Archivio mensile Novembre 3, 2022

I TRUFFATORI DEL PRONTO INTERVENTO: IN CHE MODO DIFENDERSI?

A quanti è capitato di avere un problema in casa e che il tecnico di fiducia non era disponibile? In questi casi spesso si procede cercando su internet un idraulico o un elettricista disponibile attraverso il cosiddetto “pronto intervento 24 ore”.

Questa può essere un’ottima soluzione, ma se non si sta attenti può in realtà essere un ottima truffa per chi sfrutta la nostra urgenza presentandoci un conto esorbitante.

Spesso ci si imbatte in siti internet che fanno capo a società al di fuori dell’Unione Europea. Per questo il conto finale diventa così alto. Gli artigiani devono mantenere una media alta di lavorazioni e si trovano spesso monopolizzati dalla società “madre” che fornisce i clienti intercettati sul web.

Purtroppo sono molti i consumatori che cadono nella trappola, complici l’attività di promozione che queste società fanno sui motori di ricerca in modo da comparire tra i primi risultati sia l’urgenza di risolvere il problema, che porta ad accettare cifre molto più alte di quelle che normalmente saremmo disposti a spendere per lo stesso servizio.

In che modo difendersi da questo tipo di truffe?

La prima cosa da fare è capire se, innanzitutto, ci troviamo di fronte ad un’emergenza tanto da richiedere l’intervento di un tecnico entro 24 ore.

Spesso in realtà il problema può essere arginato in maniera provvisoria e aspettando uno o due giorni saremo nuovamente in grado di rivolgerci ai nostri tecnici di fiducia.

Se ciò non fosse possibile, come alternativa possiamo chiederci se conosciamo qualcun altro che possa intervenire in nostro aiuto prima di rivolgerci ad una ricerca in rete.

Se nessuna di queste soluzioni è possibile, il consiglio è quello di  riconoscere accuratamente  i siti che fanno parte di questa galassia di speculatori.

In primis è necessario porre attenzione che il numero che appare sul sito sia realmente attivo a tutte le ore, anche di notte. Un secondo consiglio è quello di assicurarsi che si tratti di una società realmente esistente, per esempio verificando la partita iva.

Potrebbe essere importante chiedere un preventivo scritto, per evitare che il tecnico, una volta terminato l’intervento, possa chiederci una cifra elevata. Se questo ci viene negato, è necessario fare molta attenzione: potremmo aver trovato un truffatore.

I DIRITTI DEL DISABILE NEL CONDOMINIO

La Costituzione italiana sancisce il principio di solidarietà sociale secondo il quale le persone bisognose e meno fortunate devono essere maggiormente tutelate.

Ecco perché l’assemblea di condominio ha il potere, anzi il dovere, di assegnare posti auto ai diversamente abili vicino l’accesso al portone di ingresso dell’edificio in cui questi vivono.

In condizioni normali, l’uso esclusivo di un’area del cortile in favore di un solo condomino richiederebbe una maggioranza qualificata: ossia il voto di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio. Non in questo caso. Ovviamente bisogna ritenere che debba prevalere una procedura più favorevole a chi è meno fortunato. Ragion per cui è lecito ritenere valida la delibera che assegna al disabile il parcheggio più vicino al portone anche se approvata a semplice maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà dei millesimi dell’edificio.

Il principio è che il condominio deve garantire il posto auto a tutti. Ma quando lo spazio non è sufficiente a consentire un parcheggio a testa, è necessario adottare un regolamento che preveda un uso rotatorio. Ciò nonostante, il disabile deve essere sempre tutelato di più rispetto agli altri condomini: non solo avendo sempre diritto a un posto auto, ma anche a quello più vicino al portone. Non si può infatti trattare il portatore di handicap al pari degli altri condomini.

Secondo i giudici, quindi, il parcheggio più vicino al portone spetta sempre al disabile. Lo può stabilire l’assemblea a maggioranza dei presenti con metà dei millesimi. Ma se non lo fa spontaneamente, è possibile ricorrere al giudice per imporglielo.

Semmai il condominio non volesse accordare al disabile il posto auto più vicino al portone, o richiedesse a questi di alternarsi con gli altri condomini, l’interessato potrebbe ricorrere al giudice per far condannare il condominio stesso a riconoscergli tale beneficio.

QUANDO CONTESTARE LA MODIFICA DEL CONTRATTO DI LUCE E GAS?

L’articolo 3 del decreto Aiuti-bis cita che «fino al 30 aprile 2023 è sospesa l’efficacia di ogni eventuale clausola contrattuale che consente all’impresa fornitrice di energia elettrica e gas naturale di modificare unilateralmente le condizioni generali di contratto relative alla definizione del prezzo, ancorché sia contrattualmente riconosciuto il diritto di recesso alla controparte».

Il provvedimento impedisce fino alla data indicata la possibilità per il fornitore di modificare unilateralmente il contratto inserendo una clausola con cui ridetermina il prezzo di luce o di gas. Trovarsi nel frattempo una bolletta con aumenti incontrollati è, pertanto, da contestare.

Dunque un contratto viene cambiato in modo unilaterale quando solo una delle parti introduce delle modifiche ad una clausola. il rapporto tra fornitore e utente è regolato anche dal «Codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica e gas naturale ai clienti finali».

Tale Codice, all’articolo 13, disciplina termini e modalità di preavviso per la variazione unilaterale delle condizioni contrattuali. L’Arera specifica che sono variazioni unilaterali quelle previste in contratto, che consentono al venditore di variarlo ma che, in quanto tali, ricadono nella sospensione della loro efficacia imposta dal decreto Aiuti bis.

Non sono da considerare variazioni unilaterali quelle che consentono la modifica o l’aggiornamento delle condizioni economiche già contenute nel contratto al momento della stipula.

Quando quindi in consumatore può contestare la bolletta?

Quando le nuove clausole non rispettano la sospensione stabilita dal decreto Aiuti bis e, quindi, sono state inserite o cambiate in modo unilaterale.

Sono da considerarsi illegittimi nel mercato libero dell’energia elettrica e del gas le proposte per rinegoziare i contratti per un dichiarato squilibrio tra il costo dell’energia e il prezzo pagato. Il consumatore può rifiutare questa rinegoziazione e il fornitore non può intervenire per conto suo senza il consenso del cliente.

Quello che, invece, può fare il gestore è proporre la risoluzione del contratto in essere e la sottoscrizione di uno nuovo con condizioni diverse. Cosa che, ovviamente, il consumatore non accetterà facilmente.

COME VENGONO DIVISE LE SPESE TRA I CONDOMINI PER I DANNI CAUSATI DALLE INFILTRAZIONI DELL’ACQUA

Cosa succede all’interno del condominio se si rompe un tubo dell’acqua o se si presentano delle infiltrazioni?

L’articolo 1117 Codice civile, stabilisce che «sono oggetto di proprietà comune… le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari … e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condòmini, oppure, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche».

Per individuare il condomino a cui addebitare le relative occorre capire se la tubatura in questione sia di proprietà individuale o condominiale.

Quindi, se il punto in cui risulta essere avvenuta la rottura riguarda una tubatura ad utilizzo esclusivo alla proprietà del singolo condomino, tutti i danni derivanti dalla rottura e dalla fuoriuscita dell’acqua saranno addebitabili al singolo condomino e non all’intero condominio.

In questi casi bisognerà valutare anche se il condominio possiede una polizza assicurativa che copri da danni provocati da infiltrazioni.

Ma in che modo devono essere divise le spese in caso di infiltrazioni?

In caso di danni derivanti da tubi d’acqua l’amministratore dovrà ripartire la spesa tra tutti i condomini secondo millesimi di proprietà. Tra questi va considerato anche il condomino danneggiato. Il risarcimento che gli sarà erogato verrà decurtato della sua quota millesimale.

Se il condominio è dotato di assicurazione, la spesa verrà sostenuta dalla compagnia. Si ricorda che a poter agire contro l’assicurazione è solo l’amministratore non il danneggiato che avrà come unico referente solo il condominio. 

LA NUOVA SOGLIA PER IL PIGNORAMENTO DELLA PENSIONE

La Legge di conversione del Decreto Aiuti Bis ha stabilito un nuovo importo per l’impignorabilità della pensione. Si sale ad un tetto di 1.000 euro con un incremento di 300 euro rispetto la soglia di

€ 702,42  precedente. Dunque in caso di debiti sono pignorabili solamente le somme superiori a mille euro.

Secondo quanto stabilito dal  Decreto Aiuti Bis, in relazione al nuovo limite di 1.000 euro non è prevista la retroattività. Per poter essere applicata la nuova soglia dovrebbe essere esplicitata nel testo, cosa che non avviene. Di conseguenza, al momento la soglia di impignorabilità rimane di 702,42 euro per tutti i pignoramenti antecedenti alla citata Legge di conversione.

Per il momento la soglia di impignorabilità della pensione fissata a mille euro vale unicamente per le procedure successive al 22 settembre 2022. Questa, infatti, è la data di entrata in vigore della Legge di conversione del Decreto Aiuti Bis. Ulteriori ricalcoli non sono previsti, ribadiamo, per il momento.

Ad esempio, una pensione di 1200 Euro mensile, può essere pignorata solo per la parte eccedente i 1.000 Euro, ovvero solo un quinto di 200, per la somma trattenuta sarà pari a 40 Euro.

Si ricorda come, ai sensi del nono comma del medesimo articolo 545 c.p.c., il pignoramento eseguito sulle somme oggetto dello stesso articolo in violazione dei divieti e dei limiti previsti dal medesimo e dalle speciali disposizioni di legge è (parzialmente o totalmente) inefficace; tale inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio.

In conclusione ricordiamo che da oggi in poi il pignoramento della pensione segue per tutti le regole  previste della legge 21settembre  2022 n. 142 che ha modificato l’art. 545 co. 7 c.p.c.

LE NUOVE MISURE A FAVORE DELL’AUTOIMPRENDITORIALITA’ GIOVANILE E FEMMINILE IN AGRICOLTURA

Il decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) del 20 luglio 2022 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 27 ottobre ha previsto nuove misure a favore dell’autoimprenditorialità giovanile e femminile in agricoltura.

Le nuove agevolazioni sono rivolte a micro e piccole-medie imprese costituite da non più di sei mesi dalla data di presentazione della domanda.

I requisiti che le aziende devono possedere al momento della domanda sono:

  • esercitare esclusivamente l’attività agricola ai sensi dell’art. 2135 del Codice civile;
  • essere amministrate e condotte da un giovane di età compresa tra i 18 e i 41 anni non compiuti alla data di presentazione della domanda;
  • essere amministrate e condotte da una donna in possesso della qualifica di imprenditrice agricola professionale o di coltivatrice diretta;
  • avere sede operativa all’interno del territorio nazionale.

Le imprese ammesse alle agevolazioni non possono trasferire quote o azioni societarie che comportano la perdita dei requisiti per almeno 10 anni. Per lo stesso periodo, poi, i beneficiari devono mantenere la qualifica di imprenditore agricolo professionale o di coltivatore diretto.

Per accedere alle agevolazioni, le imprese agricole in possesso dei requisiti devono presentare progetti che prevedono investimenti per massimo 1,5 milioni di euro, IVA esclusa.

Per la realizzazione di tali progetti sono concessi mutui agevolati a tasso zero della durata massima di 10 anni e di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile.

Vengono concessi contributi a fondo perduto che coprono fino al 35 per cento delle spese sostenute.

Le domande per accedere alle agevolazioni vanno inviate all’ISMEA che si occuperà di valutare i requisiti e la sostenibilità finanziaria entro 6 mesi dalla presentazione della domanda.

SUPER-SANATORIA O SUPER-CONDONO IN ARRIVO? LE PRIME INDISCREZIONI DEL NUOVO SALDO E STRALCIO

Negli ultimi giorni si parla molto di maxi tregua o pace fiscale più volte annunciata.  Non si riesce ancora a capire se si tratta di una super-sanatoria o un super-condono più o meno mascherato. Si cerca nel migliore dei modi di chiudere con un passato fatto da 23 milioni di cartelle non pagate e da un magazzino di crediti da mille e 100 miliardi non recuperabili o difficilmente recuperabili. A confermarlo lo stesso Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

È dunque necessario un reset tributario se si vuole affrontare la crisi economica che tanto ci affligge.

Il progetto in corso prevede uno stralcio per le cartelle non pagate, relative a tutti gli anni dal 2000 al 2015, di importo fino a mille euro. Il debito viene completamente cancellato senza dover pagare nulla.

Si pensa anche, sempre per gli anni dal 2000 al 2015, di adottare una manovra per gli importi che vanno da mille euro e fino a 3.000.

L’ipotesi più accreditata è quella del pagamento del 20 per cento dell’ammontare e del taglio dell’80 per cento.

Cosa succederà, invece, per le cartelle superiori a 3.000 euro?

Si punta a un meccanismo basato sul pagamento dell’intera imposta originaria, maggiorata, però, solo del 5 per cento e diluita automaticamente in 10 anni.

Per tutte le situazioni di mancato pagamento delle imposte che non sono diventate cartelle e, dunque, anche per l’omesso pagamento non riscontrato o accertato, si ipotizza una soluzione che contempla la definizione di quanto dovuto attraverso il confronto con l’amministrazione finanziaria.  Sull’importo determinato si prevede il pagamento del totale con una sanzione forfettaria del 5 per cento e la rateizzazione automatica in 5 anni, che potrebbero arrivare a 10 per somme superiori a certe cifre.

COME COMPORTARSI SE LA TESSERA SANITARIA NON ARRIVA?

La tessera sanitaria è sicuramente un documento fondamentale del sistema sanitario del nostro Paese. Tutti i cittadini devono possederla per poter accedere ai vari servizi e prestazioni offerti dal sistema sanitario.

Essa ci garantisce come il nostro sistema sanitario possa funzionare in modo efficace e fornisca le cure necessarie a tutti coloro che ne hanno bisogno.

La tessera sanitaria arriva automaticamente per posta all’indirizzo di residenza di ciascun contribuente, senza dover fare alcuna richiesta.

Ma cosa succede se la tessera sanitaria non arriva?

Una possibile causa potrebbe essere la mancata assegnazione di un codice fiscale. Infatti, poiché il sistema sanitario raccoglie i dati dalle informazioni contenute nei registri fiscali, ciò potrebbe comportare errori o ritardi nell’elaborazione della spedizione della tessera sanitaria.

Un’altra ragione potrebbe invece essere la mancata iscrizione alla ASL e, per verificare questo, è necessario recarsi presso uno degli uffici territoriali di competenza della zona di appartenenza.

In alternativa, potrebbe trattarsi semplicemente di un errore amministrativo da parte del Governo che ha causato ritardi o errori nell’elaborazione della spedizione della tessera sanitaria.

Se la tessera sanitaria è in scadenza o è già scaduta, è importante controllare lo stato di spedizione della nuova tessera.

Questo può essere effettuato facilmente online, attraverso il sito web messo a disposizione dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Per farlo è sufficiente inserire il proprio codice fiscale e il codice di sicurezza visualizzato.

Se la tessera sanitaria non arriva, una soluzione potrebbe essere quella di contattare il servizio di assistenza al numero verde 800.030.070.

In attesa della nuova tessera sanitaria, è importante non abbandonare la carta scaduta solo perché non è più valida. Infatti, il vecchio documento può avere ancora un valore anche dopo la data di scadenza.

Se la tessera sanitaria non arriva da molto tempo, il consiglio è quello di procedere alla richiesta di una nuova tessera il prima possibile.

Per poterlo fare è necessario recarsi presso un ufficio dell’ASL munito di un documento d’identità in corso di validità.

Nel caso invece, di furto o smarrimento, è possibile richiedere un duplicato o recandosi presso uno degli uffici territoriali dell’ASL o richiedendo una copia presso l’Agenzia delle Entrate compilando il modulo relativo.

ESENZIONE BOLLO AUTO PER CHI FRUISCE DELLA LEGGE 104: COME FUNZIONA?

Tra le categorie che non sono tenute a pagare il bollo auto ci sono coloro che fruiscono della legge 104.

Ma attenzione: la possibilità di non pagare il bollo auto da parte di chi fruisce della legge 104 avviene secondo modalità ben precise. Innanzitutto questa opzione è concessa a chi è colpito da disabilità grave e ai familiari che prestano assistenza a una persona affetta da grave handicap.

Quest’ultima è una condizione essenziale per accedere alla legge 104 e dunque all’esenzione del bollo auto.

La giurisprudenza inoltre, non prevede l’obbligo di intestare l’auto su cui non pagare il bollo auto al disabile stesso, ma è sufficiente che il proprietario sia il familiare che presta assistenza.

Cosa fare per poter fruire della suddetta agevolazione?

Per fruire dell’esenzione del pagamento del bollo auto è necessario presentare domanda utilizzando uno degli appositi moduli e allegando i documenti richiesti ovvero le copie del libretto o carta di circolazione, del documento di riconoscimento dei trasportati e della patente speciale.

È necessario anche firmare un’apposita dichiarazione in cui si attesti di essere invalido e di non essere pluriamputato o con grave limitazione della capacità di deambulare, affetto da handicap grave.

Nelle regioni della Sardegna e in Friuli Venezia Giulia la domanda va presentata all’Agenzia delle entrate, invece nelle Province autonome di Bolzano e Trento la richiesta va inoltrata al competente ufficio provinciale. Per tutte le altre ragioni occorre inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno all’ufficio tributi.

È necessario fare molta attenzione alle tempistiche: la domanda di esenzione del bollo auto sulla base della 104 bisogna presentarla entro 90 giorni dalla scadenza del termine per il pagamento del proprio bollo auto.