Secondo la giurisprudenza, non esistono, in caso di testimonianze per incidenti stradali, delle categorie di soggetti da escludere a priori. Dunque è possibile che, in caso di incidente stradale, possa tranquillamente testimoniare qualsiasi persona che abbia visto l’accaduto, che sia il marito, la moglie, il figlio, o qualsiasi parente o amico.
L’articolo 246 del Codice di procedura civile sancisce l’unico limite alla testimonianza sottolineando che «non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio».
La norma fa però riferimento al cosiddetto “interesse processuale”, ovvero quello che legittima il soggetto ad avviare autonomamente una causa dinanzi al giudice a tutela di un proprio diritto.
Per quanto concerne, invece, il passeggero che si trovava all’interno dell’autovettura al momento dell’incidente, la legge distingue due casistiche differenti.
Il primo caso riguarda il passeggero che abbia riportato ferite. Secondo la Corte di Cassazione, la vittima di un sinistro non può testimoniare in favore degli altri danneggiati. Questo perché il passeggero avrebbe un interesse processuale all’esito della lite per poter avere un risarcimento del danno a proprio favore.
Il secondo caso invece, riguarda il passeggero che non abbia subito alcun danno.
Quest’ultimo non ha alcun interesse processuale ad agire contro l’assicurazione. Per questo motivo egli può essere sempre sentito come testimone nella causa intentata dal conducente.
Dunque possiamo concludere dicendo che il terzo trasportato può testimoniare qualora l’interesse di quest’ultimo non abbia interesse ad agire per il risarcimento del danno subito.
Per questo motivo, solo se i danni dell’incidente riguardano l’auto o il conducente, il passeggero potrà essere ascoltato dal giudice.
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