Archivio mensile Novembre 10, 2022

BONUS BENZINA 200 EURO AI DIPENDENTI: COME FUNZIONA

Al fine di andare incontro alle difficoltà dei lavoratori dovute all’aumento generale dei prezzi causato dalla crisi russo-ucraina senza aumentare il costo del lavoro per l’azienda, si è pensato di introdurre un bonus per agevolare i lavoratori.

Il Decreto Legge n. 21/2022 del 21 marzo 2022, c.d. “Decreto Ucraina” all’art. 2 prevede la possibilità per i datori di lavoro privati, e solo per l’anno 2022, di erogare ai propri dipendenti buoni benzina per l’acquisto di carburanti, nel limite di €uro 200,00 per lavoratore.

È bene sapere che tale importo non concorre alla formazione del reddito imponibile.

La norma, è ancora oggetto di diverse criticità e si attendono chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Il Decreto, infatti, parla di “aziende private ” lasciando il dubbio a se tra queste rientrino enti e cooperative.

Si cerca anche di capire e si ritiene che la nuova agevolazione prevista specificamente per i buoni benzina sia aggiuntiva e cumulabile con la liberalità di €uro 258,23 prevista dal citato art. 51, comma 3 del TUIR, con la conseguenza che, nel complesso, l’erogazione di buoni benzina potrebbe potenzialmente risultare esente per un importo massimo di €uro 458,23.          

Attenzione però: in questi casi se il limite di €uro 258,23 viene superato, l’intero valore concorrerà alla formazione del reddito.

Quello che è cero è che il bonus non opera nel caso di dipendenti che sono in possesso di auto aziendali assegnate a uso promiscuo, in quanto, in questo caso, il costo del carburante è alla base del calcolo del fringe benefit imponibile per il dipendente.

IN CHE MODO SI DIVENTA PROPIETARI DI UN TERRENO ABBANDONATO?

Se ci troviamo nel caso in cui di fianco a casa nostra esiste un terreno abbandonato incolto, le leggi in vigore 2022-2023 ci permettono di diventarne proprietari per usucapione. Devono però coesistere  determinate condizioni.

Secondo quanto previsto dalla giurisprudenza, una delle prime cose che si può fare in questi casi  è quella di cercare di diventarne proprietari  per usucapione.

Questo avviene nel caso in cui decidiamo di prenderci cura del terreno abbandonato per un determinato periodo di tempo e a determinate condizioni.

In particolare, per diventare proprietari di terreni abbandonati per usucapione è necessario che un soggetto se ne occupi per un lungo tempo, stabilito dalla legge, in maniera continuativa senza mai ricevere ‘interruzioni’ dal legittimo proprietario e, una volta trascorso il periodo indicato dalla legge,  il soggetto interessato deve rivolgersi al giudice di competenza perché emetta una sentenza di trasferimento della proprietà del terreno abbandonato per usucapione, da trascrivere poi nei pubblici registri immobiliari.

Secondo la legge il periodo di tempo per diventare proprietari di un terreno abbandonato incolto per usucapione è di 20 anni per terreni abbandonati il cui possesso sia stato acquistato in malafede, cioè sapendo che si tratta di una proprietà di un’altra persona, o per possesso continuato per i beni mobili, e di 10 anni se il terreno abbandonato è acquistato in buona fede da un soggetto che non era il proprietario del bene.

Ma affinché si  diventi proprietari di un terreno abbandonato che si trova di fianco a casa propria per usucapione è anche necessario che sussistano ulteriori condizioni .

Innanzitutto occorre che  il possesso del terreno sia pacifico e non violento o clandestino; e che sia avvenuto nel corso dei 20 anni ininterrottamente, senza cioè che nel corso di questo lungo tempo il proprietario legittimo abbia interferito nella sua gestione.

Una volta diventati proprietari di un terreno abbandonato incolto è possibile realizzare sullo stesso diverse costruzioni, se il terreno risulta edificabile.

L’usucapione vale anche per diventare proprietari di un rudere fatiscente accanto a casa propria, che può essere poi ristrutturato e successivamente abitato.

È bene sapere che se vicino a casa propria si ha un terreno abbandonato incolto o un rudere fatiscente è possibile anche acquistarlo se in vendita. Ciò che differenzia un normale acquisto di immobili da quello di terreni abbandonati incolti è la procedura preliminare da seguire per sapere chi è il legittimo proprietario del terreno così come del rudere.

IL COMUNE E’ TENUTO A RISARCIRE IL PEDONE CHE CADE A SEGUITO DI UN TOMBINO RIALZATO?

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 31702/2022  ha condotto all’accoglimento dell’appello principale del Comune contro la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto al pedone inciampato nel tombino un risarcimento di più di 2000 euro.

Una donna, inciampata  e caduta in un tombino aveva chiesto i danni al Comune e il Giudice di primo grado condannava l’Ente a risarcire alla donna Euro 2.2027,56.

In un primo momento la Cassazione aveva rilevato che  la caduta si era verificata su un tombino posto a d un livello inferiore rispetto alla sede stradale ossia più basso da un lato di circa 4-5 centimetri rispetto alla sede stradale, e che pertanto ricorreva un lieve avvallamento del manto stradale.

Dal momento che l’anomalia non rilevante rende il rischio non percepibile dal pedone, la donna aveva diritto al risarcimento da parte del Comune. Se invece l’anomalia fosse stata visibile e rilevante allora il pedone sarebbe stato responsabile della propria caduta.

Dunque la Pubblica Amministrazione è responsabile per i danni cagionati da un tombino mal posizionato sulla strada sottoposta alla sua custodia.

Per il verificarsi della responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c., è necessaria la prova da parte del danneggiato di un relazione tra la cosa in questione e l’evento dannoso, che risulti cosi riconducibile a una anomalia nella struttura o nel funzionamento della cosa stessa.

La responsabilità ex art. 2051 c.c., postula, infatti, la sussistenza di un “rapporto di custodia” della cosa, ossia di una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa.

CHE COS’E’ IL COPYRIGHT E QUALI SONO LE FOTOGRAFIE CHE NON POSSONO ESSERE PUBBLICATE?

Si definisce copyright la tutela del diritto d’autore. Si tratta di un diritto del titolare a non veder “copiate” le immagini pubblicate dallo stesso autore.

Ad essere protette dal copyright sono solitamente le fotografie pubblicate dall’utente, mentre le immagini raffiguranti gli oggetti, i documenti e i disegni tecnici possono essere liberamente usate da chiunque, non essendo destinatarie di tutela.

Qualunque opera fotografica realizzata da altri non può essere né scaricata, né riprodotta se non si ottiene prima l’autorizzazione dell’autore. Quest’ultima deve essere concessa obbligatoriamente attraverso la forma scritta per poterne dimostrare l’esistenza in un eventuale contenzioso. Ragion per cui sarà sempre bene farsi firmare la liberatoria da parte dell’autore.

Si considerano opere fotografiche  anche quelle non registrate alla Siae o presso qualsiasi altro ente. Non è ritenuto necessario che il creatore specifichi, accanto alla foto, che «tutti i diritti sono riservati».   

Per quanto riguarda le semplici fotografie scattate da chiunque, esse sono tutelate dagli articoli 87 e seguenti della legge sul diritto d’autore. Vi rientrano le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, comprese le riproduzioni di opere dell’arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche.

Quest’ultime vengono tutelate dal diritto d’autore, ragion per cui è necessario chiedere il permesso del fotografo.

Se la fotografia  non riproduce alcuna indicazione, la sua riproduzione  è considerata abusiva solo se questa è avvenuta in malafede.

In questi casi l’autore della foto ha il diritto di chiedere un compenso per la riproduzione della stessa.

Per quanto riguarda invece le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici, per queste non è prevista alcuna tutela del copyright.

I DOCUMENTI NECESSARI ALLA VENDITA DI UN IMMOBILE

Quando ci troviamo di fronte alla vendita di una casa, prima di stipulare un il rogito notarile è sempre bene procurarsi tutta la documentazione che si renderà a tal fine necessaria.

Ma quali sono i documenti necessari alla vendita di un immobile?

È innanzitutto necessario avere la copia dell’atto di provenienza e la documentazione catastale e ipotecaria. Tale documentazione andrà sempre verificata dal notaio per garantirne l’aggiornamento alla data del rogito.

A seconda dei casi sarà necessario procurarsi una copia della licenza o della concessione edilizia o del permesso di costruire iniziale se la costruzione è successiva al primo settembre 1967.

Se ci troviamo di fronte ad un immobile che nel corso degli anni è stato sottoposto a modifiche catastali, urbanistiche o edilizie sarà necessario presentare tutta la documentazione relativa.

Un altro documento essenziale è il certificato di agibilità/abitabilità che si riferisca alle condizioni di sicurezza, igiene e salubrità di un immobile.

Viene inoltre richiesto anche il l’APE ovvero l’attestato di prestazione energetica all’interno del quale sono riportate le condizioni energetiche dell’immobile e, se ci sono terreni di superficie maggiore di cinquemila metri quadri, il certificato di destinazione urbanistica.

Per tutti gli immobili situati all’interno di una palazzina, al momento del rogito andrà consegnata anche una copia del regolamento condominiale e, se siamo in presenza di una locazione, anche una copia del contratto della stessa.

Chi invece acquista l’immobile deve presentare tutta la documentazione relativa all’eventuale preliminare e quella richiesta dall’agevolazione prima casa se se ne usufruisce.

È necessario infine presentare, se in presenza di mutuo, la documentazione attestante lo stesso a comprovare il pagamento dell’immobile che si intende acquistare.

IL DIRITTO ALL’EREDITA’ DELL’EX CONIUGE IN CASO DI DIVORZIO

Diverse sono le regole in cado di divorzio o separazione. A differenza di quanto avviene in caso di separazione, il divorzio elimina qualsiasi diritto successorio dell’ex, che non è più erede per legge del defunto. Caso contrario accade se siamo in presenza di un testamento dove l’ex coniuge viene nominato erede legittimo del defunto. In questo caso, anche in presenza di divorzio, l’ex marito ha diritto ad accedere all’asse ereditario.

Ma attenzione: se le condizioni economiche dell’ex coniuge del defunto sono particolarmente disagiate, questo potrà richiedere al tribunale di vedersi riconosciuto un assegno periodico alimentare, di natura assistenziale, da porre a carico dell’eredità.

Per poter ottenere tale sussistenza sarà però necessario verificare e provare l’effettivo stato di bisogno dell’ex coniuge, da intendersi come mancanza delle risorse economiche necessarie per soddisfare esigenze essenziali o primarie.

Un altro presupposto da considerare è verificare la titolarità di un assegno divorzile a carico del defunto quando era ancora in vita.

Bisognerà considerare anche se gli obblighi patrimoniali del defunto nei confronti dell’ex erano stati da questo soddisfatti, quando era in vita, mediante un versamento fatto una tantum. In questo caso l’ex coniuge superstite che versi in stato di bisogno non è in possesso dei requisiti richiesti affinché il giudice riconosca il suo diritto a un assegno alimentare a carico dell’eredità.

COME LEGGERE UNA BOLLETTA DI ENERGIA ELETTRICA?

Non tutti i consumatori che ricevono la bolletta di energia elettrica sono in grado di capire cosa stanno pagando e come è suddiviso l’importo fatturato.

Andiamo dunque a vedere, nel dettaglio, quali sono le relative voci di spesa inserite all’interno della nostra bolletta.

La spesa per la materia energia comprende gli importi fatturati relativamente alle diverse attività svolte dal venditore per fornire l’energia elettrica al cliente finale.

Per i clienti serviti in maggior tutela che hanno attivato una modalità di addebito automatico degli importi fatturati ed ai quali viene inviata la bolletta in formato elettronico, la voce comprende anche l’applicazione dello sconto per tale emissione.

La spesa per il trasporto e la gestione del contatore, invece, comprende gli importi fatturati per le diverse attività che consentono ai venditori di consegnare ai clienti finali l’energia elettrica da loro consumata.

Essa corrisponde agli importi relativi ai servizi di trasmissione e di trasporto, distribuzione e misura. È comprensiva anche agli importi fatturati relativi alle componenti di incentivazione e al recupero della qualità del servizio e ai meccanismi perequativi dei suddetti servizi.

All’interno della fattura troviamo anche la  voce “spesa per oneri di sistema”. Essa è relativa agli importi fatturati che si riferiscono a corrispettivi destinati alla copertura di costi relativi ad attività di interesse generale per il sistema elettrico che vengono pagati da tutti i clienti finali del servizio elettrico.

A volte vengono inseriti, all’interno della fattura, anche dei ricalcoli. Questa voce è presente solo se si sono verificati ricalcoli per una modifica dei consumi dovuta ad esempio ad una ricostruzione dei consumi per malfunzionamento del contatore o ad un errore nel dato di lettura comunicato dal distributore; oppure una modifica dei prezzi applicati, ad esempio legati a specifiche sentenze del Tribunale amministrativo.

Con la voce “altre partite”, invece, vengono fatturati gli importi eventualmente addebitati/accreditati al cliente finale per oneri diversi rispetto a quelli relativi alla Spesa per la materia energia, alla Spesa per il trasporto e la gestione del contatore e alla Spesa per oneri generali. Se il consumatore ha inoltre richiesto il bonus sociale, questo deve essere obbligatoriamente indicato all’interno della fattura corrisposta.

Il bonus sociale elettrico è previsto anche per i casi di disagio fisico, cioè per i casi in cui una grave malattia costringa all’utilizzo di apparecchiature elettromedicali indispensabili per il mantenimento in vita.

COSA SONO I BONIFICI ISTANTANEI E PERCHE’ NON SI POSSONO ANNULLARE?

Che cosa sono i bonifici istantanei? Si tratta della nuova frontiera dei trasferimenti di denaro immediati. La comodità del correntista è nel fatto che bastano 10 secondi affinché il denaro venga  facilmente trasferito da un conto corrente all’altro. Ma non è tutto: il bonifico istantaneo infatti può essere disposto in ogni momento, 24 ore su 24, 365 giorni su 365.

Si tratta di una bella comodità per chi deve effettuare un pagamento urgente o in scadenza.

Ma c’è anche un aspetto negativo: i bonifici istantanei, a differenza degli altri bonifici, non si possono annullare. Il motivo ha a che fare con i tempi dell’operazione.

Il vantaggio inestimabile dell’istantaneità del trasferimento di denaro non permette di annullare l’operazione. Chi quindi decide di effettuare un bonifico istantaneo deve prestare la massima attenzione in fase di compilazione dei dati necessari a disporre il bonifico.

La differenza col bonifico ordinario sta nel fatto che, per quest’ultimo,  se ci si accorge che si è commesso un errore nella compilazione dei dati necessari alla sua disposizione, è possibile procedere al suo annullamento, solo se non è ancora stato eseguito “contabilmente” e risulta quindi ancora nello stato “prenotato”. Ciò non è possibile per il bonifico istantaneo che viene effettuato in soli 10 secondi.

L’ASSEMBLEA DEVE AUTORIZZARE L’APERTURA DI UN B&B IN UN CONDOMINIO?

Spesso accade che il proprietario di un appartamento all’interno di un condominio decida di adibire la propria abitazione a B&B. Si tratta di un fenomeno in forte crescita che permette ai titolari degli appartamenti di guadagnare un maggior reddito.

All’interno del mostro Paese la normativa che disciplina tali strutture ricettive subisce delle differenze da regione a regione, imponendo ai titolari delle attività peculiari limitazioni affinché l’attività sia svolta regolarmente.

Il condomino che decide di aprire tale attività dovrà far conto con le normative stabilite dalla legge, con i regolamenti di pubblica sicurezza o di polizia urbana o di altre autorità amministrative e, infine, da leggi speciali.

Per quanto riguarda eventuali autorizzazioni condominiali, la giurisprudenza ritiene che le attività di affitta camere non comportino un utilizzo diverso degli immobili da quelle che sono le “civili abitazioni” e, dunque, non possano determinare danni per gli altri condomini (cfr. Cass., n. 24707/2014 e n. 704/2015).

Per questo motivo si ritiene che per la costituzione di un “B&B” non occorra l’approvazione dell’assemblea condominiale né sia necessaria alcuna variazione di destinazione d’uso.

È però importante che questo tipo di attività non sia vietata espressamente all’interno del regolamento condominiale e che non comporti un pericolo per i singoli condomini.

Secondo il codice civile, infatti, l’uso dell’appartamento può essere deciso dal proprietario, a patto che questi rispetti il pari diritto degli altri sulle parti comuni ed eviti ogni pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico dell’edificio.

Le legge specifica che le disposizioni contenute nel regolamento condominiale debbano essere espressamente e chiaramente manifestate dal testo o, comunque, debbano risultare da una volontà desumibile in modo non equivoco da esso.

Dunque non ci sono ostacoli alla realizzazione dell’attività ricettiva, salvo le necessarie autorizzazioni amministrative.

Il consiglio è quello di comunicare ugualmente  all’assemblea l’intenzione di aprire un B&B all’interno del proprio appartamento così da agire nella massima trasparenza ed evitare eventuali futuri reclami da parte di altri condomini.

IL CORRISPETTIVO C-MOR ALL’INTERNO DELLA BOLLETTA: DI COSA SI TRATTA?

Al cliente che riceve una bolletta di energia elettrica può capitare che, sotto la voce “Altre partite” compaia la dicitura “Corrismettivo C- Mor”. Di cosa si tratta?

È un corrispettivo specifico indicato in bolletta che può essere addebitato al cliente dall’attuale venditore a titolo di indennizzo a favore di un precedente venditore, per il mancato pagamento di una o più bollette da parte del cliente stesso. Infatti, nei casi in cui un cliente risulti moroso nei confronti di un precedente venditore, quest’ultimo può chiedere  quanto stabilito all’Autorità.

Quando questo accade, all’interno della bolletta compare la scritta: “In questa bolletta Le viene addebitato per conto di un Suo precedente venditore il “Corrispettivo C-MOR”, a titolo di indennizzo, per il mancato pagamento di una o più bollette.”

Questo corrispettivo si basa un semplice, ma fondamentale principio ovvero che tutti i consumi vanno pagati. Dunque cambiare continuamente fornitore non è una soluzione per annullare i pagamenti in pendenza.

Affinché il fornitore riceva il pagamento di questo indennizzo, dovrà rispettare una serie di condizioni. Per prima cosa la richiesta deve essere effettuata in un periodo di tempo compreso fra 6 mesi e 12 mesi dalla data del cambio gestore.

Altre condizioni da rispettare sono:

  • la morosità deve riguardare clienti alimentati a bassa tensione;
  • deve essere consegnata al cliente la dichiarazione di morosità;
  • il debito pregresso deve risultare non saldato;
  • Il calcolo della morosità non deve tener conto di malfunzionamenti del contatore;
  • l’Addebito del corrispettivo CMOR deve essere pari ad almeno 10€.

Cosa succede se in seguito ad un cambio fornitore ci viene richiesto il pagamento del corrispettivo CMOR anche se abbiamo già pagato tutte le vecchie bollette?

In questo caso è possibile inviare un reclamo scritto al vecchio fornitore. Quest’ultimo deve contenere la documentazione che attesta tutti i pagamenti effettuati e la ricezione del Corrispettivo CMOR. Il fornitore  è chiamato a rispondere obbligatoriamente  entro 40 giorni lavorativi dalla data dell’invio.