Archivio mensile Dicembre 22, 2022

CHE COS’E’ IL BONUS NATALE E A CHI SPETTA

Quest’anno niente giorno di riposo per i dipendenti a Natale: la festività, infatti, cade di domenica e per questo motivo si tratterà di una festività non goduta. Stessa cosa vale per Capodanno.

Molti non sanno che la busta paga di dicembre, come appunto anche quella di gennaio, godrà di un di bonus per la festività non goduta, in quanto il giorno di Natale verrà considerato come se fosse stato lavorato. Ciò significa uno stipendio più alto, in quanto si conteggerà una giornata di lavoro in più.

Infatti la legge n. 260 del 1949 che all’articolo 5, comma 3 stabilisce che qualora la festività ricada nel giorno di domenica, come appunto succederà a Natale, ai lavoratori spetterà non solo la normale retribuzione globale, ma anche un’ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera.

Secondo la legge, al dipendente spetterà oltre alla giornata pagata sulla base della retribuzione globale di fatto, la retribuzione per un’ulteriore giornata di lavoro.

Come stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17764 del 2 settembre 2004, tale criterio vale solamente per le festività nazionali e non può essere esteso ad altre festività. Ad esempio, non vale se la festa del Santo Patrono cade di domenica e quindi ricade tra le festività non godute.

Quindi, per il giorno di Natale spetterà una maggiorazione che verrà applicata sulla busta paga di dicembre, la quale contribuirà ad aumentarne l’importo rispetto a quanto sarebbe stato previsto qualora il 25 dicembre fosse caduto di infrasettimanale.

A definire i criteri su come tale bonus si applicherà in busta paga sono i contratti collettivi di riferimento.

Ricordiamo che nella retribuzione globale di fatto si considerano tutti quegli elementi della retribuzione che essendo riconosciuti dal proprio contratto collettivo vengono pagati mensilmente in busta paga.

BONUS CULTURA 18 ANNI, FINO A 1.000 €

Addio alla 18app, il bonus cultura viene sostituito da due diversi strumenti: la Carta cultura giovani e la Carta del merito.

A prevederlo è un apposito emendamento alla legge di Bilancio 2023, con il quale il bonus diciottenni viene cancellato già nel 2023 e sostituito da due differenti misure.

Si valuterà pertanto, tanto il merito quanto il reddito, e per chi soddisfa entrambi i requisiti vi è la possibilità di avere più soldi rispetto a oggi: non più 500 euro, come previsto dal bonus Cultura, bensì 1.000 euro.

Gli ultimi a beneficiare regolarmente del bonus 500 euro saranno i nati nel 2003, purché risultino registrati alla piattaforma 18app entro la data del 31 agosto 2022; questi avranno tempo fino al prossimo 28 febbraio per generare i buoni e spendere tutti i soldi a disposizione, tutti gli altri dovranno attenersi alle nuove regole, a seconda che si tratti della Carta cultura giovani o della Carta del merito.

Entrambe le carte potranno essere utilizzate solamente per consentire l’acquisto di:

•biglietti per le rappresentazioni teatrali, cinematografiche e spettacoli dal vivo;

•libri;

•abbonamenti a quotidiani e periodici anche in formato digitale;

•musica registrata;

•prodotti dell’editoria audiovisiva;

•titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali.

Le due carte potranno essere utilizzate anche per sostenere i costi relativi alla frequenza a corsi di:

•musica;

•teatro;

•danza;

•lingua straniera.

Le due misure sono cumulabili tra loro, quindi chi soddisfa i requisiti per entrambe avrà a disposizione 1.000 euro.

La Carta cultura giovani, verrà riconosciuta a tutti i residenti in Italia, in possesso di regolare permesso di soggiorno laddove richiesto, che appartengono a un nucleo familiare con Isee in corso di validità non superiore a 35.000 euro.

La Carta del merito, invece, sarà destinata gli iscritti agli istituti d’istruzione secondaria superiore o equiparati che entro il compimento dei 19 anni hanno conseguito il diploma finale con votazione di almeno 100 centesimi.

IN ARRIVO IL REDDITO ALIMENTARE, COS’E’?

Nasce il Reddito alimentare, una nuova misura rivolta alle famiglie italiane in difficoltà per aiutarle nell’acquisto di prodotti alimentari.

Si tratterà della distribuzione di pacchi che verranno forniti nelle grandi città a chi ne ha più bisogno.

La nuova misura viene introdotta dalla manovra, secondo quanto previsto dalle modifiche alla legge di Bilancio approvate in commissione alla Camera.

Per il momento il Reddito alimentare verrà introdotto in modalità sperimentale. Si partirà quindi con una fase iniziale che servirà per capire se lo strumento può funzionare: la sperimentazione riguarderà, almeno per ora, le città metropolitane, quindi le più grandi d’Italia.

La misura, deve ancora essere determinata attraverso un decreto del ministero del Lavoro, atteso entro 60 giorni dall’approvazione della manovra. Il decreto dovrà definire le modalità attuative del Reddito alimentare, a partire anche dalla platea coinvolta. 

Per ottenere il Reddito alimentare sarà necessario prenotare i pacchi attraverso un’applicazione. Poi il beneficiario potrà andare a ritirarli in uno dei centri di distribuzione. Dovrebbe essere prevista anche la possibilità, per le categorie fragili, di riceverlo direttamente a casa: probabilmente questa ipotesi varrà per gli anziani e le persone non autosufficienti.

STIPULA DI UN ATTO NOTARILE: DIFFERENZA TRA TERMINE ESSENZIALE E NON ESSENZIALE

Ai sensi dell’art. 1457 c.c. se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse dell’altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all’altra parte entro tre giorni. In mancanza il contratto s’intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione.

In altre parole, l’apposizione di un termine è da considerarsi come essenziale quando la parte in favore del quale è stato apposto, superato tale termine, non ha più interesse ad avere la prestazione. In questo caso, l’ordinamento giuridico le riconosce la facoltà di scegliere se avvalersi della risoluzione del contratto o al contrario, mantenerne la validità ed efficacia gravandola dell’onere di darne comunicazione alla controparte entro il termine di decadenza di tre giorni.

E’ opinione comune della giurisprudenza che il carattere di essenzialità del termine non può essere desunto dalla mera formula di stile “entro e non oltre” solitamente inserita nei contratti preliminari dovendo invece ricavarsi dalla volontà espressa o implicita delle parti, dalla natura del termine o dalla modalità della prestazione.

Essendo quindi di natura interpretativa la qualificazione di un termine come essenziale o meno, al fine di evitare situazioni di criticità ed evitare possibili contenziosi, assume importanza chiedere il supporto di professionisti esperti nella contrattualistica immobiliare per la formulazione di una clausola che faccia emergere in modo chiaro e inequivocabile la volontà delle parti.

QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA CAPARRA CONFIRMATORIA E CAPARRA PENITENZIALE?

Si tratta di due istituti giuridici considerati entrambi patti accessori al contratto principale cui sono strettamente connessi.

La caparra confirmatoria è considerata un patto accessorio che rafforza il vincolo contrattuale e consiste nel consegnare all’altra parte una somma di denaro o una quantità di altre cose fungibili, a conferma del vincolo assunto. Assolve la duplice funzione di garanzia e risarcitoria in favore della parte adempiente, consentendole ai sensi dell’art. 1385 c.c. di recedere dal contratto trattenendo la somma ricevuta a tale titolo o pretendendo la restituzione del doppio di quella corrisposta. Qualora invece si verifichi un adempimento, la somma deve essere restituita o imputata alla prestazione.

La previsione della caparra confirmatoria, non esclude il diritto in capo al soggetto adempiente di avvalersi della possibilità di chiedere, in alternativa al recesso, l’esecuzione del contratto e il risarcimento per l’eventuale maggior danno subito.

Diversa è invece la caparra penitenziale, che si utilizza quando le parti vogliono riconoscersi il diritto di poter recedere dal contratto anche in assenza di un inadempimento. La caparra penitenziale, disciplinata dall’art. 1386 c.c., rappresenta, in sostanza, il corrispettivo del recesso esercitato per volontà unilaterale.

Nell’ambito dei contratti di compravendita immobiliare non è raro che il perfezionamento dell’atto definitivo di vendita sia subordinato all’avveramento di una determinata condizione. Si pensi al preliminare di compravendita condizionato all’erogazione del mutuo. E’ lecito dunque chiedersi quali siano le sorti della caparra confirmatoria, nel caso in cui il mutuo non venga erogato e le parti non perfezionino la compravendita.

In questi casi assume estrema importanza la formulazione della condizione che deve essere sospensiva, ovvero le parti devono subordinare la validità ed efficacia del contratto all’avveramento della condizione. Di conseguenza, se la condizione non si avvera le pattuizioni contrattuali non avranno alcuna efficacia e il mediatore dovrà restituire la caparra corrisposta.

Anche in questo caso è importante prestare particolare attenzione alle modalità con cui viene formulata la clausola rivolgendosi a professionisti esperti del settore, per evitare insidie che comportano perdite economiche rilevanti.

COSA SUCCEDE SE SI ACQUISTA UN IMMOBILE GRAVATO DA PIGNORAMENTO O IPOTECA?

Un immobile può essere gravato da pregiudizievoli sia di natura civilistica che penalistica. Tra questi troviamo il pignoramento e l’ipoteca .

Sono due istituiti che hanno caratteristiche e finalità diverse. Il pignoramento è il primo atto della procedura esecutiva che un soggetto “creditore” avvia allo scopo di soddisfare un credito che vanta nei confronti del proprietario dell’immobile “debitore”. L’ipoteca invece è una forma di garanzia che si costituisce mediante iscrizione nei pubblici registri e si estende sull’intero bene che ne è oggetto e tutela il creditore contro il pericolo di insolvenza del proprio debitore.

Dunque, sostanzialmente, il pignoramento comporta che l’immobile venga tolto al proprietario ed il suo valore venga monetizzato per sanare tutti i debiti, mentre l’ipoteca non preclude il godimento del bene da parte del proprietario ma semplicemente lo segue fino a quando non sarà interamente soddisfatto il credito in ragione del quale è stata iscritta.

Ma, se si decide di comprare un immobile, quali sono le verifiche obbligatorie quando l’oggetto della compravendita è un immobile pignorato?

I principali controlli da fare quando si decide di acquistare un immobile sottoposto ad esecuzione forzata si divisono in tre macroaree:

● Tecnica: impianti, opere murarie, prestazioni energetiche

● Legale: trascrizioni, pesi, ipoteche, mutui esistenti, spese condominiali presenti e del biennio precedente, eventuali contratti di locazione o di gestione dell’immobile

● Amministrativa: conformità urbanistica, catastale, agibilità, vincoli

È bene far fare questa verifiche se da professionisti esperti in modo tale da consentire di raccogliere tutti i dati relativi ad un immobile e consapevolmente valutare i pro e contro di un potenziale acquisto.

E’ essenziale ricordare che se si decide di acquistare un immobile pignorato è possibile farlo ma prima che questo arrivi all’asta. In questi casi è indispensabile formalizzare un accordo sia con il creditore e se ce ne fossero anche con gli eventuali soggetti titolari di ipoteche e/o di altri privilegi.

Da un lato si deve avere la certezza che il creditore rinunci all’esecuzione e si impegni alla cancellazione delle pregiudizievoli che ha iscritto sul bene e dall’altro che il debitore accetti la proposta di acquisto e tenga fede all’impegno sia di cedere l’immobile al prezzo pattuito, sia di consegnarlo libero e sgombero da persone e cose.

QUANDO L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO NON HA DIRITTO AL COMPENSO?

Normalmente il compenso dell’amministratore di condominio è costituito da una quota fissa ovvero l’onorario concordato con l’assemblea al momento del conferimento dell’incarico, ed una quota ulteriore qualora ci siano lavori straordinari all’interno dello stabile.
All’interno della quota fissa, che riguarda l’attività ordinaria, dovrebbe rientrare anche la rappresentanza legale del condominio; la redazione del bilancio dell’anno passato e del preventivo per quello a venire con il riparto delle quote condominiali; la convocazione delle assemblee; la riscossione degli oneri condominiali e gli adempimenti fiscali.
Dunque l’amministratore non è tenuto a chiedere una remunerazione ulteriore per lo svolgimento di lavori o per attività connesse alla vita condominiale, a meno che non si tratti di attività esorbitante rispetto al mandato, tali da non potersi annoverare tra le attività già ricomprese nel mandato .
Qualora l’Amministratore, al fine di svolgere con maggior precisione, alcune incombenze che derivino dalla propria attività ordinaria, decida di affidarsi a consulenti esterni, i compensi derivanti da tali attività devono necessariamente rientrare nel compenso già statuito dall’assemblea condominiale in sede di conferimento di incarico all’amministratore e non possano essere scaricati sui singoli condomini.
Se, contrariamente, l’amministratore ritenga che tali opere o servizi debbano essere remunerati separatamente, bisognerà sottoporli ad approvazione dell’assemblea dei condomini .

QUANDO LE DIMISSIONI DI UN LAVORATORE SONO CONSIDERATE NULLE?

Vengono considerate nulle le dimissioni che vengono sollecitate dall’azienda sotto l’ingiusta minaccia di licenziamento, oppure quelle che si presentano quando il datore di lavoro fa credere al dipendente che se non interrompe il rapporto di lavoro verrà denunciato penalmente.

È importante sapere che le dimissioni che seguono una minaccia di licenziamento per giusta causa possono essere annullate qualora viene accertata l’inesistenza del diritto del datore ad attuare un provvedimento del genere per l’insussistenza dell’inadempienza addebitata al lavoratore.

Dunque, quando quella giusta causa non esiste e sono state prodotte delle prove false contro il dipendente, ci sarebbero gli estremi per ribaltare la situazione e presentare le dimissioni per giusta causa.

Affinché le dimissioni siano nulle per errore, quest’ultimo deve essere riconoscibile da parte del datore di lavoro.

Non è possibile annullare le dimissioni di chi pensa di avere maturato il diritto al trattamento pensionistico e che decide di restare a casa.

Un altro fattore che può rendere nulle le dimissioni è quello che riguarda l’incapacità di intendere e di volere del dipendente, ovvero la temporanea impossibilità di rendersi conto di quello che sta facendo, del contenuto e degli effetti dell’atto giuridico che sta consegnando.

Al lavoratore è dato il compito di dimostrare che, nel momento in cui ha firmato l’interruzione del rapporto si trovava in uno stato di privazione delle proprie facoltà.

Non è possibile invece, annullare le dimissioni presentate da un dipendente in stato di depressione, a meno che si riesca a provare che l’incapacità sussiste a causa di tale stato.

CADUTA IN CONDOMINIO: DI CHI E’ LA RESPONSABILITA’?

Molti condomini spossiedono un’ assicurazione per i danni a terzi.

In questo modo chi cade e si fa male per causa di una insidia presente sulle scale, sul giardino, sul marciapiede può rivolgersi all’amministratore affinché denunci l’infortunio alla compagnia. Sarà quest’ultima poi, verificata la sussistenza delle condizioni per provvedere al risarcimento, a procedere alla quantificazione dei danni e alla relativa liquidazione.

Ma cosa succede se il condominio non è assicurato?

In questo caso il risarcimento sarà a carico di tutti i condomini in proporzione ai rispettivi millesimi. È bene sapere che il creditore potrebbe, in assenza di pagamento, pignorare anche il conto corrente condominiale. 

L’articolo 2051 del codice civile configura una responsabilità oggettiva in capo al proprietario o al custode della cosa per tutti i danni da essa derivanti a terzi. Questa norma si applica anche al condominio che risponderà quindi delle cadute sia degli stessi condomini che di eventuali terzi.

Il condominio può tuttavia, in caso di incidente, dimostrare che il danno si è verificato per causa di un evento imprevedibile e inevitabile anche con la dovuta diligenza.

Secondo la giurisprudenza non si può configurare alcun obbligo di risarcimento quando il danneggiato è a conoscenza dello stato dei luoghi e, quindi, sa dell’esistenza dell’insidia in quanto lo stesso si trovava proprio sul nei pressi della sua abitazione: tale circostanza, secondo i giudici, dovrebbe indurre il danneggiato ad usare una adeguata diligenza.

ADERIRE ALLA DEFINIZIONE AGEVOLATA ESCLUDE LA SANATORIA

Data la nuova manovra 2023 prevista dal Governo Meloni, sono in molti a  chiedersi come si arriva alla cartella e cosa bisogna fare per capire quali sono i debiti che rientrano nella sanatoria e quali invece vengono esclusi.

Attraverso l’estratto di ruolo, ovvero il documento che riepiloga tutte le cartelle esattoriali a nome di un contribuente, il cittadino può conoscere quali sono i debiti che ha contro l’Agenzia della Riscossione.

Ma come è possibile avere il proprio estratto di ruolo?

Attraverso lo Spid, Cie o Cns il contribuente può recuperare l’estratto di ruolo da solo, comodamente da casa. All’interno di questo sono presenti tutte le cartelle esattoriali e i debiti che un contribuente ha con l’ Agenzia delle Entrate e  Riscossione. Tutti i debiti quindi, anche quelli saldati e quelli su cui sono presenti piani di rateizzazione.

È importante sapere che, all’interno dell’estratto di ruolo ci sono solo le cartelle, e non gli altri debiti che ha un contribuente ma su cui non c’entra ancora nulla l’Agenzia delle Entrate Riscossione. 

Una cartella esattoriale non è altro che lo stadio finale di un debito. Tutto comunque parte dal mancato pagamento del contribuente. L’ente a cui la tassa era dovuta, non ricevendo il pagamento, emana il provvedimento di accertamento. In pratica, si chiede al debitore di versare la tassa che precedentemente non era stata pagata entro la scadenza.

Attraverso lo strumento dell’accertamento oltre alla tassa in genere viene chiesto di pagare anche una sanzione, gli interessi per ritardato pagamento e le spese di notifica dell’accertamento. Dopo l’accertamento, al perdurare dell’omissione del pagamento, ecco che un ente può dare mandato ad Agenzia delle Entrate e Riscossione di passare all’incasso con le maniere forti della cartella esattoriale. In molti casi un ente locale, come può essere la Regione piuttosto che il Comune, può dare mandato a un diverso concessionario per la riscossione.

In questo caso un contribuente può avere debiti che nell’estratto di ruolo non compaiono semplicemente perché non appartengono ad Agenzia delle Entrate riscossione.

È bene sapere che i tempi tecnici che passano tra accertamento dell’ente impositore e cartella esattoriale sono a volte lunghi e altre volte lunghissimi.

Per la nuova rottamazione delle cartelle, se un debito non è diventato cartella entro il 30 giugno 2022, questo debito non potrà essere scontato e rateizzato con la definizione agevolata, peggio ancora non sarà oggetto di cancellazione d’ufficio. Questo anche se sono inferiori a 1.000 euro e nonostante sono debiti antecedenti il 2015. Infatti nella sanatoria del governo le cartelle fino al 2015, se di importo inferiore a 1.000 euro godranno della cancellazione d’ufficio. Ma non evidentemente i debiti che non sono ancora cartelle.

Attenzione dunque alle date di notifica delle cartelle esattoriali!