è l’amministratore a disporre la perizia in caso di urgenza. Se invece, non c’è necessità di intervenire subito,  sarà l’assemblea a deliberare la nomina di un tecnico incaricato.

Qualora la perizia si rende necessaria e, né l’amministratore né l’assemblea intervengono, si provvede al ricorso d’urgenza al giudice, a norma dell’art. 700 del Codice di procedura civile.

Il ricorso al giudice viene fatto soprattutto se il proprietario dell’immobile interessato dalle infiltrazioni subisce il fenomeno in maniera seria, evidente e obiettivamente constatabile, e quando lamenta il concreto pregiudizio che deriverebbe dal ritardo ricorrendo ai metodi ordinari, specialmente quando l’amministratore e l’assemblea sono rimasti sordi di fronte alle richieste di intervento avanzate.

REDDITO DI CITTADINANZA: COSA CAMBIA DAL 2023

Secondo il disegno della Legge di Bilancio 2023 il sussidio relativo al reddito di cittadinanza verrà dato ai cittadini in età lavorativa solo per 8 mensilità. Sono escluse alcune particolari categorie

Dunque la norma verrà completamente revisionata. Si prevede inoltre che ci sarà l’abolizione del reddito a partire dal 2024.

Altra novità riguarda un corso di formazione o riqualificazione professionale a cui saranno sottoposti  i percettori del sussidio che, se dovessero rifiutare, perderebbero il beneficio.

Le nuove disposizioni entreranno in vigore per tutte quelle persone dai 18 ai 59 anni in grado di lavorare. Saranno invece esclusi i nuclei familiari con persone disabili, minorenni o anziane.

I soggetti obbligati a seguire un corso di formazione, qualora non lo facciano, perderanno il diritto alla prestazione.

La frequenza del corso è un requisito indispensabile affinché non si perda il sostegno economico. Inoltre, attraverso questo strumento di formazione si cerca di favorire il reinserimento lavorativo del soggetto che non ha un’occupazione.

Queste disposizioni vengono prese dal Governo dal momento che ci si è resi conto che il reddito di cittadinanza non funziona bene come strumento di politica attiva e di stimolo all’occupazione.

Un’altra novità per favorire l’inserimento lavorativo è data dal fatto che il lavoro stagionale o intermittente sarà compatibile con la percezione del reddito entro il limite di 3.000 euro, così da favorire l’impiego anche in attività stagionali.

BONUS 200 EURO: COME FARE SE LA DOMANDA E’ STATA RESPINTA?

Per tutti quelli che hanno richiesto tramite il portale Inps, il bonus 200 euro e hanno ricevuto un esito negativo, possono presentare domanda di riesame.

È importante sapere che ci sono 90 giorni di tempo per procedere e inviare la documentazione necessaria a partire dal 30 novembre o dalla data in cui si viene a conoscenza del rifiuto, se successiva.

Il messaggio n. 4314 del 30 novembre 2022 dell’Inps ci indica come procedere.

Bonus 200 euro, domanda con esito negativo e pagamento non ricevuto: al via il riesame

Le indicazioni fornite dall’INPS riguardano principalmente:

  • lavoratrici e lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, dottorandi e assegnisti di ricerca;
  • lavoratrici e lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti;
  • lavoratrici e lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo;
  • lavoratrici e lavoratori autonomi occasionali privi di partita IVA;
  • lavoratrici e lavoratori incaricati alle vendite a domicilio.

Con il messaggio numero 4314 del 30 novembre 2022, l’INPS al termine di una prima fase di controlli sui requisiti richiesti riepiloga le motivazioni che hanno portato al rifiuto di alcune domande presentate dagli aspiranti beneficiari e fornisce ulteriori precisazioni sulle condizioni, riportate in tabella, per ottenere l’indennità.

Si ricorda che i requisiti per i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa erano quelli di:

  • avere contratti attivi alla data del 18 maggio 2022 ed essere iscritti alla Gestione separata;
  • non essere titolari di pensione;
  • non essere iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie;
  • avere un reddito derivante dai rapporti di lavoro non superiore a 35.000 euro nel 2021.

Per quanto riguarda invece i lavoratori e lavoratrici stagionali era necessario aver svolto prestazioni per almeno 50 giornate ed avere un reddito derivante dai rapporti indicati non superiore a 35.000 euro per il 2021.

Per quanto concerne, invece, le lavoratrici e lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie che, nel 2021 siano stati titolari di contratti autonomi occasionali, i requisiti erano:

  • essere stati titolari di contratti autonomi occasionali riconducibili alle disposizioni di cui all’articolo 2222 del codice civile;
  • per il 2021 deve risultare l’accredito di almeno un contributo mensile;
  • risultare già iscritti alla Gestione Separata alla data del 18 maggio.

Gli interessati possono verificare gli ostacoli all’erogazione delle somme sul portale INPS tramite il servizio online “Indennità una tantum 200 euro” utilizzato per presentare domanda, cliccando sulla voce “Esiti”.

I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE SUL BONUS ENERGIA 2022

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 36 del 29 novembre definisce nuovi chiarimenti sui crediti d’imposta relativamente all’acquisto di energia e gas per il terzo e quarto trimestre 2022.

Le  agevolazioni sono date a quelle aziende che sono state danneggiate dal caro energia.

All’interno del documento del 29/11/2022, l’Agenzia specifica quali sono i requisiti per beneficiare di questo bonus, rispondendo a specifiche faq.  

Con il Decreto Aiuti bis, il Decreto Aiuti ter e il Decreto Aiuti quater è stato prorogato il bonus per l’acquisto di gas ed energia anche per il 3° e 4° trimestre del 2022.

La scadenza per compensare i crediti maturati in questi periodi è quella del 30 giugno 2023.

I crediti invece,  maturati nel 1° e 2° trimestre 2022, devono essere compensati  entro la fine dell’anno 2022.

Le imprese che hanno diritto al bonus sono quelle che acquistano energia elettrica e gas naturale e che sono residenti sul territorio.

Sono ammesse alle agevolazioni relative al bonus energia sia le imprese commerciali che agricole gli enti commerciali e non commerciali indipendentemente dalla loro natura o forma giuridica. Infine, possono beneficiare del bonus anche le ONLUS che esercitano  attività commerciale.

La circolare, inoltre, specifica che:    “qualora l’impresa destinataria del contributo si rifornisca, nei primi due trimestri 2022, di energia elettrica o di gas naturale dallo stesso venditore da cui si riforniva nel primo trimestre dell’anno 2019, il venditore, entro 60 giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d’imposta, deve inviare al proprio cliente, su sua richiesta, una comunicazione nella quale è riportato il calcolo dell’incremento di costo della componente energetica o del prezzo del gas naturale e l’ammontare del credito d’imposta spettante per il secondo trimestre dell’anno 2022.”

Attenzione però: il diritto al credito d’imposta non è pregiudicato, in presenza dei requisiti necessari, se l’utente ha cambiato fornitore.

Per quanto riguarda le imprese in affitto, si ricorda che l’impresa non proprietaria dell’immobile potrà beneficiare dei bonus nel caso in cui dimostri di sostenere effettivamente tutte le spese.

La circolare del 29 Novembre specifica che i beneficiari dei crediti d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale effettuati nel 3° trimestre e nel 4° trimestre 2022 saranno tenuti ad inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate entro il 16 marzo 2023.

Il contenuto e le modalità di presentazione di tale comunicazione saranno definiti successivamente da un apposito provvedimento dell’Agenzia.

IN CASO DI SEPARAZIONE, LA MADRE HA PIU’ DIRITTO DI STARE CON I FIGLI?

Il Codice civile stabilisce che entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale.

Dunque entrambi i genitori hanno lo stesso diritto a essere rispettati dai figli e, nel caso in cui costoro continuino a vivere in casa con mamma e papà anche da adulti, a ricevere un contributo per le spese domestiche .

I genitori separati hanno quindi gli stessi diritti sui figli anche qualora si trattasse di separazione o di divorzio. I figli minorenni hanno diritto a  continuare ad avere rapporti con entrambi i genitori.

La giurisprudenza applica il principio della bigenitorialità, sia nei confronti dei figli quanto per i genitori.

Il giudice ha comunque il compito di scegliere presso quale genitore il figlio minorenne debba essere collocato con preferenza.

Nonostante quanto la legge stabilisce, è innegabile che la giurisprudenza favorisca le madri quando si tratta di affidamento dei figli. I giudici, infatti, prediligono la figura materna a quella paterna, soprattutto quando si tratta di affidamento della prole a seguito di separazione.

Questo perchè le madri nella crescita dei figli, hanno un ruolo fondamentale.

Nonostante il padre possa avere una condotta impeccabile, dovendo scegliere presso quale genitore collocare con prevalenza i figli piccoli, va indicata nella figura materna il genitore con il quale i figli devono convivere prevalentemente.

Tuttavia quando non è possibile l’affido condiviso con collocamento paritario presso entrambi i genitori, deve essere scelto il genitore che maggiormente può garantire la serenità dei bambini.

COSA SUCCEDE IN CASO DI FURTO DEL CONTO CORRENTE ONLINE?

È necessario sapere che, nel caso di sottrazione fraudolenta di denaro da un conto corrente online, realizzata da terzi mediante sistemi informatici, la banca può essere responsabile se non ha predisposto le misure idonee a ridurre o evitare il rischio di accesso non autorizzato.

È il cado di una sentenza del Tribunale di Palermo dove il correntista aveva subito un accesso abusivo sul proprio conto ad opera di ignoti. Questi avevano prelevato illecitamente la somma di € 5.500 ed effettuato un bonifico a favore di un’altra società.

Dal momento che la banca non aveva predisposto idonee misure di sicurezza informatiche a tutela del cliente stesso, il giudice avrebbe condannato la banca a versare integralmente al cliente la somma con gli interessi legali.

La diligenza contrattuale richiesta all’istituto di credito, necessaria per tutelare i clienti da operazioni illegittime, è stata valutata dal tribunale con particolare severità, trattandosi di prestazione svolta nell’esercizio di un’attività professionale.

La sentenza è stata decretata tenendo conto del Codice della Privacy. Quest’ultimo stabilisce che chiunque cagiona un danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento. Questo vuol dire che la banca ha causato un danno al proprio risparmiatore, non impedendo a terzi di introdursi illecitamente nell’online banking.

E’ POSSIBILE CHIEDERE L’ESTRATTO CONTO CONDOMINIALE SENZA ESSERE AUTORIZZATI DALL’AMMINISTRATORE?

È necessario sapere che la banca è obbligata a fornire l’estratto del conto corrente del condominio  ad ogni condomino che lo richieda. Per questa richiesta non è necessaria l’autorizzazione dell’amministratore di condominio.

La banca non può ostacolare la richiesta del condomino che è titolare del conto come tutti gli altri proprietari dello stabile.  Infatti  ogni singolo proprietario di appartamento è considerato titolare del conto corrente condominiale e può, di conseguenza, avere accesso alla relativa documentazione e agli estratti conto, anche senza l’autorizzazione o la delega dell’amministratore o dell’assemblea.

Questo vuol dire che non è assolutamente vero che solo l’amministratore, in quanto unico legittimato a operare sul conto, può chiedere informazioni.

Anche se l’amministratore è il rappresentante ufficiale del condominio, questo non vuol dire che solo lui sia legittimato ad agire e che i singoli non abbiano il potere di muoversi in difesa dei diritti del condominio. Il condomino può anche esaminare  le scritture contabili qualora lo volesse. In questo caso inoltre, non fa danno e non viola la privacy degli altri, poiché la gestione contabile riguarda tutti i partecipanti al condominio.

Ciascun amministratore condominiale deve rendere conto della sua gestione e ha l’obbligo di mettere a disposizione dei condomini tutta la documentazione riguardante il condominio.