Archivio mensile Settembre 4, 2022

COME PUO’ DIFENDERSI IL CONSUMATORE DALLA MODIFICA UNILATERALE DEL CONTRATTO?

Spesso accade che, i consumatori, a seguito di un’offerta particolarmente conveniente, decidono di stipulare dei contratti con l’Ente per i servizi offerti.

Accede però che dopo un po’ di tempo l’azienda con cui si è sottoscritto il contratto comunica che il costo del servizio tenderà ad aumentare.

Ma quali sono le motivazioni? Spesso non sono ben chiare così come le modalità di recesso dal contratto. Possiamo subito dire che non si tratta di una pratica illecita dal momento che l’azienda ha il diritto di modificare il contratto ma questo deve essere fatto in seguito a reali esigenze.

Ciò che è invece importante è che il consumatore deve essere avvertito per tempo ovvero almeno 30 giorni prima della modifica. In questo caso l’utente deve avere la possibilità anche di poter recedere gratuitamente. Purtroppo non sempre le cose vanno come appena descritte.

Molte aziende di energia elettrica o gas inventano scuse tali  da non permettere al consumatore di recedere dal contratto. La più ricorrente è quella in cui sostengono di non aver ricevuto alcuna comunicazione da parte del cliente circa la volontà di recedere dal contratto.

Può accadere che l’azienda faccia “orecchie da mercante” di fronte alla richiesta di recesso dal contratto da parte del contribuente.

È consigliabile, in questo caso, inviare un reclamo scritto direttamente all’azienda allegando la documentazione pertinente.

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QUANDO FARE RICORSO PER MULTA AL SEMAFORO ROSSO

Secondo l’Art. 41 Comma 11 Codice della Strada

“Durante il periodo di accensione della luce rossa, i veicoli non devono superare la striscia di arresto, in mancanza di tale striscia i veicoli non devono impegnare l’area di intersezione, né l’attraversamento pedonale, né oltrepassare il segnale, in modo da poterne osservare le indicazioni”

Non si tratta di un capriccio che limita la libertà personale del conducente, ma serve a regolare il pericolo relativo alla circolazione stradale.

Si tratta, infatti, di una delle infrazioni del Codice della Strada più pericolose in assoluto. Proprio per questo motivo lo stesso Codice della Strada prevede sanzioni importanti.

Si parte da una sanzione amministrativa tra i 167 e i 665 Euro, per poi passare alla decurtazione di 6 punti della patente di guida (12 nel caso di un neo-patentato) con un inasprimento nel caso in cui la violazione avvenga tra le 22 e le 7 del mattino. In questa fascia oraria per il minore traffico, è maggiormente frequente che le auto giungano all’incrocio a velocità superiori rispetto al giorno.

Essendo la Legge molto rigida su questo argomento, non prevede alcuna tolleranza nei confronti dei soggetti recidivi ai quali è sospesa la patente se hanno commesso nuovamente la stessa violazione entro 2 anni dalla precedente.

Nonostante stiamo parlando di un’infrazione pericolosissima, esistono tuttavia della cause in cui, messi sui due piatti della bilancia la pericolosità sociale del passaggio col rosso e un diverso diritto che il trasgressore era impegnato a tutelare, potrebbero apparire buoni motivi di ricorso.

 

 Lo stato di necessità

L’Art. 54 del Codice penale cita che:

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.”

 

In altre parole il conducente non è responsabile di quanto commesso se ciò è avvenuto al fine di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno alla persona.

Pensiamo a chi passa quando il semaforo è rosso per portare al pronto soccorso qualcuno che si trova in condizioni gravi.

Se si tratta di una circostanza rispondente al vero, e se è possibile dimostrarla, risponde sicuramente ad un buon motivo di ricorso.

 

Le condizioni di traffico

La legge chiede al conducente di essere sempre prudente alla guida.

Bisogna limitare la propria velocità in base alle condizioni del mezzo, della strada, meteorologiche o personali. La prudenza è richiesta anche nel caso di avvicinamento a un incrocio dove la velocità dovrebbe essere sempre tale da permettere l’arresto in sicurezza nel caso di luce gialla. In questo caso, però, non è detto che il veicolo rispetti le distanze di sicurezza, o che non si debba facilitare un’ambulanza o un altro mezzo di soccorso.

Per questi motivi ed altri il superamento della linea d’arresto quando il semaforo è rosso può essere reinterpretato e le specifiche (e documentabili) condizioni di traffico essere un buon motivo di ricorso.

Inoltre, esistono poi dei vizi del verbale che possono giustificare un ricorso contro la multa al semaforo rosso:

  • il verbale appare incompleto in qualche sua parte;
  • esistono degli errori nel numero di targa, nel modello del veicolo descritto;
  • la notifica del verbale è giunta oltre 90 giorni dall’infrazione.

 

Sarà, in ogni caso, possibile fare ricorso, nei 30 giorni seguenti la ricezione del verbale al Giudice di Pace, oppure al Prefetto nei 60 giorni seguenti.

 

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L’ANNULLAMENTO DEI RUOLI FINO A 5.000 EURO

In seguito all’art 4 del Decreto Sostegni (D.L. 22.3.2021 n. 41) è stato previsto un annullamento automatico dei ruoli affidati agli Agenti della Riscossione nel periodo compreso tra l’1.1.2000 e il 31.12.2010.

In sostanza sono annullati tutti i debiti residui alla data del 23 marzo 2021, fino ad un importo di 5.000 euro.

Ma attenzione: non tutti godono di questa agevolazione. Sono infatti esclusi tutti i contribuenti, che si tratti di persone fisiche o soggetti diversi, che nel periodo d’imposta 2019, hanno conseguito un reddito imponibile maggiore di 30.000 euro.

Quest’ultimo requisito deve ovviamente essere verificato dall’Agenzia delle Entrate, prendendo in considerazione i dati delle dichiarazioni dei redditi o delle certificazioni uniche dei singoli contribuenti.

Per questi debiti, dunque, non dovrebbe essere necessario procedere alla richiesta di annullamento. Quest’ultimo è stato effettuato automaticamente entro il 31 ottobre 2021 dopo un confronto tra gli Agenti della Riscossione e l’Agenzia delle Entrate.

Ma tale normativa prende in considerazione, ovviamente, soltanto i debiti in carico all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) ed a Riscossione Sicilia S.p.A.

Non vengono, dunque considerati, né i debiti riscossi in proprio da i diversi enti creditori come ad esempio i Comuni, né tantomeno i debiti affidati ai vari concessionari locali iscritti all’albo.

Il limite di 5.000 euro va considerato in relazione agli importi dei singoli debiti, esclusi gli interessi di mora e gli oneri di riscossione poiché questi ultimi riguardano somme che l’Agente di Riscossione riscuote per la sua attività. Parliamo quindi di importi estranei al debito in sé.

Sono incluse in questa tipologia di annullamento qualsiasi debito, anche non di natura tributaria o contributiva, dovuto ad esempio a ritardi nel versamento dei contributi previdenziali del singolo contribuente.

Inoltre, trattandosi di debiti residui, la norma include anche quei debiti che avevano un importo maggiore di 5.000 euro ma che al 23.03.2021 non superano suddetto limite.

Lo stralcio delle cartelle  si applica anche a cartelle di importo superiore a 5.000 euro, ciò a cui bisogna fare attenzione è che l’importo dei singoli debiti sia inferiore alla soglia massima determinata dal Decreto.

Ai fini dall’annullamento automatico sono escluse:

  • le somme dovute a seguito di recupero di aiuti di Stato dichiarati illegali;
  • i crediti derivanti da pronunce della Corte dei Conti;
  • le multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;
  • le risorse proprie tradizionali, ovvero i dazi e i diritti doganali e i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero
  • l’IVA riscossa all’importazione.

Il Decreto Sostegni ha compreso, nell’annullamento automatico anche i debiti oggetto della “rottamazione dei ruoli esattoriali” dell’art. 3 del DL 119/2018 o del cosiddetto “saldo e stralcio” dell’art. 1 della L. 145/2018.

Per usufruire della suddetta agevolazione non è necessario fare nulla.

La procedura avviene automaticamente e prevede che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione comunichi all’Agenzia delle Entrate l’elenco dei codici fiscali dei soggetti intestatari di carichi pendenti affidati nel periodo dall’1.1.2000 al 31.12.2010, di importo residuo al 23.3.2021 fino a 5.000 euro insieme ai soggetti che hanno conseguito per il 2019 un reddito imponibile superiore a 30.000 euro

Successivamente l’Agenzia delle Entrate-Riscossione disporrà, in automatico, l’annullamento dei ruoli di importo fino a 5.000 euro dei contribuenti che rispettano il limite reddituale.

Bisogna tuttavia fare attenzione poiché le somme pagate prima che avvenga l’annullamento  d’ufficio da parte dell’Ente competente, non saranno rimborsate.

Un cittadino che ha già pagato il suo debito, non potrà chiedere l’annullamento della cartella saldata.

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DOMICILIAZIONE BANCARIA DELLE BOLLETTE: CONVIENE?

Solitamente la domiciliazione bancaria delle bollette è utilizzata al fine di una gestione più sicura delle spese delle utenze domestiche (luce, gas, acqua) senza problemi.

E’ però importante cercare di capire quali possono essere i vantaggi concreti e quali problemi che possono sorgere.

Come sappiamo ormai bene, è possibile far addebitare in automatico sul proprio conto corrente le utenze di luce, gas e acqua, previa autorizzazione che il contribuente fornisce alla propria banca. Questo servizio permette di saldare in misura puntuale gli importi dovuti, ed è un grande vantaggio per le utenze di luce e gas che, soprattutto in questo periodo, hanno difficoltà nel veder saldare le proprie fatture alla scadenza stabilita.

Perché attivare la domiciliazione bancaria delle bollette?

Anche se può sembrare svantaggioso per l’utente, in realtà la domiciliazione bancaria delle bollette permette di eliminare i costi di commissione come invece avviene per gli altri tipi di pagamenti.

Inoltre, spesso alcune tipologie di offerte vantaggiose per le forniture di luce e gas sono sottoscrivibili esclusivamente se è attivata questa opzione di pagamento.

Altro vantaggio è determinato dal fatto che l’addebito sul proprio conto corrente non prevede il pagamento del deposito cauzionale previsto dal gestore per l’erogazione del servizio.

Senza considerare il fattore comodità: le fatture sono tutte pagate automaticamente evitando che siano attivate le procedure di recupero del credito relativo a fatture non pagate, come anche l’applicazione di interessi di mora.

C’è sicuramente anche un risparmio di tempo perso nelle code negli uffici bancari, postali o in altri luoghi dove è possibile pagare i bollettini.

Quali sono i rischi legati a questa scelta?

Nel periodo in cui viviamo, sicuramente la principale preoccupazione della domiciliazione bancaria riguarda la possibilità di errori da parte di chi eroga il servizio di luce, gas e acqua e quindi il vedersi sottrarre in conto corrente somme non conformi a quanto effettivamente dovuto.

Affinché questo errore possa essere rilevato è necessario continuare a porre maggiore attenzione alle fatture ricevute.

Tuttavia, attraverso il servizio di autolettura e la conservazione di uno storico dei costi e delle fatture già saldate, è sempre possibile verificare che non ci siano errori o addebiti insoliti.

E’ sempre possibile richiedere la sospensione della domiciliazione alla propria banca.

Il consiglio è sempre quello di informarsi per tempo presso il proprio istituto di credito circa le tempistiche e le modalità per disattivare il servizio o bloccare un singolo pagamento prima della scadenza della fattura quando, ad esempio, il saldo del proprio conto non copre l’importo della fattura.

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PRESCRIZIONE MULTE: I TERMINI DA CONTROLLARE

Come già sappiamo col termine prescrizione viene definito l’istituto giuridico secondo il quale un diritto cessa di essere tale dopo che sia passato un certo periodo di tempo, più o meno breve a seconda del diritto in questione.

La decadenza è invece la perdita della facoltà di esercitare un diritto dopo che sia analogamente passato un certo periodo di tempo, ancora più o meno breve a seconda del diritto relativo.

Una volta definite queste premesse,  vediamo quali termini devono essere controllati per capire se il pagamento delle multe sia corretto o se si sia già manifestata la prescrizione delle multe su cui deve  basarsi il ricorso che solitamente viene fatto al Giudice di Pace o al Prefetto.

Dal momento in cui avviene la violazione al Codice della Strada, l’Ente accertatore ha tempo 90 giorni per notificare il verbale al trasgressore o per consegnare il plico all’Ufficio postale per l’invio del verbale.

Quindi attenzione: se sono passati più di 90 giorni e non si è verificata la prescrizione, la notifica è da considerarsi nulla e il verbale è contestabile attraverso il ricorso al Giudice di Pace o al Prefetto entro 30 oppure 60 giorni dal ricevimento.

Se, invece, l’invio del verbale al trasgressore è avvenuto in misura regolare, e sono già trascorsi i 60 giorni a disposizione per un eventuale ricorso, l’Ente accertatore ha 2 anni di tempo per iscrivere la somma a ruolo e affidarne così la riscossione all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Trascorso il termine di 2 anni senza aver attivato la procedura di riscossione, decade il diritto a ottenere il pagamento non prescritto, e dunque, qualunque cartella di pagamento ricevuta successivamente a tale termine sarà ritenuta nulla e si potrà chiedere, in questo caso, alla Commissione Tributaria Provinciale competente di pronunciarsi.

Se si parla di importi modesti, non è necessaria l’assistenza di un professionista come un avvocato o un commercialista.

Per quanto riguarda, invece, la prescrizione delle multe vera e propria essa avviene quando siano passati almeno 5 anni dal giorno dell’avvenuta infrazione a quando l’Ente accertatore abbia inviato il verbale, o la Cartella di pagamento. Inoltre, l’Ente non deve aver concretamente attivato nessuna procedura per ottenere il pagamento.  Solo in questi casi la multa sarà prescritta e, qualunque atto successivo, sarà contestabile innanzi all’organo competente tra Commissione Tributaria, Giudice di Pace o Prefetto.

Per chi, invece, sia arrivato alla conclusione di dover o voler pagare la multa ricevuta, il consiglio è di farlo quanto prima. Infatti, come riportato nel verbale ricevuto, entro 5 giorni dal ricevimento è previsto uno sconto del 30% sull’importo applicato alla sanzione contestata.

Attenzione però,  il pagare una multa ricevuta comporta, in maniera implicita, il riconoscimento che la contestazione notificata  sia corretta e dunque la rinuncia, da parte del cittadino alla possibilità di fare ricorso al Giudice di Pace oppure al Prefetto.

In caso, quindi, di dubbi sull’effettivo debito dovuto, è sempre bene consultare un esperto.

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PREZZI ALLE STELLE PER BOLLETTE DI LUCE E GAS: QUANDO E’ VIETATO IL DISTACCO?

A causa  dei prezzi dell’energia elettrica e del gas alle stelle, è sempre più l’angoscia per i cittadini della somma da pagare su ogni bolletta in arrivo.

Ma cosa succede se le bollette di non vengono pagate? si rischia il distacco del contatore?

Al di là dei puntuali interventi del Governo per arginare una situazione di emergenza, ci sono dei punti fermi che devono essere tenuti in considerazione prima di tirare giù la levetta di un contatore per morosità.

L’Autorità competente sull’energia e le reti idriche (Arera), vieta di interrompere una fornitura senza preavviso, anche quando una bolletta non è stata pagata. Dunque ci si chiede: dopo quanto tempo avviene il distacco?

Il principale motivo per cui si rischia il distacco del contatore resta sempre il mancato pagamento delle bollette di luce e gas, soprattutto se ci troviamo nella condizione in cui il fornitore ha sollecitato più volte la regolarizzazione della situazione.

Tuttavia, anche in caso di morosità, esistono delle condizioni in cui l’Arera vieta il distacco del contatore, ovvero quando:

  • si ritiene che il cittadino moroso sia considerato «non disalimentabile», cioè quando deve restare attaccato ad una macchina per sopravvivere, o benefici di un bonus energetico, oppure si tratta di un ospedale, di una scuola, ecc.;
  • ci troviamo nei giorni di venerdì o sabato, prefestivo o festivo;
  • all’utente non è stata comunicata la costituzione in mora nei modi e nei tempi stabiliti dall’Autorità;
  • il pagamento della bolletta è già stato eseguito e comunicato al venditore, nelle modalità che quest’ultimo ha espressamente indicato nella comunicazione di costituzione in mora;
  • c’è stato un reclamo scritto presentato dall’utente circa la ricostruzione dei consumi per un malfunzionamento del gruppo di misura accertato dall’impresa distributrice o relativo alla fatturazione di importi anomali e il venditore non ha fornito una risposta motivata .

Tuttavia, se l’importo anomalo è inferiore o uguale a 50 euro o se il reclamo è stato inviato dal cliente oltre i 10 giorni successivi al termine fissato per il pagamento della fattura di importo anomalo, tale vincolo non può valere in nessun caso;

  • l’importo relativo al mancato pagamento dell’utente risulta essere pari o inferiore al deposito cauzionale o alla fideiussione rilasciata dal cliente finale, oppure inferiore all’importo medio stimato relativo ad un determinato ciclo di fatturazione;
  • la morosità del contribuente è relativa al mancato pagamento per servizi diversi dalla fornitura di gas, acqua o luce o a pagamenti non contemplati in maniera espressa nel contratto di vendita.

 

Ma quali sono i termini prima che avvenga il distacco del contatore?

Il venditore ha l’obbligo, in primis, di mettere in mora l’utente. Affinché questo avvenga, deve inviare una raccomandata o una Pec indicando almeno le seguenti informazioni:

  • termine ultimo per eseguire il pagamento e la data di riferimento per calcolare questo termine;
  • l’ulteriore tempo dopo il quale, se il debito continua a non essere pagato, verrà chiesto al distributore di sospendere la fornitura;
  • in che modo l’utente deve comunicare l’avvenuto pagamento;
  • la possibilità che, tenendo conto delle condizioni tecniche del contatore dell’energia elettrica, prima della sospensione della fornitura la potenza verrà ridotta a un livello pari al 15% della potenza disponibile;
  • i casi in cui il cliente ha diritto a un indennizzo automatico se la fornitura viene sospesa senza il rispetto dei termini indicati;
  • se la mora si riferisce ad importi non pagati relativamente a consumi di più di due anni, l’invito ad determinare la prescrizione per questi importi e le modalità per farlo.

Se l’importo richiesto non viene pagato entro il termine indicato all’interno della comunicazione di messa in mora, il fornitore chiederà al distributore il distacco del contatore entro 3 giorni lavorativi dal termine ultimo per il pagamento e 40 giorni solari dalla data in cui il cliente ha ricevuto la notifica che comunicava la messa in mora.

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LO SAPEVI CHE LA CARTELLA ESATTORIALE PUO’ ESSERE IMPUGNATA?

Se si riceve una cartella esattoriale illegittima è possibile impugnarla al fine di ottenerne l’annullamento e non versare l’importo chiesto in pagamento.

Cerchiamo meglio di capire cos’è una cartella esattoriale, e quali sono i presupposti, le modalità e i tempi per ottenere l’annullamento della stessa.

Si tratta di un’ intimazione di pagamento emessa dall’Agenzia della Riscossione ricevuta dal contribuente in seguito al non pagamento delle somme dovute nei confronti dello Stato, delle Pubbliche Amministrazioni o degli Enti locali, maggiorate di sanzioni, interessi e spese di notifica.

Tali atti impositivi, se ritenuti ingiusti o illegittimi, in presenza di determinati presupposti, possono essere contestati dal cittadino che può chiederne l’annullamento e dunque non pagare le somme in essi indicate.

Ma in che modo una cartella esattoriale può essere impugnata?

Il motivo più frequente per impugnare una cartella di pagamento è sicuramente la prescrizione della cartella esattoriale.

Si può dire che la cartella esattoriale è prescritta quando le somme di pagamento in essa indicate sono “scadute”.

Tuttavia per conoscere i termini di prescrizione di una cartella esattoriale bisogna considerare il tipo di tributo o sanzione per cui  è stata notificata la cartella stessa.

A seconda della “natura del debito” al quale si riferisce l’intimazione di pagamento varia il periodo per il quale una cartella esattoriale può ritenersi prescritta.

Consideriamo alcuni esempi:

• Multe al Codice della Strada e sanzioni amministrative in generale: il termine di prescrizione è di cinque anni dalla data dell’infrazione;

•Bollo auto: il termine di prescrizione è di tre anni.

•Imposte erariali (Irpef, Iva, Irap): per queste non vi è una norma di legge che disciplina la prescrizione delle imposte erariali. La risposta va trovata nell’interpretazione giurisprudenziale.

La regola generale prevista dal codice civile ci dice che : “Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni“.

Tuttavia il codice civile  prevede, in via eccezionale, il termine di prescrizione breve di cinque anni per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi.

Possiamo quindi dire che, se il contribuente riceve una cartella esattoriale oltre i termini sopra indicati, questa potrà dirsi prescritta. Pertanto, il cittadino non sarà tenuto al pagamento dell’importo richiesto, previo provvedimento di annullamento della cartella stessa.

COME IMPUGNARE QUINDI UNA CARTELLA DI PAGAMENTO?

Una cartella esattoriale illegittima può essere contestata attraverso due metodi differenti:

• Istanza di annullamento in autotutela

• Ricorso giudiziario

L’autotutela viene definita come  il potere dell’Amministrazione di correggere o annullare (totalmente o parzialmente) i propri atti, laddove questi risultino illegittimi o infondati.

Tale potere spetta allo stesso Ente che ha emanato l’atto, d’ufficio o su richiesta del contribuente. Quest’ultimo quindi, di sua iniziativa, può presentare l’istanza in autotutela, anche senza assistenza di un avvocato.

L’istanza di autotutela deve essere redatta in carta semplice specificando gli estremi identificativi dell’atto di cui viene chiesto l’annullamento nonché i motivi per cui lo si ritiene illegittimo e quindi annullabile, in tutto o in parte. È importante che tali motivi vengano adeguatamente documentati.

L’Ufficio che riceve l’istanza potrà decidere di accoglierla e quindi annullare la cartella esattoriale contestata, oppure rigettarla e quindi confermare la cartella esattoriale contestata.

COME REAGIRE IN CASO DI RIGETTO DELL’ISTANZA DI ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA?

In questo caso il contribuente, se ancora in tempo, potrà presentare il ricorso avanti al Giudice competente. Il consiglio è sempre quello di presentare l’istanza di annullamento in autotutela tempestivamente dal momento che quest’ultima non sospende i termini per presentare il ricorso. Attraverso il ricorso il contribuente ha la possibilità di impugnare la cartella di pagamento ritenuta illegittima o infondata innanzi al  Giudice competente.

I tempi  relativi all’ impugnazione  di una cartella variano a seconda del tributo contestato.

Se viene chiesto il pagamento di tasse e tributi come imposta sui redditi, imposta di registro, ipotecaria e catastatale, canone rai, tasse automobilistiche o tributi locali,  l’impugnazione deve essere presentata entro il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale.

Se, invece, la cartella fa riferimento al pagamento di una sanzione amministrativa, come possono essere le multe previste dal Codice della Strada, il termine per la presentazione del ricorso davanti al Giudice di Pace è di 30 giorni.

Il ricorso, una volta presentato, darà inizio una vera e propria causa davanti al Giudice competente.

Quest’ultimo, se accoglierà il ricorso, annullerà la cartella di pagamento emessa e pertanto il contribuente non sarà tenuto a versare alcuna somma di denaro all’ente creditore.

Dal momento che, come detto precedentemente, l’autotutela non sospende l’eventuale esecuzione da parte dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, il suggerimento è quello di presentare l’istanza in autotutela laddove sussistono vizi palesi della cartella di pagamento ricevuta.

In alternativa, è consigliabile depositare sia l’istanza in autotutela che il ricorso giudiziario al fine di non rischiare che diventi inammissibile a seguito della decadenza dei termini per la presentazione.

Se dunque si riceve una cartella di pagamento, o comunque in generale un atto impositivo, prima di effettuare il versamento è consigliabile consultare un professionista al fine di verificare se le somme chieste in pagamento siano realmente dovute.

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