La Corte di Cassazione con la sentenza n. 31702/2022 ha condotto all’accoglimento dell’appello principale del Comune contro la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto al pedone inciampato nel tombino un risarcimento di più di 2000 euro.
Una donna, inciampata e caduta in un tombino aveva chiesto i danni al Comune e il Giudice di primo grado condannava l’Ente a risarcire alla donna Euro 2.2027,56.
In un primo momento la Cassazione aveva rilevato che la caduta si era verificata su un tombino posto a d un livello inferiore rispetto alla sede stradale ossia più basso da un lato di circa 4-5 centimetri rispetto alla sede stradale, e che pertanto ricorreva un lieve avvallamento del manto stradale.
Dal momento che l’anomalia non rilevante rende il rischio non percepibile dal pedone, la donna aveva diritto al risarcimento da parte del Comune. Se invece l’anomalia fosse stata visibile e rilevante allora il pedone sarebbe stato responsabile della propria caduta.
Dunque la Pubblica Amministrazione è responsabile per i danni cagionati da un tombino mal posizionato sulla strada sottoposta alla sua custodia.
Per il verificarsi della responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c., è necessaria la prova da parte del danneggiato di un relazione tra la cosa in questione e l’evento dannoso, che risulti cosi riconducibile a una anomalia nella struttura o nel funzionamento della cosa stessa.
La responsabilità ex art. 2051 c.c., postula, infatti, la sussistenza di un “rapporto di custodia” della cosa, ossia di una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa.
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