Archivio mensile Novembre 25, 2022

ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE: LA PROPOSTA DEL GOVERNO MELONI

La nuova proposta di rottamazione del nuovo Governo prevede che, sulle cartelle arrivate fino al 30 giugno 2022 superiori ai mille euro saranno eliminati totalmente sanzioni ed interessi e sarà dovuta solo l’imposta. Quest’ultima potrà essere rateizzata nell’arco di un periodo  di cinque anni .

Viene in sostanza eliminata la maggiorazione del 5 % dell’ipotesi fatta inizialmente.

Relativamente, invece, alle cartelle sotto i mille euro resta confermato lo stralcio per tutte quelle consegnate dal 2010  2015.

Ma cosa succede, invece, alle cartelle sotto i mille euro, notificate dopo il 2015?

Esse potranno essere comunque cancellate col pagamento della sola imposta.

Ovviamente, per avere conferma circa quanto descritto, si attende il disegno di legge che sarà consegnato alle Camere. Se i mille euro si riferiranno ai carichi affidati all’agente della riscossione, l’importo reale della cartella potrà essere anche più alto.

Sembrerebbe che invece, la sanzione del 5% resterebbe per tutti i carichi pendenti non ancora notificati tramite cartella esattoriale.

È il caso degli accertamenti con adesione che vedranno applicate delle sanzioni del 5%. Queste potrebbero ulteriormente scendere al 3% per chi ha ricevuto un avviso bonario con una rateizzazione in due anni, anziché 3.

Ultima novità riguarda le liti pendenti. Si prevede una  chiusura agevolata. Si dovrebbe dare la  possibilità di chiudere le cause in corso pagando un forfait graduato a seconda del grado di giudizio della lite. L’importo dovuto scende al 15% del valore complessivo nel caso in cui il contribuente è vincente in secondo grado.

Altra  possibilità potrebbe essere quella di versare il 90%, rinunciando direttamente alla lite con il Fisco.

IL RAVVEDIMENTO OPEROSO PER CHI PAGA IN RITARDO L’IMU

Il contribuente che non paga l’acconto IMU è accertabile dall’Agenzia delle Entrate con una sanzione del 30 per cento dell’importo dovuto originariamente.

Chi però vuole pagare successivamente alla scadenza, può avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso.

Il ravvedimento varia in base ai giorni che decorrono dalla data di effettiva scadenza del versamento Imu a quella dell’effettivo pagamento del contribuente.

A seconda del periodo di tempo trascorso, distinguiamo:

  • Ravvedimento super breve:  qualora il versamento è effettuato entro 14 giorni dalla scadenza prevista. La sanzione è pari a 1/10 di quella ordinaria dell’1 per cento, per ognuno dei giorni di ritardo.
  • Ravvedimento breve: qualora il versamento avviene entro 30 giorni dalla scadenza prevista, più precisamente dal 15° al 30° giorno. In questo caso si applica una sanzione dell’1,5 per cento, che deve essere calcolata sull’importo del tributo dovuto;
  • Ravvedimento medio: in questo caso la sanzione aumenta fino ad arrivare all’1,67 per cento quando il pagamento dell’IMU avviene entro 90 giorni dal termine previsto per il versamento.
  • Ravvedimento lungo: si applica se il pagamento avviene oltre i 90 giorni di ritardo ma il pagamento viene comunque effettuato entro il termine di 1 anno.

Per i contribuenti che intendono pagare con oltre un anno di ritardo è inoltre previsto il ravvedimento operoso “lunghissimo”.

Il contribuente che effettua il versamento entro 2 anni dal termine previsto può corrispondere una sanzione pari ad 1/7 di quella originariamente prevista.

Inoltre, nell’ipotesi in cui il pagamento venga effettuato dopo il superamento del limite dei 2 anni, la sanzione aumenta al 5 per cento dell’imposta dovuta.

Se inoltre la regolarizzazione avvenisse dopo la ricezione del verbale di constatazione da parte del contribuente, la sanzione corrisposta potrà arrivare fino al 6 per cento.

È importante che il pagamento venga effettuato entro la notificazione dell’atto di accertamento da parte dell’Ente competente.

QUANDO E’ PREVISTO IL RISARCIMENTO PER UN’AUTO USATA DIFETTOSA? 

Non tutti sanno che chi acquista un’auto usata ha diritto ad una garanzia sul veicolo.  Condizione essenziale affinché si abbia una garanzia, è che la macchina venga acquistata in concessionaria.

Il Codice del consumo prevede che, chi ha comprato una vettura di seconda mano ha diritto alla tutela dei danni alle parti meccaniche, alla carrozzeria o alle componenti elettriche per 2 anni.

Tale termine di riduce ad un  anno se è previsto nel contratto di compravendita del veicolo ed è espressamente accettato dal compratore e dal venditore.

Le cose cambiano se si acquista l’auto da un privato. In questo caso, il venditore non ha alcun obbligo di rilasciare una garanzia legale.

Chi vende ha comunque l’obbligo di specificare al compratore le condizioni dell’auto, pena il pagamento dei danni non comunicati.  

Secondo il Codice del consumo, in caso di acquisto di un’auto usata da una concessionaria, gli eventuali difetti riscontrati durante i primi sei mesi dalla data di acquisto risultano già presenti al momento della vendita.

Se il venditore dovesse avere problemi entro questa scadenza, per ottenere un risarcimento, dovrebbe dimostrare che il vizio non rientra nella garanzia.

Il compratore invece, è tenuto a denunciare al venditore il vizio riscontrato entro due mesi dalla sua scoperta tramite raccomandata a/r da inviare al salone auto in cui ha acquistato il veicolo.

Ovviamente la garanzia non copre i difetti derivanti da usura ordinaria come le spazzole, freni, batteria, gomme.

Secondo il Codice civile, il venditore privato di un’auto usata, “è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.”

Se, nell’operazione di compravendita, il venditore non tiene conto dei difetti dell’auto, l’acquirente ha tutto il diritto di avanzare delle pretese nei confronti di quest’ultimo.

Secondo la Corte di Cassazione l’acquirente deve essere sempre informato dello stato in cui si trova il veicolo e degli eventuali interventi di cui dovrebbe farsi carico. Se ci sono dei vizi occulti, la clausola non è valida e il compratore potrebbe restituire il veicolo al vecchio proprietario chiedendo indietro i soldi pagati o pretendendo uno sconto per il minor valore di un’auto più difettosa di quello che sembrava.

IRREPERIBILITA’ ASSOLUTA E NEGATIVA: COME AVVIENE LA NOTIFICA?

Risulta difficile notificare un atto ad un contribuente se quest’ultimo risulta irreperibile.

È bene sapere che, quando parliamo di irreperibilità, possiamo considerarne due tipi: irreperibilità relativa e irreperibilità assoluta.

Per quanto concerne la prima, questa si manifesta quando è nota la residenza del destinatario ma questi non si trova momentaneamente a casa.

L’irreperibilità assoluta si verifica invece, quando non è nota la residenza, il domicilio o la dimora del destinatario. 

Quando il contribuente, destinatario dell’atto, di cui conosciamo la residenza (irreperibilità relativa), non si trova a casa al momento dell’arrivo del postino o dell’ufficiale giudiziario, la notifica viene fatta immettendo un avviso di giacenza nella buca delle lettere e spedendo al destinatario una seconda raccomandata con cui lo si avvisa del tentativo di consegna dell’atto. 

In questo caso il contribuente ha tempo sei mesi per il ritiro della lettera e la notifica si considera ugualmente eseguita già dopo dieci giorni di giacenza dell’atto.

Si cerca di evitare in questo modo che il destinatario possa volontariamente ritardare il momento di ritiro dell’atto stesso in modo da pregiudicare gli interessi della controparte. 

In caco invece, di irreperibilità assoluta, l’ufficiale giudiziario esegue la notifica depositando copia dell’atto al Comune dell’ultima residenza del destinatario o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita.

La Corte di Cassazione specifica che, in caso di irreperibilità del soggetto destinatario della notifica, il messo notificatore non può attivare la procedura per irreperibilità assoluta se prima non ha proceduto a effettuare «ulteriori ricerche all’interno del medesimo Comune». 

Il messo notificatore deve accertarsi  se il destinatario possa essere “intercettato” in un altro luogo all’interno del Comune del domicilio fiscale.

È importante ricordare che, quando si decide di impugnare una mancata notifica innanzi al giudice, non bisogna mai far riferimento al fatto che esiste un atto che ci è stato mal notificato. Questo perché, in questo modo, ammetteremmo di conoscere che esiste un documento di cui noi siamo destinatari. Ciò sanerebbe il difetto di notifica e la nostra difesa sarebbe nulla.

COME DEVE COMPORTARSI IL LAVORATORE CHE SVOLGE MANSIONI DIVERSE DA QUELLE RICONOSCIUTE?

Capita purtroppo spesso che il lavoratore svolga, all’interno del proprio ambiente di lavoro, mansioni diverse rispetto a quelle per le quali è stato assunto.

A volte svolge mansioni inferiori rispetto all’inquadramento all’interno della propria assunzione, altre volte invece svolge degli incarichi superiori.

Come può difendersi il dipendente che si trova in questa situazione?

Qualora il lavoratore si trova nel caso in cui svolga delle mansioni inferiori, egli ha il diritto di chiedere il riconoscimento delle mansioni indicate nella lettera di assunzione più un eventuale risarcimento del danno alla professionalità. Il dipendente infatti, non riuscirà a maturare le competenze previste da quell’incarico.

Se invece ci troviamo nella situazione opposta e il dipendente deve eseguire per un certo tempo delle mansioni superiori, egli ha il diritto di chiedere il riconoscimento della qualifica superiore rispetto al formale livello di inquadramento.

Oltretutto, il lavoratore potrà richiedere le differenze retributive legate a quella qualifica.

Qualora l’azienda non è propensa a raccogliere le richieste del dipendente che si ritrova a svolgere delle mansioni diverse al lavoro, c’è sempre la possibilità di rivolgersi ad un giudice presentando un ricorso con l’assistenza di un avvocato.

Il dipendente dovrà, in questo caso, provare la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della diversa qualifica e l’eventuale risarcimento del danno.

Se un lavoratore, pur non essendo dirigente, si comporta come tale, potrà chiedere al giudice l’attribuzione della qualifica e, pertanto, che venga applicato il relativo contratto ma dovrà dimostrare l’attività effettivamente svolta e la sua corrispondenza con quella delineata per il ruolo dirigenziale dal Ccnl.

Per quanto riguarda il risarcimento del danno causato dallo svolgimento di mansioni diverse al lavoro, anche qui va dimostrato che effettivamente ci siamo delle diversità da ciò che è stato indicato nella lettera di assunzione e ciò che il lavoratore fa effettivamente all’interno del luogo di lavoro.  

QUAL E’ LA FUNZIONE DELLA PIAZZOLA DI SOSTA IN AUTOSTRADA?

Secondo il codice della strada la piazzola di sosta è quella parte della strada, di lunghezza limitata, adiacente esternamente alla banchina, destinata alla sosta dei veicoli.

Essa costituisce un ampliamento laterale della sede stradale, delimitato da linee di colore bianco che si trova lungo il tratto di un’autostrada.

La piazzola di sosta è solitamente segnalata da un cartello con fondo blu con un’area a forma di trapezio tratteggiata. A volte, al centro del segnale vi è la scritta “SOS” se nell’area di sosta è presente anche una colonnina per richiedere un intervento di soccorso stradale.

La piazzola viene spesso utilizzata per la sosta dei veicoli. Secondo la giurisprudenza quest’area non deve obbligatoriamente essere utilizzata solo per le emergenze. Essa può infatti essere impiegata anche per bisogni meno impellenti, come ad esempio per riposare qualche minuto qualora il conducente del veicolo trova difficoltà a proseguire la corsa.

Dunque non è necessaria un’emergenza per utilizzare la piazzola di sosta, diversamente della corsia d’emergenza, definita dal codice della strada come una corsia, adiacente alla carreggiata, destinata alle soste di emergenza e al transito dei veicoli di soccorso.

Dunque mentre la corsia d’emergenza viene utilizzata solo per situazioni di grave bisogno dovute a malessere degli occupanti del veicolo o a situazioni di guasto del veicolo stesso, la piazzola di sosta può essere impiegata anche in assenza di un’urgenza vera e propria.

La corsia d’emergenza può però essere utilizzata, secondo il codice della strada, per raggiungere una piazzola di sosta. Infatti, in situazioni d’urgenza, il veicolo deve essere portato nel più breve tempo possibile sulla corsia per la sosta di emergenza, o in assenza di questa, sulla prima piazzola disponibile nel senso di marcia, evitando comunque qualsiasi ingombro delle corsie di scorrimento.

È fondamentale sapere che il codice della strada disciplina che di notte o in condizioni di scarsa visibilità, il conducente è obbligato ad indossare il giubbotto catarifrangente per scendere dal veicolo sulle corsie di emergenza o sulle piazzole di sosta.

Se si infrange questa regola c’è il rischio di essere sanzionati con una multa che va da 42 a 173 euro.

BONUS ACQUA: CHI HA DIRITTO?

Il Bonus acqua non è altro che un’agevolazione fiscale, voluta dal Ministro dell’Ambiente, che prevede agevolazioni e sconti sulle bollette idriche per le famiglie in situazioni di disagio.

A differenza del bonus sociale per luce e gas che sono gestiti a livello nazionale, il bonus idrico è di competenza invece delle singole Regioni.

I principi generali per poter richiedere il bonus idrico sono stati stabiliti dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Quindi le Regioni non sono del tutto libere, ma devono sottostare ad alcuni principi e regole imposte dall’ARERA.

Lo sconto previsto dal bonus idrico si aggira intorno al 20-30% del totale della bolletta dell’acqua per le famiglia bisognose.

Per poter usufruire di questo bonus è necessario essere intestatario di una fornitura idrica oppure risiedere in un condominio a cui è intestato un contratto per la fornitura d’acqua.

Chi si vede riconosciuto il bonus idrico potrà avere anche altre agevolazioni fiscali come quelle relative al bonus luce e gas.

Hanno diritto a ricevere il Bonus Sociale le famiglie con ISEE non superiore a 8.265 euro, le famiglie numerose ﴾4 figli a carico﴿ con ISEE non superiore a 20.000 euro o se si appartiene a un nucleo familiare titolare di Reddito di cittadinanza o Pensione di cittadinanza.

La procedura è automatica dal 1° gennaio 2021. È sufficiente che ciascun cittadino presenti la Dichiarazione Sostitutiva Unica ﴾DSU﴿ per ottenere l’attestazione ISEE utile per le differenti prestazioni sociali agevolate ﴾es.: assegno di maternità, mensa scolastica, bonus bebè ecc.﴿ e il bonus verrà erogato in bolletta automaticamente.

Il pagamento del bonus idrico  avviene tramite assegno circolare intestato al componente del nucleo familiare che ha presentato la DSU e recapitato all’abitazione del nucleo familiare.

Ricordiamo che il decreto-legge n. 21  del 21 marzo 2022, il cosiddetto “Decreto Ucraina”  ha previsto che  per il periodo dal 1 aprile al 31 dicembre 2022  il  valore ISEE di accesso ai bonus sociali elettricità  e gas è fissato a 12mila euro invece che 8.265.

Attenzione però:  la soglia ISEE per usufruire del Bonus idrico resta invariata. 

AUTOVELOX  SCATTA FOTO SENZA DATA: E’ VALIDA LA MULTA?

È importante sapere che le foto che sono scattate dagli autovelox, possono ritrarre esclusivamente l’automobilista che si trova alla guida dell’autovettura che ha commesso l’infrazione e non anche soggetti terzi, la cui privacy verrebbe indubitabilmente compromessa.

Ciò vuol dire che eventuali estranei devono essere oscurati insieme alle targhe delle loro auto.

Le foto scattate dall’autovelox riportano in molti casi anche la data e l’ora dell’infrazione.

Cosa succede nei casi in cui la data e l’ora non sono riportate sulle foto scattate dall’autovelox? Le contravvenzioni  notificate sono valide?

 La Corte di cassazione, con la sentenza numero 16889/2005, ha specificato come che le immagini catturate dall’autovelox in caso di superamento dei limiti di velocità siano valide anche se su queste non sono riportate nè l’ora e né la data in cui sono state scattate.

Questo perché la data in cui è stata commessa l’infrazione viene già notificata all’interno del verbale che, oltre a questa indicazione, indica anche l’ora e la località dove  la violazione è avvenuta. Per la Corte di Cassazione, il verbale costituisce una prova piena, fino a querela di falso, delle circostanze di fatto direttamente rilevate e descritte dagli agenti accertatori.

L’autovelox infatti, non ha il compito di “accertare le circostanze di tempo e di luogo delle infrazioni contestate, che devono essere desunte dal verbale“, ma deve solo rilevare l’eventuale superamento dei limiti di velocità stabiliti all’interno della zona in cui viene installato.

Si sottolinea inoltre che le immagini scattate dall’autovelox non vengono inviate presso la residenza del proprietario che ha commesso l’infrazione, ma se quest’ultimo intende visualizzarle, possono essere consegnate esclusivamente nelle sue mani.

LA TARI E’ DOVUTA QUALORA L’IMMOBILE E’ DISABITATO?

Sappiamo bene che la TARI è la tassa comunale per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

Essa è dovuta per tutti quei soggetti che abitano un’abitazione all’interno di un Comune e viene calcolata tenendo conto dei dati catastali dell’immobile e del numero di componenti che lo abitano.

Ma nel caso in cui l’immobile non risulta abitato, il pagamento della Tari è dovuto?

Se l’immobile è disabitato, ad una prima lettura, la tassa sembrerebbe non dovuta in quanto il proprietario, non generando rifiuti, non si avvale del servizio.

Tuttavia la Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 28 aprile 2021, chiarisce la legittimità della richiesta del tributo.

Per la Cassazione è  infatti irrilevante il dato soggettivo della mancata utilizzazione del servizio da parte del singolo utente dal momento che la TARI consiste in un servizio dedito alla raccolta e smaltimento dei rifiuti per la collettività e non per i singoli utenti.

Inoltre, specifica la Corte, anche il singolo utente, che all’apparenza sembra non fruire del servizio per mancata abitazione dell’immobile, in realtà usufruisce di una città che provvede alla salvaguardia ambientale.

Tuttavia trattandosi di una tassa comunale, è bene sapere che in alcuni comuni, se il proprietario dell’immobile riesce a dimostrare di non occupare lo stesso l’immobile con arredamenti e di non avere utenze attive, il cittadino viene esonerato dal tributo in misura totale o parziale, a discrezione dell’amministrazione comunale.

IN CASO DI MORTE DEL LOCATORE, L’AFFITTUARIO HA DIRITTO DI PRELAZIONE PER L’ACQUISTO DELL’IMMOBILE?

L’art. 1566 del codice civile definisce il diritto di prelazione come frutto dell’estensione del patto di preferenza che si acquista per legge o per volontà delle parti e permette a parità di condizioni di essere preferiti ad altri nella formazione del contratto.

Questo diritto dà la possibilità al titolare di essere preferito rispetto ad altri soggetti, a parità di condizioni, ai fini della costituzione di un determinato negozio giuridico.

Cosa succede se il locatore di un immobile affittato è deceduto e l’immobile deve essere venduto? Il locatario vanta un diritto di prelazione per la vendita dell’appartamento?

Ai sensi dell’art. 38 della l. n. 392/1978, qualora il proprietario di un immobile intenda procedere alla vendita dell’appartamento, l’affittuario vanta, in presenza di determinate condizioni, un diritto di prelazione nella vendita in quanto lo stesso sta usufruendo del diritto di abitazione sull’appartamento.

Tuttavia la Corte di Cassazione, attraverso la sentenza. n. 5596/2014, ha precisato che il diritto di prelazione non è previsto in assoluto a favore del conduttore ma solo nella limitata ipotesi in cui il locatore abbia intimato la disdetta entro la prima scadenza quadriennale del contratto di locazione, comunicando di voler vendere l’immobile.

Dunque il diritto di prelazione non potrà essere fatto valere dal locatario se la vendita dell’immobile è prevista dopo la prima scadenza quadriennale del contratto.

Ma attenzione: la prelazione del conduttore non è riconosciuta in caso di vendita dell’immobile anche se muore il locatore.  Questo perché a godere del diritto di prelazione in questo caso sono gli eredi del defunto.

Secondo l’art 732 c.c. infatti, il conduttore in caso di morte del locatore vedrà solo modificare la parte soggettiva del contratto.  Il locatario dovrà in questo caso preoccuparsi solo di a chi dovrà effettuare i pagamenti del canone  e a chi rivolgersi in caso di eventuali problemi sull’immobile.

La giurisprudenza sottolinea inoltre che, anche qualora uno dei coeredi decida di cedere una sua quota, rispetto alla prelazione del conduttore prevale quella degli eredi. La legge vuole con questo, cercare di tutelare il patrimonio ereditario che deve essere garantito ai parenti del defunto.