LA “MANCATA MOTIVAZIONE” NELLA CARTELLA ESATTORIALE

LA “MANCATA MOTIVAZIONE” NELLA CARTELLA ESATTORIALE

Trattandosi di un atto amministrativo, la cartella esattoriale deve essere sempre accompagnata da  motivazione della stessa in modo tale da essere sempre chiara a chi la legge.

L’art. 7 dello Statuto dei Diritti del Contribuente, infatti, al comma 1 stabilisce che gli atti dell’amministrazione devono essere “motivati”, “indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione” dell’Erario.

Ma non solo: se, all’interno della motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere obbligatoriamente allegato all’atto che lo richiama.

Queste regole valgono anche per l’Agenzia della Riscossione che, all’interno delle cartelle di pagamento inviate al contribuente, è obbligata ad esplicare le motivazioni a supporto delle stesse.

L’adeguata motivazione viene vista, in pratica, come il dovere per il contribuente per esercitare il proprio diritto di replica, come citato dall’art. 24 della nostra Costituzione.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n° 31270/18 ha sottolineato il principio secondo il quale “la cartella esattoriale, ove non preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo” .

Il difetto di motivazione rende pertanto nullo il provvedimento esattoriale notificato al contribuente per violazione del diritto di difesa.

C’è da specificare che, la cartella esattoriale è affetta da carenza di motivazione anche quando non è stato specificato il calcolo analitico degli interessi moratori.

All’interno della cartella devono essere sempre specificati in misura dettagliata i calcoli degli interessi di mora al fine di comprovare la correttezza ma soprattutto la trasparenza di tale voce.

Anche in questo caso, la Corte di Cassazione ha dichiarato che è nullo quell’atto emanato dall’Agenzia della Riscossione all’interno del quale viene riportata solamente la cifra globale degli interessi dovuti, senza che siano specificate le aliquote che hanno determinato il calcolo degli stessi.

In questi casi il contribuente deve, attraverso l’aiuto di un esperto, procedere ad impugnare la cartella e cercare di ricostruire l’operato dell’ufficio.

Anche in questo caso, la legge ha definito che la cartella esattoriale è nulla “se reca la sola indicazione […] dell’ammontare degli interessi, senza specificazione del tasso applicato e delle somme sui quali essi erano stati calcolati, suddivise tra imposte dirette, imposte indirette, addizionali regionali ed Irap”.

Considerando che il calcolo degli interessi varia di giorno in giorno, un’accurata verifica degli stessi, anche qualora siano indicati espressamente all’interno della cartella di pagamento, è sempre lecita.

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