QUANDO LE DIMISSIONI DI UN LAVORATORE SONO CONSIDERATE NULLE?

QUANDO LE DIMISSIONI DI UN LAVORATORE SONO CONSIDERATE NULLE?

Vengono considerate nulle le dimissioni che vengono sollecitate dall’azienda sotto l’ingiusta minaccia di licenziamento, oppure quelle che si presentano quando il datore di lavoro fa credere al dipendente che se non interrompe il rapporto di lavoro verrà denunciato penalmente.

È importante sapere che le dimissioni che seguono una minaccia di licenziamento per giusta causa possono essere annullate qualora viene accertata l’inesistenza del diritto del datore ad attuare un provvedimento del genere per l’insussistenza dell’inadempienza addebitata al lavoratore.

Dunque, quando quella giusta causa non esiste e sono state prodotte delle prove false contro il dipendente, ci sarebbero gli estremi per ribaltare la situazione e presentare le dimissioni per giusta causa.

Affinché le dimissioni siano nulle per errore, quest’ultimo deve essere riconoscibile da parte del datore di lavoro.

Non è possibile annullare le dimissioni di chi pensa di avere maturato il diritto al trattamento pensionistico e che decide di restare a casa.

Un altro fattore che può rendere nulle le dimissioni è quello che riguarda l’incapacità di intendere e di volere del dipendente, ovvero la temporanea impossibilità di rendersi conto di quello che sta facendo, del contenuto e degli effetti dell’atto giuridico che sta consegnando.

Al lavoratore è dato il compito di dimostrare che, nel momento in cui ha firmato l’interruzione del rapporto si trovava in uno stato di privazione delle proprie facoltà.

Non è possibile invece, annullare le dimissioni presentate da un dipendente in stato di depressione, a meno che si riesca a provare che l’incapacità sussiste a causa di tale stato.

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