Archivio mensile Novembre 30, 2022

QUANDO SI RISCHIA IL FERMO AMMINISTRATIVO?

Una delle misure che l’Agenzia della riscossione può adottare quando il contribuente non paga una cartella esattoriale è il fermo amministrativo.

Secondo la legge non esiste un debito minimo che il contribuente dovrebbe avere per essere sottoposto a fermo amministrativo. Mentre in realtà questo non avviene in caso di ipoteca o pignoramento, dove sono previsti specifici limiti .

Tuttavia, secondo l’ex Agente per la Riscossione, per debiti inferiori a 2.000 euro, il fermo poteva essere iscritto su una sola auto del debitore. Invece per debiti di valore compreso tra 2.000 e 10.000 euro, su un massimo di 10 veicoli. Infine per debiti di valore superiore a 10.000 euro, il fermo poteva essere iscritto su tutti i veicoli del debitore.

Trattandosi però di una regola che non costituiva una norma, l’eventuale violazione non poteva essere contestata dinanzi al giudice.

Ad oggi, la Corte di Cassazione ha decretato che il fermo amministrativo può essere disposto indipendentemente dall’ammontare del credito iscritto a ruolo e non pagato, trattandosi di misura afflittiva volta a indurre al pagamento il debitore.

Dunque, anche in presenza di importi modesti, può essere inscritto il fermo amministrativo. 

Questo vuol dire che l’Agenzia della riscossione non solo non impone un limite quantitativo del debito ma nemmeno impone limiti relativi al tipo di imposta o di sanzione. Il fermo infatti può derivare dall’omesso pagamento di una imposta erariale, locale o da una sanzione amministrativa. 

Ricordiamo che, affinché possa scattare il fermo auto è importante che il contribuente abbia ricevuto la notifica della cartella esattoriale e che 30 giorni prima del fermo, deve essere inviato un preavviso al contribuente.  

GLI AUMENTI DELLE MULTE DAL 2023: COSA ASPETTARSI?

L’inflazione che circonda il nostro Paese porterà presto ad un aumento dei prezzi in diversi ambiti della nostra vita. C’è chi dice che anche le sanzioni dovute al mancato rispetto del Codice della Strada avranno delle forti ripercussioni.

L’art. 195 del Codice della strada, infatti, prevede che “…la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie è aggiornata ogni due anni in misura pari all’intera variazione, accertata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nei due anni precedenti”.

Questo vuol dire che, in assenza di diverse disposizioni, il 2023 si aprirà con un rialzo delle multe per violazioni stradali, dovute proprie dal tasso di inflazione.

Si presume che, sulla base di alcune previsioni del Codacons, la multa per il divieto di sosta salirebbe infatti a 46 euro da gennaio 2023, con un rincaro di 4 euro.

Mentre la multa per accesso vietato alla Ztl avrà un rialzo di 9 euro.  Il superamento dei limiti di velocità di oltre 60 km/h, invece, raggiungerà una sanzione di 938 euro (con un incremento di 93 euro rispetto agli attuali 845 euro).

Ma un rincaro importante ci sarà per la sanzione legata all’uso del cellulare. Si prevede che, in questo caso, la multa potrà arrivare ad avere un incremento di 18 euro, ma ripetiamo, solo sull’importo minimo. In caso di nuova violazione entro due anni dalla prima si potrà essere soggetti alla sospensione della patente di guida da uno a tre mesi.

In molti si aspettano che il nuovo Governo Meloni blocchi qualsiasi tipo di rincaro.

SEPARAZIONE: CHI E’ TENUTO AL PAGAMENTO DELL’IMU?

Secondo la giurisprudenza, la casa dove gli ex coniugi hanno vissuto fino al momento della separazione viene assegnata al coniuge dove la prole trascorrerà la maggior parte del tempo.

È bene sapere che la legge tende a prediligere l’affidamento condiviso.  Infatti i bambini devono poter continuare a trascorrere il loro tempo con entrambi i genitori.

Solo come ultima soluzione viene adottato l’affidamento esclusivo.

Ma chi è tenuti al pagamento dell’Imu in caso di separazione?

Al pagamento dell’Imposta Municipe Unica è il coniuge assegnatario, cioè colui che continua a vivere nella casa coniugale insieme alla prole.

Secondo la giurisprudenza è giusto che paghi chi continua a vivere nell’immobile, beneficiando dello stesso.

Questo vuol dire che, anche se la casa coniugale è del marito ma a viverci è la moglie in virtù di provvedimento di assegnazione del giudice, l’Imu dovrà pagarla la ex moglie.

Resta comunque ferma la regola che l’Imu non deve essere pagata qualora si parli di prima casa.

Ovviamente questo non vale nel caso in cui la casa coniugale è classificata come immobile di lusso dove l’Imu è dovuta.

Secondo la legge invece, il coniuge non assegnatario non deve considerare come seconda casa l’immobile assegnato dal giudice all’altro coniuge a seguito della separazione.

Dunque l’eventuale pagamento dell’Imu è esclusivamente a carico del soggetto assegnatario. Inoltre, Il coniuge non assegnatario non è più tenuto ad inserire l’abitazione nella propria dichiarazione dei redditi.

CHE COS’E’ IL LAVORO NOTTURNO E QUALI SONO GLI OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO?

La giurisprudenza definisce lavoro notturno l’arco di tempo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino.

Viene definito lavoratore notturno colui che svolge normalmente almeno tre ore del suo tempo giornaliero durante il periodo notturno o se una parte del suo orario è collocata durante il periodo notturno secondo le norme definite dai contratti collettivi.

È sempre compito della contrattazione collettiva stabilire sia il numero delle ore giornaliere di lavoro da effettuarsi durante il periodo notturno, sia il numero delle giornate necessarie per rientrare nella categoria di lavoratore notturno.

È importante sapere che l’orario di lavoro notturno non può superare le otto ore in media nell’arco delle 24 ore, calcolate dal momento di inizio dell’esecuzione della prestazione lavorativa.

La legge riconosce ad alcuni lavoratori il diritto a rifiutare la prestazione notturna e ad essere collocati sempre in una fascia diurna.

Non è assolutamente legittimo far svolgere un lavoro notturno ad una donna incinta, dall’accertamento della gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino.

La richiesta di lavoro notturno può essere inoltre rifiutata da donne con figli di età inferiore a 3 anni o, in alternativa, il padre lavoratore che convive con lei. Come anche dalla lavoratrice o lavoratore in qualità di unico genitore affidatario di un figlio di età inferiore a 12 anni.

Qualora parliamo di un figlio con affidamento condiviso, può astenersi dal lavoro notturno solo il genitore che in quel momento convive con il minore.

Può capitare che un lavoratore notturno diventa inidoneo a questo tipo di prestazione per comprovati motivi di salute. In questo caso il dipendente ha il diritto a chiedere il trasferimento al lavoro diurno, sempre che sia disponibile un posto di lavoro per mansioni equivalenti.

Qualora non fosse possibile, il datore di lavoro può provvedere a risolvere il rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo.

Il datore di lavoro, in caso di lavoro notturno, ha alcuni obblighi da rispettare. Egli infatti è tenuto sempre a confrontarsi con le rappresentanze sindacali aziendali, valutare lo stato di salute dei lavoratori notturni attraverso controlli preventivi e periodici e a garantire un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno;

 Inoltre devono essere messe a disposizione di ciascun lavoratore tutte le misure necessarie per la protezione personale in caso di lavori che comportano particolari rischi.

CHE COS’E’ UNA PERIZIA IMMOBILIARE? 

La perizia immobiliare consiste in una la relazione tecnica effettuata su un immobile, per darne una valutazione complessiva del suo valore e della sua commerciabilità.

Viene solitamente fatta nel momento in cui l’immobile deve essere messo sul mercato, sia che si intenda venderlo che affittarlo.

Essa ci da la possibilità di comprendere  il valore reale dell’immobile, tenendo conto di molteplici aspetti come la provenienza, la presenza di ipoteche, la regolarità edilizia e urbanistica (certificato di agibilità, eventuale sussistenza di abusi, ecc.).

Questo documento può servire sia al proprietario, per capire il valore del suo bene al fine di metterlo in vendita al giusto prezzo; sia al futuro acquirente, interessato a comprendere il reale valore del bene che vuole acquistare. Ma soprattutto viene richiesto dalla banca, al fine di  verificare se l’entità del mutuo chiesto per l’acquisto dell’immobile sia giustificata o meno.

La perizia immobiliare può essere redatta o da un tecnico incaricato dall’acquirente o dal venditore, o dal perito della banca, quando si deve procedere a erogare il mutuo.

ovviamente chi redige la perizia immobiliare deve essere una persona competente, che abbia le conoscenze adeguate per poter stimare un immobile. Parliamo di un ingegnere, un architetto o un geometra.

Per una perizia immobiliare completa occorre che il tecnico abbia a disposizione alcuni documenti come  i documenti catastali, che permettono di analizzare la storia dell’immobile e di verificare che sulla proprietà non gravino delle ipoteche. È essenziale valutare anche i documenti inerenti alla provenienza dell’immobile, come il rogito. Questi ultimi al fine di ricostruire gli interventi fatti dai precedenti proprietari nonché a verificare che siano stati sempre rispettati i requisiti di conformità urbanistica ed edilizia. Infine sono utili anche i documenti che attestano la legittimità territoriale dell’immobile, ovvero se questo sia stato costruito prima del 1967 e se è stato realizzato utilizzando materiali per i quali può essere richiesto un intervento di recupero o bonifica.

IN COSA CONSISTE LA  PROMOZIONE AUTOMATICA? 

Non tutti sanno che il lavoratore che svolge, in  maniere continuativa, mansioni superiori rispetto a quella per la quale è stato assunto, in concreto, ha diritto, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, al definitivo riconoscimento della qualifica superiore a meno che il lavoratore non vi rinunci.

Nonostante si dice che la rinuncia debba essere formalizzata per iscritto, nulla riguardo ciò è contemplato in modo espresso dalla legge.

È necessario sapere che, per il riconoscimento di una qualifica superiore a quella svolta il periodo di svolgimento delle mansioni superiori deve essere effettivo.

Al fine del calcolo non  potranno essere presi in considerazione il periodo di ferie e quello di sospensione dell’attività lavorativa a causa di malattia. Diversamente rientrano nel calcolo i riposi settimanali. 

Un’altra cosa da verificare riguarda il fatto che l’assegnazione di una mansione superiore debba essere tale da aver comportato l’assunzione della responsabilità e l’esercizio dell’autonomia e dell’iniziativa proprie della corrispondente qualifica rivendicata.

La prevalenza di una mansione superiore si determina della qualità del lavoro svolto.

Il compimento del periodo di assegnazione a mansioni superiori può risultare anche dal cumulo di vari periodi.

Va da se che nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi.

Il lavoratore che decide di agire in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto alla cosiddetta promozione automatica deve provare di aver svolto, in via continuativa e prevalente, per il periodo previsto dalle norme collettive mansioni riconducibili al superiore inquadramento rivendicato .

INCIDENTE STRADALE: IL PASSEGGERO PUO’ AVERE IL RUOLO DI TESTIMONE?

Secondo la giurisprudenza, non esistono, in caso di testimonianze per incidenti stradali,  delle categorie di soggetti da escludere a priori. Dunque è possibile che, in caso di incidente stradale, possa tranquillamente testimoniare qualsiasi persona che abbia visto l’accaduto, che sia il marito, la moglie, il figlio, o qualsiasi parente o amico.

L’articolo 246 del Codice di procedura civile sancisce l’unico limite alla testimonianza sottolineando che «non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio».

La norma fa però riferimento al cosiddetto “interesse processuale”, ovvero quello che legittima il soggetto ad avviare autonomamente una causa dinanzi al giudice a tutela di un proprio diritto. 

Per quanto concerne, invece, il passeggero che si trovava all’interno dell’autovettura al momento dell’incidente, la legge distingue due casistiche differenti.

Il primo caso riguarda il passeggero che abbia riportato ferite. Secondo la Corte di Cassazione, la vittima di un sinistro non può testimoniare in favore degli altri danneggiati. Questo perché il passeggero avrebbe un interesse processuale all’esito della lite per poter avere un risarcimento del danno a proprio favore.

Il secondo caso invece, riguarda il passeggero che non abbia subito alcun danno.

Quest’ultimo non ha alcun interesse processuale ad agire contro l’assicurazione. Per questo motivo egli può essere sempre sentito come testimone nella causa intentata dal conducente. 

Dunque possiamo concludere dicendo che il terzo trasportato può testimoniare qualora l’interesse di quest’ultimo non abbia interesse ad agire per il risarcimento del danno subito.

Per questo motivo, solo se i danni dell’incidente riguardano l’auto o il conducente, il passeggero potrà essere ascoltato dal giudice.

ESENZIONE IMU CON LA MANOVRA 2023: PER CHI E’ PREVISTA?

Tra le tante novità relative alla Manovra 2023, si parla di esenzione Imu. Si prevede infatti che con nuovo anno alcuni proprietari verrebbero del tutto esentati dal pagamento dell’imposta municipale unica.

In particolare parliamo dei proprietari di tutti quegli immobili che sono stati occupati. Chi ha la proprietà della casa, però, deve aver presentato regolare denuncia, così da certificare l’avvenuta occupazione.

Ancora non si sanno quali saranno le modalità per chiedere l’esenzione dal pagamento dell’Imu.

Sembra però che potranno rientrare nell’esenzione Imu tutti quegli “immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale”.

Affinché l’imposta non venga pagata è necessario che il soggetto proprietario dell’immobile comunichi al comune interessato, secondo modalità telematiche da stabilire con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze, il possesso dei requisiti che daranno diritto all’esenzione.

Un’ulteriore comunicazione dovrà essere trasmessa “nel momento in cui cessa il diritto all’esenzione”.

Attendiamo la nuova Legge di Bilancio per conoscere i dettagli di questo importante provvedimento.

COSA SUCCEDE IN CASO DI ATTIVAZIONE DELLA LINEA TELEFONICA IN RITARDO?

È importante sapere che il tempo di attivazione della linea telefonica può variare da un operatore telefonico all’altro.

L’AgCom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) ha stabilito che la compagnia deve attivare la linea entro 10 giorni da quando l’utente ha presentato la richiesta. Questo termine può essere esteso a massimo entro 20 giorni solo se lo richiede l’utente, ad esempio perché l’abitazione in cui deve essere attivato il servizio non è ancora disponibile.

Qualora invece la richiesta viene effettuata dopo aver firmato il contratto, occorrerà attenersi a quanto previsto dall’accordo scritto.

Nel caso in cui ci sia un ritardo nell’attivazione della linea telefonica, l’utente avrà la possibilità di inviare una lettera di diffida alla compagnia con la quale ha sottoscritto il contratto.

È bene sapere che l’AgCom, relativamente a questi episodi,  mette a disposizione sul proprio sito dei moduli a disposizione dei contribuenti per inviare le segnalazioni.  In questo modo si cerca di  monitorare l’efficacia degli operatori sul rispetto delle condizioni del servizio richiesto o prestato e di valutare se sia il caso di attivare la procedura per eventuali sanzioni nei casi più gravi.

Qualora il problema non viene risolto con la semplice lettera di diffida, si cerca di agire per vie legali.

Ogni compagnia telefonica deve prevedere nella propria carta dei servizi un risarcimento forfettario per i giorni di ritardo nell’attivazione della linea telefonica.

È importante sapere che, al fine di ottenere il risarcimento, il ritardo deve essere imputabile alla società stessa e non a cause esterne alla compagnia, come un impedimento tecnico o burocratico imputabile a terzi.

Tuttavia  se il danno subito è maggiore di quanto stabilito nel contratto, il contribuente potrà chiedere un importo più elevato se provato.

INVASIONE DELLA CORSIA: CHI E’ RESPONSABILE DELL’INCIDENTE?

Secondo il Codice civile, in caso di scontro tra veicoli e fino a prova contraria, esiste un concorso di colpa tra i conducenti coinvolti nell’incidente.

Questa norma è valida anche quando uno solo dei veicoli riporta un danno. Dunque il risarcimento del danno deve essere ripartito tra le parti.

Quando si parla di concorso di colpa nei sinistri stradali si deve distinguere tra pari responsabilità e responsabilità effettiva.

Nel primo caso, il concorso di colpa significa che a ogni soggetto coinvolto nel sinistro è attribuita la stessa parte di colpa.

La responsabilità effettiva invece, prevede che il concorso di colpa non è escluso quando anche al danneggiato sia ascrivibile una porzione di responsabilità.  Ad esempio, dopo aver effettuato gli opportuni accertamenti, il giudice potrebbe ritenere che il danneggiante abbia il 75% di responsabilità e al danneggiato vada il restante 25% perché ha violato qualche norma del Codice della strada.

In caso di incidente per invasione di corsia la Corte di Cassazione ha decretato che è esente dalla responsabilità del sinistro chi procede nel proprio senso di marcia, anche se a velocità sostenuta, quando lo scontro è causato da chi ha invaso la corsia di marcia opposta.

Dunque  il mancato rispetto del limite di velocità non comporta un concorso di colpa nel sinistro, se questo si è verificato perché il conducente che proveniva dal senso opposto circolava dove non doveva.

Questo vuol dire che la responsabilità dell’incidente va attribuita al 100% a chi invade la corsia opposta anche se l’altro conducente ha violato i limiti di velocità. Questo vuol dire che il superamento della soglia prevista dal Codice della strada in quel tratto non influisce sulla dinamica dell’incidente.