Archivio mensile Novembre 8, 2022

COSA SUCCEDE ALLA CASSETTA DI SICUREZZA QUANDO IL PROPIETARIO MUORE?

Quando muore l’intestatario di una cassetta di sicurezza, gli eredi devono indicare all’interno della dichiarazione di successione da presentare all’Agenzia delle entrate anche il contenuto della stessa. La cassetta di sicurezza, infatti, fa parte del patrimonio ereditario e contribuisce alla determinazione delle imposte da pagare in sede di successione.

L’apertura della cassetta di sicurezza dopo il decesso del titolare va fatta nel rispetto di specifiche regole contenute nell’art. 1840 del c.c.. Anche nel caso in cui la stessa era cointestata e non del solo defunto.

La giurisprudenza ci dice che se la cassetta è intestata a più persone, la sua apertura è consentita singolarmente a ciascuno degli intestatari salvo diversa pattuizione. E ancora, in caso di morte di uno degli intestatari, la banca che ne abbia ricevuto comunicazione, non può consentire l’apertura della cassetta se non con l’accordo di tutti gli aventi diritto o secondo le modalità stabilite dall’autorità giudiziaria.

Quindi, come per il conto corrente, se uno dei cointestatari muore, l’altro non può liberamente aprire la cassetta, ma è necessario il consenso di tutti gli eredi, degli eventuali legatari e degli eventuali ulteriori cointestatari ancora in vita.

L’art. 48, comma 6, del decreto legislativo n. 346/1990 specifica che all’apertura della cassetta di sicurezza è necessario che sia presente un funzionario dell’amministrazione finanziaria o un notaio che si occupa di redigere l’inventario di quanto rinvenuto all’interno della cassetta.

Si richiede l’intervento del perito qualora si immagini che all’interno della cassetta siano custoditi, oltre al denaro, anche beni di valori che dovranno essere sottoposti ad opportuna valutazione.

Infine ricordiamo che alla dichiarazione di successione deve essere allegato il verbale relativo all’apertura della suddetta cassetta di sicurezza.

PREAVVISO DI SFRATTO: COSA SUCCEDE?

Nel momento in cui viene convalidato uno sfratto, il giudice determina una data, detta di esecuzione, per il rilascio dell’immobile interessato da parte dell’inquilino moroso.

Quando questo non avviene, il locatore provvede a notificare all’inquilino, a mezzo ufficiale giudiziario, l’atto di precetto redatto da un avvocato, intimandogli di rilasciare l’immobile entro 10 giorni dalla notifica, con avvertimento che in difetto si procederà ad esecuzione forzata con aggravio di spese a suo carico.

Trascorso anche tale termine, l’avvocato procederà alla notifica del preavviso di sfratto. Quest’ultimo consiste in un documento all’interno del quale vengono indicati data e ora in cui l’Ufficiale Giudiziario effettuerà il primo accesso nell’immobile interessato al fine di chiedere all’inquilino la restituzione dell’appartamento al locatore.

Il primo accesso viene solitamente effettuato dall’Ufficiale Giudiziario senza l’intervento anche della forza pubblica. Qualora all’interno dell’appartamento non ci sia nessuno o se l’inquilino si rifiuta di abbandonare l’immobile, ad esempio perché non ha trovato un alloggio sostitutivo, viene fissato un nuovo accesso.

Quando quest’ultimo avviene l’Ufficiale si potrà avvalere di strumenti di natura coercitiva, come l’ingresso forzato con l’ausilio di un fabbro o l’intervento della forza pubblica, onde ottenere l’immissione del proprietario nel possesso dell’immobile.

Possiamo quindi dire che solitamente il primo tentativo dell’Ufficiale giudiziario si trasforma quasi sempre in una semplice formalità. Il fine è quello di verificare la disponibilità al rilascio spontaneo dell’immobile e la sussistenza di eventuali particolari problematiche, con la conseguenza che per l’effettiva liberazione dell’appartamento occorrono generalmente almeno due accessi.

ACCONTO O CAPARRA? ATTENTI A NON FARE CONFUSIONE

Spesso si fa confusione tra il termine “acconto” e il termine “caparra”. È sbagliato utilizzare in maniera indifferente l’uno o l’altro termine, dal momento che i loro significati sono nettamene differenti.

Con il termine acconto si intende il pagamento anticipato di una parte del prezzo dovuto per un determinato acquisto, volto a dare una piccola garanzia al venditore circa l’effettiva volontà dell’acquirente di concludere il contratto.

È importante sapere che l’acconto non assume alcuna rilevanza risarcitoria e le parti non saranno in alcun modo vincolate economicamente l’una nei confronti dell’altra.

In caso di mancata vendita quindi, l’acconto andrà restituito, salvo poi chiedere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa del mancato adempimento.

Differente è invece la caparra. Questa invece, come dell’acconto, è rappresentata da un anticipo del pagamento sul prezzo dovuto.

A differenza dell’acconto invece, è posta a garanzia sia degli interessi del venditore che di quelli dell’acquirente.

Il nostro ordinamento, infatti, prevede che in caso di inadempimento dell’acquirente il venditore potrà trattenere la caparra versata come risarcimento del danno subito. Se, invece, ad essere inadempiente è il venditore, l’acquirente potrà per legge richiedere la restituzione del doppio della caparra versata.

Dunque la caparra ha una garanzia in più rispetto all’acconto: essa infatti vincola e garantisce le parti rispetto al mancato raggiungimento dell’obiettivo concordato.

COSA SUCCEDE IN CASO DI PARCHEGGIO ABUSIVO SU AREA PRIVATA?

È bene sapere che, laddove si verifichi una situazione in cui un cittadino parcheggi in un luogo privato, le forze dell’ordine non possono intervenire a ristabilire la legalità attraverso mute o verbali.

E questo perché gli agenti non possono intervenire all’interno delle aree private.

Se quindi una zona è espressamente individuata come proprietà privata mediante l’apposizione di adeguata segnaletica e cartelli, coloro che vedono leso il proprio diritto di proprietà devono rivolgersi al giudice competente per veder tutelati i propri diritti ed essere risarciti del danno eventualmente subito dal comportamento abusivo di terzi.

La giurisprudenza non è chiara, invece, nel definire se sia possibile chiamare un carro attrezzi per far rimuovere il veicolo che invade la propria privacy.

Se invece ci troviamo di fronte ad abbandono di un veicolo su suolo privato, le cose cambiano.

Se si accerta lo stato di abbandono dell’auto sarà possibile comunque chiedere e ottenere la rimozione del mezzo.

Tuttavia è necessario sapere che, chi sfrutta le aree private per poter parcheggiare la propria auto, può essere condannato anche penalmente.

Con la sentenza n. 22594/2022 la Cassazione ha infatti precisato che “integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo l’accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione» .

MULTE SALATE PER CHI NON EFFETTUA IL CAMBIO GOMME ALLA PROPRIA AUTO

Novembre è il mese in cui gli automobilisti devono cambiare le proprie gomme dell’autoo da estive a  invernali.

Infatti, ogni anno il 15 novembre scatta l’obbligo per il proprio veicolo di dotarsi di pneumatici invernali.

Il Codice della Strada, all’art. 6 lettera e disciplina il cambio gomme obbligatorio e specifica che le multe, in caso di non rispetto della suddetta normativa, ammontano fino ad un importo di € 300.

È sempre bene e  consigliabile rivolgersi ad un professionista per effettuare il cambio i modo tale che questi possa controllare anche la convergenza, l’equilibratura e la pressione del gonfiaggio.

Un consiglio per gli automobilisti è quello di anticipare il cambio gomme, e non ridursi all’ultimo momento. Il Ministro dei Trasporti, infatti, ha reso noto che il cambio gomme sarà possibile un mese prima e un mese dopo l’entrata in vigore dell’obbligo.

Cosa accade a chi non rispetta tale normativa?

Il rischio è quello di ricevere una multa compresa tra i 41 e i 168 euro, se l’infrazione è rilevata nei centri abitati. L’importo, però salirà se l’infrazione si verifica fuori dal centro abitato e sarà di un valore compreso tra gli 84 e i 355 euro. A volte può scattare anche il fermo del veicolo.

Ricordiamo che l’obbligo vale per tutti i mezzi, tranne che per i veicoli a due ruote o i motocicli, dal momento che, in presenza di ghiaccio o neve sulla strada o dopo una forte nevicata, la circolazione di questi mezzi è sempre vietata.

La carta di circolazione indica i requisiti specifici che devono possedere i pneumatici.

Per evitare il cambio delle gomme due volte l’anno, un consiglio potrebbe essere quello di comprare gomme quattro stagioni che possono essere adottate per tutto l’anno solare.

Tuttavia, avere le giuste gomme sull’auto è importante, così come il loro controllo periodico.

Solitamente, se si percorrono molti chilometri, il consiglio è quello di cambiare le gomme due volte all’anno invece, per chi guida in città utilizzare le gomme quattro stagioni sarebbe la scelta più giusta.

BONUS PENSIONE ANTICIPATA: LA NUOVA PROPOSTA DEL GOVERNO

Il nuovo Governo sta pensando di adottare delle misure per un’uscita dal mondo lavorativo a 61 o 63 anni, grazie al Bonus pensione anticipata.

Si parla infatti di un trattamento previdenziale che, oltre a stabilire l’uscita anticipata dal lavoro tra i 61 ed i 66 anni, riconosce, allo stesso tempo, a coloro che decidono di continuare a lavorare, un incremento dello stipendio.

Dunque chi deciderà, se possibile, di andare in pensione all’età di 61 anni riceverà un importo nettamente inferiore rispetto a chi, invece, deciderà di abbandonare il lavoro a 66 anni.

È prevista una busta paga più alta dal 63 anni in poi in quanto questa risulta esonerata dal costo dei contributi da versare.

Il bonus in questione potrebbe andare in vigore già nel 2023. Per ottenerlo saranno necessari dei requisiti specifici. Si parla, infatti della necessità di avere di  35 anni di contribuzione, anche se la proposta prevede di estenderla a tutti coloro che possiedono almeno 20 anni di versamenti.

Con il Bonus pensione anticipata si mette a disposizione dei contribuenti uno strumento simile a Opzione Uomo (uscita a 61 anni, invece che a 58 o 59 e 35 anni di anzianità contributiva), ma con la facoltà di aumentare la cifra della retribuzione per ogni anno lavorativo in più.

Bisognerà fare un’analisi accurata che aiuti a capire quanto il bonus in questione possa essere un valido meccanismo di flessibilità. Affinché ciò accada sarà necessario un dialogo con i sindacati per valutare nel dettaglio tutti gli aspetti di questa eventuale misura.

ADDIO AL MERCATO DI MAGGIOR TUTELA ANCHE PER I CONDOMINI

Oltre ai rincari per il prezzo dell’energia elettrica che ormai ci assale, arriva un nuovo allarme su fronte del caro bollette: anche i condomini dovranno dire addio al mercato di maggior tutela della luce a partire da gennaio 2023. Le famiglie, invece, sono hanno ancora un pò di tempo: per loro, infatti, il mercato tutelato per l’elettricità scade il 10 gennaio 2024.

La scadenza in vista per i condomini si aggiunge a quella, sempre a gennaio, del servizio di tutela del gas naturale per famiglie e microimprese e l’Authority, ha segnalato da tempo a Governo e Parlamento la necessità di far slittare questa scadenza.

Sono molti i consumatori che si sono ribellati a tale decisione e che hanno chiesto almeno un allineamento della scadenza del mercato di maggior tutela della luce con quello del gas.

Purtroppo i condomini vengono visti come microimprese e in quanto tali vengono trattate.

Non è infatti comprensibile come ci sia sia una disparità di trattamento tra chi vive all’interno di una palazzina e chi in un’abitazione indipendente.

Si è più volte infatti, chiesto all’Arera di correggere tale disparità.

I servizi relativi al mercato di maggior tutela, cioè con prezzo e condizioni contrattuali definiti dall’Autorità per l’energia, sono rivolti a famiglie e microimprese che non abbiano ancora scelto un venditore nel mercato libero. Le scadenze relative alla fine di tale servizio vengono definite dall’Autorità. Quest’ultima è delegata ad adottare disposizioni per assicurare il progressivo passaggio dal mercato tutelato a quello libero garantendo al consumatore una fase graduale.

RIALZO DEL TETTO MASSIMO DEL CONTANTE: LE PREVISIONI DEL NUOVO GOVERNO

Tra i tanti argomenti sui quali sta lavorando il  Governo Meloni c’è quello relativo al rialzo del tetto massimo per l’uso del contante.

Il Presidente Giorgia Meloni vorrebbe rialzare il limite del contante per non penalizzare la popolazione più povera.

La conferma della volontà del Governo di rivedere la soglia oltre la quale scatta l’obbligo di pagamenti elettronici è arrivata direttamente dalla Presidente del consiglio durante la sua replica al Senato sulla fiducia.

Il Decreto legislativo n. 231/2007 recante misura in materia di antiriciclaggio, prevede all’articolo 49 il tetto massimo al di sopra del quale non è più possibile pagare in contanti. Tale limite, volto a combattere l’inflazione, è stato negli anni oggetto di ribassi e rialzi.

Tuttavia, secondo le indiscrezioni si dovrebbe tornare ai 3.000 euro ma per avere ulteriori conferma bisognerà attendere la nuova Legge di Bilancio.

Ricordiamo che dal 1° gennaio 2022 il tetto doveva scendere a 1.000 euro, come previsto dalla legge di Bilancio di Mario Draghi di fine 2021.

Successivamente, nel mese di febbraio, è stato approvato un emendamento al Milleproroghe che  ha mantenuto fino al 31 dicembre 2022 il limite a 2.000 euro.

Ricordiamo che, in assenza di interventi del Governo Meloni, dal prossimo 1° gennaio 2023, il tetto tornerebbe a 1.000 euro.

L’art. 49 del Dlgs 231/2007 prevede nello specifico che è vietato il trasferimento di denaro contante e  di   titoli  al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi  titolo tra soggetti diversi, siano esse persone fisiche o giuridiche, quando il valore  oggetto di  trasferimento,  è complessivamente pari o superiore a  3.000  euro. 

Sappiamo bene che  dal 1° luglio 2020 e  fino al  31 dicembre 2022, il divieto e la soglia sono riferiti alla cifra di 2.000 euro.

Per il 2023 non ci resta che attendere.

MULTA AL SEMAFORO ROSSO: COME OPPORSI?

Secondo l’articolo 41 comma 11 del Codice della Strada “durante il periodo di accensione della luce rossa, i veicoli non devono superare la striscia di arresto; in mancanza di tale striscia i veicoli non devono impegnare l’area di intersezione, né l’attraversamento pedonale, né oltrepassare il segnale, in modo da poterne osservare le indicazioni”.

Il comma 1-ter dell’articolo 201 del Codice della Strada ci dice che, nel caso di attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa, “non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento sia avvenuto mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico”. Dunque non occorre la presenza degli agenti accertatori affinché la multa con photored possa considerarsi valida.

È bene sapere che esistono alcune circostanze in cui l’automobilista trasgressore può proporre ricorso contro una multa per semaforo rosso, una di queste è proprio dovuta al malfunzionamento del photored.

La Cassazione di Cassazione specifica che, nel caso del passaggio col semaforo rosso, all’interno del verbale devono essere obbligatoriamente indicati:

  • tutti i dati identificativi dell’apparecchiatura utilizzata;
  • i riferimenti alla sua omologazione;
  • le modalità di operatività.

Inoltre viene precisato che è onere di chi intende opporsi alla sanzione contestare puntualmente eventuali malfunzionamenti che eventualmente renderebbero nullo l’accertamento.

Può invece essere motivo di nullità della sanzione, la mancata presenza di due fotogrammi o dell’eventuale filmato che documenta l’infrazione.

La Cassazione ribadisce che, chi decide di effettuare un ricorso al Giudice di Pace deve provare che l’apparecchiatura utilizzata non sarebbe conforme ai requisiti di installazione o di funzionamento, previsti nel decreto di omologazione e che le eventuali mancanze possano avere inciso sul relativo accertamento dell’ infrazione contestata.

La sentenza 113/2015 della Corte costituzionale, ha inoltre specificato come tutti gli apparecchi che accertano gli eccessi di velocità vadano sottoposti a verifiche periodiche di funzionalità e taratura, motivo per il quale potrebbe essere possibile per l’automobilista opporsi ad una multa ricevuta.

IL REDDITO DI SUSSISTENZA IN SOSTITUZIONE DEL REDDITO DI CITTADINANZA

Uno dei progetti del governo Meloni è proprio quello di eliminare il reddito di cittadinanza. Quest’ultimo potrebbe essere sostituito con il reddito di sussistenza. Sarà necessario modificarne il funzionamento e la platea dei beneficiari.

Si parla anche di cambiamenti relativamente anche alle istituzioni incaricate di gestire i pagamenti del reddito di cittadinanza: a occuparsene, infatti, sarebbero i Comuni, e non più l’Inps, in quanto ritenuti maggiormente adeguati a verificare chi davvero vive in una condizione di difficoltà.

Ancora nulla di definito. Proprio per questo motivo è ancora presto per scendere nel dettaglio di come funzionerà il reddito di sussistenza. Ciò che però si può affermare è che per il reddito di cittadinanza il futuro è tutta da scrivere. Per il momento, però, la riforma potrebbe essere contenuta visto che c’è poco tempo per pensare a come modificare la misura senza correre il rischio che ci siano delle famiglie incolpevolmente penalizzate.

Date le urgenza che caratterizzano questo periodo economico il progetto di sostituire il reddito di cittadinanza con il reddito di sussistenza potrebbe sarà forse rinviato al 2024, mentre nel frattempo il governo Meloni potrebbe comunque introdurre ulteriori paletti finalizzati a limitare la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza.

Tuttavia possiamo dire che il reddito di sussistenza consisterebbe nel riconoscere un beneficio economico alle famiglie che vivono in una condizione economica di difficoltà, ma solo laddove sussistono delle condizioni ostative che impediscono a uno o più componenti di andare a lavorare.

Verranno previste delle misure ad hoc per chi è in condizioni di poter lavorare, con maggiori risorse destinate alle aziende sotto forma d’incentivi per l’occupazione, mentre per gli altri sarà il reddito di sussistenza la forma di supporto statale.

Una misura come il reddito di sussistenza sarebbe tutta da scrivere, impensabile che il governo ci riesca in così poco tempo. Per evitare di commettere errori, il piano sembra essere quello di confermare inizialmente il reddito di cittadinanza fissando degli ulteriori paletti, per poi sostituirlo integralmente.