Archivio mensile Settembre 21, 2022

BALCONE PERICOLANTE: A CHI ADDEBITARE LE SPESE?

Può capitare che, da un balcone di un edificio condominiale cadono pezzi d’intonaco e che il condominio decida di procedere all’immediata installazione di una mantovana per scongiurare i pericoli verso la pubblica incolumità.

A chi devono essere imputate le spese di questo intervento? A tutti i condomini o al singolo condomino dell’appartamento a cui il balcone appartiene?

Secondo la giurisprudenza, il balcone costituisce il prolungamento della corrispondente unità immobiliare ed è di appartenenza, dunque, al proprietario dell’appartamento che lo utilizza.

Tale struttura non svolge alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell’edificio. Per questa ragione il balcone non può in alcun caso essere considerato al servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani. È, infatti, da ritenersi di proprietà esclusiva del titolare dell’appartamento.

Viceversa accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell’edificio, dove, in caso di manutenzione straordinaria, sono chiamati a rispondere tutti i condomini.

Dunque, nel caso in cui il cattivo stato di manutenzione degli elementi di finitura dell’estradosso delle solette del balcone e dunque della pavimentazione dello stesso comporti problemi di infiltrazioni all’appartamento sottostante, è a carico del proprietario del balcone ripristinare lo stato di salubrità e sanare il danno (Trib. Firenze, Sez. II, 15 settembre 2016).

Si evince come la giurisprudenza precisi che i proprietari delle unità immobiliari sono gli unici responsabili dei danni cagionati dalla caduta di frammenti di intonaco o muratura del sottobalcone.

Diversamente se parliamo di fregi ornamentali e di elementi decorativi, come ad esempio i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini, essi sono di propietà condominiale. Questo perché fanno parte della funzione ornamentale dell’intero edificio.

Di conseguenza è onere di chi vi ha interesse (il proprietario del balcone, da cui si sono distaccati i frammenti, citato per il risarcimento), al fine di esimersi da responsabilità, provare che il danno è stato causato dal distacco di elementi decorativi, che per la loro funzione ornamentale dell’intero edificio appartengono alle parti comuni dello stesso.

Tuttavia bisogna considerare singolarmente i diversi casi e la conformità dell’edificio dove il danno è avvenuto. Se parliamo di stabile costituito da balconi incassati, la conformazione del balcone fa sì che esso funga, contemporaneamente, da sostegno del piano superiore e da copertura del piano inferiore. Dunque il danno potrebbe essere imputato a due immobili anziché uno solo.

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LE TRUFFE SULLA VENDITA DELL’USATO ONLINE

La pandemia ha ci ha portati sempre più alla diffusione della vendita dell’usato online: pensiamo a piattaforme come Vinted e Wallapop, oggi molto conosciute e diffuse.

I motivi per cui la gente decide di utilizzare questi siti sono diversi: c’è chi vuole acquistare usato per testare un prodotto senza fare un eccessivo investimento e chi vuole disfarsi di oggetti superflui, senza doverli gettare.

Queste acquisti sono  oggetto di molte truffe, soprattutto se coinvolgono soggetti che si approcciano per la prima volta al mercato dell’online.

Come fare attenzione per non subire truffe negli acquisti online di prodotti usati?

A volte capita che venga pubblicata un’inserzione per la vendita di un prodotto, con foto rubate a un annuncio reale. Prima della spedizione, il truffatore chiede il pagamento tramite la ricarica della propria carta prepagata. L’acquirente procede in buona fese, senza ricevere mai il prodotto ordinato e pagato.

Un’altra truffa piuttosto gettonata si ha quando a truffare è l’acquirente che acquista un gioiello prezioso. Una volta ricevuto il prodotto invia un reclamo al fornitore comunicando che l’acquisto non è conforme alla descrizione e lo restituisce. Peccato che quello che rimanda indietro non è lo stesso gioiello ma un oggetto di poco valore. Per le politiche di reso del sito, riceve però il rimborso dell’oggetto e ha anche guadagnato un gioiello di valore.

Quali sono, dunque, i consigli da seguire per evitare truffe online?

  • se un annuncio ti sembra dia poche informazioni, chiedine di più al venditore, se questo tentenna, diffidane.
  • se le foto del prodotto sono troppo belle per essere vere, chiedine altre al venditore. Se dice che non può, orienta l’attenzione su un altro annuncio.
  • se un oggetto costa troppo poco, non sempre è un affare. Confrontalo con il prezzo di mercato per toglierti ogni sospetto.
  • non fornire mai dati eccedenti rispetto a quelli necessari alla compravendita. Codici pin o password personali non sono necessari
  • per il pagamento, ricorda che carta ricaricabile o vaglia non consentono alla Polizia Postale di risalire ai truffatori. Prediligi dunque lo scambio a mano per accertarti che le caratteristiche del prodotto corrispondano alla descrizione, potendo, in caso contrario, rinunciare all’acquisto. Se lo scambio a mano non fosse disponibile, scegli strumenti di pagamento tracciabili.
  • contatta il venditore solo attraverso il servizio di messagistica o e-mail offerto dal sito di compravendita.

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CONVIVENZA: PUO’ ESSERE TUTELATA?

Sono ormai all’ordine del giorno le coppie che scelgono  di non sposarsi e di convivere. Molti sanno che con la convivenza, purtroppo, non si acquisiscono gli stessi diritti che si hanno con il matrimonio. Dunque, come tutelarsi? Anche se non si è convolati a nozze, è possibile disciplinare gli aspetti patrimoniali del rapporto. Vediamo come.

Sappiamo tutti che la convivenza è un rapporto che si instaura tra due persone maggiorenni che    condividano lo stesso tetto, siano unite da un rapporto sentimentale, non siano legate da un vincolo di matrimonio o di unione civile e che non abbiamo alcun rapporto di parentela, affinità o adozione.

Ma quale tutela è prevista a favore delle coppie non sposate?

I conviventi hanno la facoltà di rendere una dichiarazione congiunta all’ufficio Anagrafe del proprio Comune al fine di ottenere il certificato di residenza e lo stato di famiglia. Un simile adempimento riconosce alla coppia i seguenti diritti:

  • visita al partner detenuto in carcere;
  • assistenza al convivente ricoverato in ospedale e possibilità di ottenere informazioni sul suo stato di salute;
  • subentro nel contratto di locazione in caso di morte del partner intestatario;
  • partecipazione alla gestione dell’attività dell’impresa familiare;
  • assistenza morale e materiale da parte del convivente;
  • risarcimento del danno in caso di morte del compagno a causa di illecito di terzi;
  • assegno periodico in caso di cessazione della convivenza a condizione che si versi in stato di bisogno al punto da non avere mezzi di sostentamento.

Ciascuna coppia può decidere di stipulare un contratto di convivenza. Si tratta di un documento che regoli gli aspetti patrimoniali della vita in comune, come ad esempio la contribuzione alle spese della famiglia, la rappresentanza in caso di malattia, l’uso della casa, gli acquisti compiuti durante la convivenza, ecc.

Una volta redatto, il contratto di convivenza va registrato al Comune di residenza dei due conviventi.

Anche per la convivenza, in presenza di figli valgono le stesse regole per le coppie sposate in termini di mantenimento e affidamento. In caso di separazione, l’ex convivente economicamente più forte sarà tenuto a corrispondere all’altro un assegno periodico nell’interesse della prole.

Ma quali sono i diritti che non spettano ai conviventi?

  • il diritto all’assegno di mantenimento;
  • il diritto all’eredità del partner a meno che non sia stato redatto un testamento;
  • l’obbligo di fedeltà con la conseguenza che in caso di tradimento, il partner non può chiedere al giudice l’addebito della separazione;
  • la pensione di reversibilità del convivente defunto;
  • l’adozione di minori.

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COME DIFENDERSI DAGLI ACCERTAMENTI? I DIRITTI DEL CONTRIBUENTE

In caso di verifiche, accessi e ispezioni il contribuente spesso non sa come agire.

È necessario che ciascuno di noi conosca i propri diritti al fine di poter esercitare una difesa efficace nei confronti dell’agenzia delle entrate.

Lo Statuto del contribuente sancisce i diritti che il contribuente possiede e come devono essere tutelati.

Se ci troviamo di fronte ad accessi da parte dell’agenzia delle entrate, della Guardia di Finanza, o di qualsiasi altro ispettore o funzionario è necessario, prima di tutto, accertare l’identità di coloro che vengono ad effettuare il controllo.

Essi devono essere muniti di apposito tesserino che deve essere mostrato al momento dell’accesso.

I funzionari, inoltre sono tenuti a fornire una lettera di incarico che deve essere rilasciata dal direttore dell’ufficio competente.

Per alcune tipologie di accertamenti o verifiche ispettive è necessario, inoltre, una specifica autorizzazione da parte del procuratore della Repubblica.

Ciascun contribuente ha, inoltre, la facoltà di farsi assistere da un libero professionista che possa essere un dottore commercialista oppure un avvocato tributarista.

Altro diritto molto importante è quello di chiedere sempre le ragioni alla base della verifica.

Il contribuente ha diritto di sapere fin da principio lo specifico motivo e quindi l’oggetto specifico della verifica che si richiede di effettuare.

È inoltre necessario che la verifica avvenga durante il normale orario di lavoro se non nel caso di gravi motivi quindi che abbiano una connotazione che sconfina nel penale.

L’attività di verifica deve essere svolta in modo tale da non arrecare alcun danno e in modo da fornire il minore disagio possibile alla prosecuzione dell’attività aziendale. Il contribuente potrebbe richiedere i danni all’agenzia delle entrate qualora non sia in grado di continuare a svolgere la propria attività in piena libertà.

Altro elemento importante: il funzionario ha l’obbligo e il contribuente ha diritto di ricevere giornalmente il verbale redatto dall’agenzia delle entrate che ripercorre le attività effettuate durante la giornata, i documenti prodotti, le domande formulate e le risposte fornite dal contribuente.

Un errore in cui incombe spesso il contribuente quando viene accertato è quello di correre a rispondere al funzionario anche con eccessiva fretta senza verificare il contenuto della documentazione redatta all’agenzia delle entrate.

Altro diritto del contribuente e che, per evitare di compromettere in normale svolgimento della propria attività, egli ha la facoltà di chiedere che i documenti forniti siano esaminati presso l’ufficio dell’agenzia delle entrate e non in sede.

La verifica da parte dell’agenzia delle entrate o della Guardia di Finanza non può eccedere i 30 giorni lavorativi eccetto alcuni casi più gravi di evasione.

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AVVISI BONARI: FINE DELLA PROROGA PER IL PAGAMENTO DA 30 A 60 GIORNI

Il Decreto Ucraina bis aveva previsto per gli avvisi bonari, nel periodo dal 25 maggio al 31 agosto, un termine raddoppiato per i versamenti derivati da avvisi bonari. Per evitare l’iscrizione a ruolo del debito e per la riduzione delle sanzioni ad un terzo, si concedeva una proroga del termine per i versamenti a 60 giorni anziché 30. Questo però ad una condizione: il versamento doveva essere effettuato in un’unica soluzione.

L’estensione dei termini ha interessato le comunicazioni di irregolarità inviate dall’Agenzia delle Entrate in seguito ai controlli automatici sulle dichiarazioni fiscali, effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del DPR n. 600/1973 e dell’articolo 54-bis del DPR n. 633/1972.

Il raddoppio dei termini per regolarizzare gli omessi pagamenti relativi ad imposte sui redditi ed IVA notificati mediante avvisi bonari volge però al termine.

Non si parla di una possibilità di un’ulteriore proroga da parte del fisco che porti anche gli avvisi  bonari ricevuti dopo il 31 agosto al maggior termine di 60 giorni.

Dunque, a partire dal 1° settembre 2022 si è tornati alla scadenza ordinaria che, così come previsto dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, è fissato a 30 dal ricevimento della comunicazione.

Nonostante il comunicato stampa del 30 maggio, dove il Presidente dell’Associazione Nazionale dei Commercialisti, Marco Cuchel, evidenziava come la norma finisse col penalizzare i contribuenti con maggiori problemi di liquidità e chiedeva un intervento correttivo; non ci sono state ulteriori novità.

La misura è rimasta solo transitoria.

Ai contribuenti che continuano a subire le conseguenze derivanti dai rincari dovuti dall’emergenza economica, non è stata concessa un’ulteriore proroga per il pagamento dei loro debiti.

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PARCHEGGIO ABUSIVO SU PROPIETA’ PRIVATA: COSA FARE?

La tematica del parcheggio abusivo su un’area privata non è semplice da trattare.

Possiamo però affermare con certezza che, in questi casi, le forze dell’ordine non possono intervenire in alcun modo e non possono prescrivere delle multe. Essi, infatti, non hanno alcun potere all’interno delle aree private.

Se parliamo di una zona espressamente individuata come proprietà privata attraverso l’apposizione di adeguata segnaletica e cartelli, coloro che vedono leso il proprio diritto di proprietà possono solo rivolgersi al giudice competente per veder tutelati i propri diritti ed essere risarciti del danno eventualmente subito.

Ciò che non si capisce è se sia consentito chiamare un carro attrezzi per far rimuovere il veicolo all’interno della zona privata.

C’è chi ritiene che tale decisione configuri una forma di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e chi, invece, afferma che si tratti di un esercizio di legittima autotutela o difesa privata del possesso.

Quello che sappiamo con certezza è che, se si parla di abbandono di veicolo su suolo privato, le cose cambiano.

In questo caso sarà possibile chiedere e ottenere la rimozione del mezzo. È necessario, però, che il veicolo si trovi in condizioni talmente compromesse da far ritenere, senza alcun dubbio, che si tratti di rifiuto.

Tuttavia, è bene sottolineare che, anche se gli agenti non possono intervenire all’interno di un’area privata per multare un veicolo, gli automobilisti che sfruttano le aree private per poter posteggiare le loro macchine possono essere condannati penalmente.

Infatti, la sentenza n. 22594/2022 la Cassazione disciplina come “integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo l’accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione» .

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MULTA PER AURICOLARI ALLA GUIDA: IN QUALI CASI?

L’articolo 173 del Codice della Strada disciplina che all’automobilista è vietato “far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici, smartphone, computer portatili, notebook, tablet e dispositivi analoghi che comportino anche solo temporaneamente l’allontanamento delle mani dal volante ovvero di usare cuffie sonore”.

È invece possibile ricorrere all’utilizzo “di apparecchi a viva voce o dotati di auricolare purché il conducente abbia adeguate capacità uditive ad entrambe le orecchie”.

Al fine di una corretta guida è necessario avere entrambe le mani libere. È dunque importante che, quando utilizzato, l’apparecchio telefonico non vada tenuto in mano.

Molti automobilisti non sanno che anche l’uso degli auricolari, se fatto in modo improprio, può comportare il rischio di violazione del Codice della Strada. Sono sempre più in aumento le multe per infrazioni di questo tipo.

Le cuffie, se utilizzate per ascoltare musica, provocano un effetto isolante e impediscono all’automobilista di sentire i rumori esterni. In questo modo aumenta sempre più il rischio di incidenti.

Pertanto, è consentito l’uso degli auricolari alla guida solo se indossati su un solo orecchio così da continuare ad avere una piena capacità uditiva con l’altro orecchio.

In questo modo il conducente sarà infatti in grado di mantenere il controllo sulla strada, senza compromettere o ridurre la capacità di sentire i rumori esterni e quindi di sapere ciò che accade nell’ambiente circostante.

Dunque un vigile può prescrivere una multa al conducente che parla al telefono mediante gli auricolari, se presenti su entrambe le orecchie.

È bene precisare che l’uso di ambo le cuffie è invece consentito ai conducenti di veicoli delle Forze Armate, ai corpi di Polizia così come ai conducenti di veicoli adibiti ai servizi di strade, autostrade e al trasporto di persone per conto di terzi.

La multa che si rischia per utilizzo improprio di auricolari va dai 165 euro ai 660 euro con una decurtazione di 5 punti sulla patente.

Ma non basta: è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi, se l’automobilista ha già compiuto la medesima infrazione nei due anni precedenti.

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QUANDO LE FERIE NON POSSONO ESSERE IMPOSTE  DAL DATORE DI LAVORO?

Anche se molti lavoratori lo sanno, accade spesso che, all’interno di un luogo di lavoro, al dipendente vengono concesse ferie prestabilite.

Ribadiamo che, per legge, il datore di lavoro non può imporre le ferie al dipendente. È necessario, infatti, tener conto sempre delle esigenze del lavoratore, il quale deve poter programmare le ferie.

Tutto questo viene determinato dall’ordinanza 19 agosto 2022, n. 24977 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro.

La Suprema Corte ha osservato che l’esatta determinazione del periodo feriale, spetta unicamente all’imprenditore essendo una manifestazione del potere organizzativo e direttivo dell’impresa.

Tuttavia il lavoratore ha la facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, tenendo conto della prassi aziendale che stabilisce i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda.

Nel momento in cui il lavoratore non gode delle ferie, il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute.

Ciò consente il soddisfacimento delle posizioni soggettive contrapposte: quella del datore di lavoro di organizzare le ferie privilegiando le sue necessità e quella dei lavoratori di essere in grado di conseguire il ristoro delle energie psicofisiche.

Esistono tuttavia dei casi in cui le ferie “forzate” sono lecite. Se si tratta di ragioni oggettive, le ferie imposte dal datore di lavoro sono possibili a tutti gli effetti.

Pensiamo alle ferie imposte al fine di rispettare le scadenze di legge. Queste impongono di:

  • fruire di due settimane di ferie nell’anno stesso di maturazione;
  • fruire delle restanti due settimane di ferie entro i 18 mesi successivi la fine dell’anno di maturazione.

L’inosservanza dei termini sopra descritti espone l’azienda a:

  • pagamento anticipato dei contributi INPS sulle ferie non godute entro i termini;
  • sanzioni amministrative da un minimo di 120 euro a 5.400 euro;
  • prescrizione ad adempiere imposta dall’autorità ispettiva;
  • azione mirata ad ottenere un risarcimento danni da parte del dipendente.

È inoltre, considerata legittima la decisione dell’azienda di porre in ferie un dipendente per evitare il rischio di infortuni sul lavoro. È il caso ad esempio di chi, per settimane o mesi, ha totalizzato molte ore di straordinario senza godere di sufficienti ore di ferie o permessi.

Altra ragione può essere quella di porre in ferie i dipendenti come condizione di maggior favore per evitare il ricorso agli ammortizzatori sociali. Opzione che naturalmente necessiterà di un opportuno confronto con le rappresentanze sindacali.

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QUANDO UNA BOLLETTA VA IN PRESCRIZIONE?

La legge di Bilancio 2018 ha cercato di risolvere il problema relativo ai maxiconguagli dichiarando che non è possibile richiedere pagamenti relativi a consumi che riguardano un periodo superiore a 2 anni per quanto riguarda i consumi di luce, gas e acqua. In questi casi andrebbe applicata la prescrizione.

In questo periodo, alcune aziende hanno continuato a rifiutarsi di applicare la prescrizione breve trincerandosi dietro le falle della norma e costringendo i consumatori vittime di maxiconguagli a dover scegliere se procedere per le vie legali o accontentarsi di accettare e pagare il debito rateizzandolo.

Grazie alla legge di Bilancio 2020 è stata fatta chiarezza abrogando il comma della legge di Bilancio 2018 che rendeva, di fatto, inapplicabile la prescrizione biennale.

L’ARERA ha infatti stabilito che i consumi superiori a 2 anni sono  prescrivibili “in ogni caso”.

Cosa fare quindi in caso di ricezione di una maxi-bolletta?

Il cliente potrà far valere i suoi diritti legalmente, attraverso una gestione stragiudiziale della controversia.

E’ necessario infatti:

  • verificare la correttezza delle letture riportate in fattura per poterla contestare in caso di errori;
  • se i consumi superano il periodo previsto per la prescrizione, verificare lo storno degli importi non dovuti;

           E’ sempre bene scegliere con cura il proprio fornitore e farsi assistere, in caso di maxi-conguagli, da un consulente esperto

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RESO DI UN ACQUISTO ONLINE: E’ SEMPRE POSSIBILE?

Ormai gli acquisti online sono all’ordine del giorno. Pratici e veloci, ci permettono di ordinare comodamente da casa ciò che più desideriamo senza doverci recarci in negozio.

Tutto questo vantaggio, però, può portarci a fare acquisti troppo alla leggera. Spesso accade di comprare qualcosa che magari non ci piace così tanto o che, valutando con calma, riteniamo che in fin dei conti non ci serve.

Il consumatore che acquista online ha diritto al recesso. Ha la facoltà dunque di cambiare idea e mandare indietro il prodotto acquistato, senza alcun costo aggiuntivo e ricevendo indietro i soldi spesi.

Questo non accade se il prodotto è stato acquistato tramite i canali tradizionali. Non è infatti possibile restituire il paio di scarpe acquistato al negozio sotto casa solo perché si è cambiata idea, ma solo se è difettato.

Per beneficiare del diritto di recesso su un acquisto online devono verificarsi almeno due condizioni:

  • l’acquisto deve essere effettuato da un consumatore che compra da un venditore professionale e non da un venditore privati;
  • l’acquisto deve essere fatto online.

Il Codice del Consumo stabilisce che il consumatore che ha effettuato un acquisto online, può beneficiare del diritto di recesso, senza bisogno di fornire alcuna motivazione. Non deve inoltre sostenere alcun costo aggiuntivo, se non quello necessario alla restituzione del prodotto. Ma il tutto deve avvenire entro 14 giorni.

Ma da quando partono questi 14 giorni?

  • nel caso dei contratti di servizi, dal giorno della conclusione del contratto;
  • nel caso di contratti di vendita, dal giorno in cui il consumatore acquisisce il possesso fisico dei beni.

Come effettuare, quindi, un reso di un acquisto online?

In caso sussistano le condizioni per esercitare il diritto di reso dell’acquisto online, basta comunicarlo al venditore per iscritto che dovrà allora provvedere al rimborso del prezzo, entro 14 giorni, mediante lo stesso metodo di pagamento con cui è stato effettuato l’acquisto.

Ma attenti a non fare i furbi: si stanno diffondendo casi di furti dei prodotti restituiti dai consumatori. A volte accade che il venditore dichiari di aver ricevuto un pacco vuoto o contenente un oggetto diverso da quello consegnato.

Come possiamo tutelarci per evitare che il venditore si giustifichi dicendo che il nostro pacco e vuoto e, di conseguenza, non vuole effettuarci il reso?

Un consiglio è quello di rispedire il prodotto con un servizio di posta assicurata che possa certificare l’oggetto contenuto all’interno.

E’ necessario sapere che esistono dei casi, elencati dallo stesso Codice del Consumo, in cui non si ha diritto al reso.

Facciamo alcuni esempi:

  • contratti per servizi se già completamente eseguiti prima del termine per il reso;
  • fornitura di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente;
  • fornitura di beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o di salute;
  • acquisto di video o software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna;
  • fornitura di giornali, periodici e riviste;
  • fornitura di beni su misura o chiaramente personalizzati.

Si ricorda che i 14 giorni per esercitare il diritto di reso dell’acquisto online valgono solo nel caso in cui si è semplicemente cambiata idea. Se invece si vuole restituire il prodotto perché difettoso,  valgono le norme sulla garanzia, solitamente due anni di tempo.

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