Il danno da evasione fiscale può essere di tipo patrimoniale ed anche non patrimoniale come quando deriva da una lesione dell’immagine dell’Amministrazione finanziaria. Questo avviene,, ad esempio, quando si cerca di corrompere un funzionario dell’Agenzia delle Entrate che sta svolgendo un accertamento per conto di un contribuente.
Come tutti i tipi di danno, anche il danno da evasione fiscale deve essere rigorosamente provato nella sua consistenza ed ammontare: quindi, è sempre l’Amministrazione finanziaria che deve dimostrare la sua entità e fornire gli elementi utili per quantificarlo.
Una nuova sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che la Pubblica Amministrazione danneggiata che chiede il risarcimento non può limitarsi a fare riferimento alla cifra dell’imposta evasa perché il danno da evasione fiscale non è direttamente e univocamente rapportato ad essa. Esistono infatti, altri parametri da considerare per il calcolo, e dipendono dal caso concreto.
La nuova sentenza delle Sezioni Unite riconosce all’Amministrazione danneggiata la possibilità di chiedere il risarcimento sia al pubblico funzionario dipendente, sia a persone esterne all’Amministrazione, che sono state colluse con lui. Perciò il danno all’immagine della Pubblica Amministrazione derivante da un fatto illecito, quale sicuramente è l’evasione fiscale, può essere arrecato da parecchie categorie di soggetti, non solo pubblici ma anche privati: come chi millanta credito presso un funzionario, un appaltatore di opere pubbliche o un concessionario di pubblici servizi.
Il danno da evasione fiscale non può, invece, ravvisarsi nel semplice inadempimento dell’obbligazione tributaria, cioè nel mancato pagamento delle imposte, neppure quando ciò costituisce reato: il capitale evaso mediante l’omesso versamento delle imposte dovute costituisce, semplicemente, il credito dell’Amministrazione finanziaria, e come tale fonda la sua legittima pretesa di riscossione, anche coattiva, ma non integra di per sé un danno risarcibile.
L’Amministrazione che chiede il risarcimento del danno da evasione fiscale, quindi, andando ben al di là dell’indicazione del tributo evaso, deve sempre provare quali siano stati gli «ulteriori e diversi pregiudizi» che ha subìto nel caso concreto, in modo da dimostrare tutti gli elementi che fondano la richiesta risarcitoria, proprio come avviene per tutti i tipi di danni derivanti da un fatto illecito: lo impone l’art. 1224 del Codice civile, quando sancisce che «al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento».